Prime decisioni dei giudici nazionali dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea in tema di condotta abusiva dello Stato italiano in materia di precariato della scuola.
Con le sentenze n. 252 e 253 del 3 dicembre 2014, il Giudice del Lavoro di Sciacca, previa dichiarazione della illegittimità dei contratti a termine stipulati fra il lavoratore ricorrente e la P.A. convenuta, ha condannato il Ministero della Pubblica Istruzione al pagamento in favore del ricorrente degli scatti di anzianità e degli emolumenti relativi “e tutto ciò in regime di parità di trattamento rispetto al personale di ruolo della scuola, a titolo di risarcimento“. Inoltre, la stessa Amministrazione è stata condannata al pagamento di una somma corrispondente alle retribuzioni di fatto per i periodi non lavorati intercorrenti tra i vari contratti allegati in ricorso, a partire dalla messa in mora e fino alla data della sentenza.
Il Giudice, dopo aver ampiamente argomentato sul “preciso e condivisibile” decisum della Corte, ha ritenuto, a chiare lettere, che il rinnovo dei contratti a tempo determinato non mirava a soddisfare esigenze di carattere provvisorio, bensì permanente e durevole. Quindi, per la prova del danno è sufficiente richiamarsi alla recentissima giurisprudenza europea, secondo cui, in materia di contratti a termine, allorchè sia preclusa la conversione, deve ammettersi la cosiddetta “prova in re ipsa” (Corte di Giustizia 50/13 proc. Papalia) ovverossia il dipendente è tenuto solo alla mera allegazione dei contratti, con esclusione di quelli dove è specificamente indicato il docente sostituito. Pertanto, superando i limiti della tutela che qualche ipotesi (ormai residua) vorrebbe imporre con la distinzione tra posti vacanti e non (o tra posti in organico di diritto e quelli in organico di fatto), il Decidente condivide l’assunto della Corte nella parte in cui ha espressamente stabilito che le ragioni oggettive di un diverso trattamento dei lavoratori a tempo determinato rispetto a quelli a t.i. non possono sussistere allorchè le stipulazioni si siano effettivamente dispiegate in termini di abuso. Ciò premesso, ha ritenuto che le situazioni pregiudizievoli, discriminanti per i docenti precari, devono essere compendiate nel mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio e nella omessa retribuzione per i periodi non lavorati, mentre per il danno da perdita di chance si esige la concreta e puntuale allegazione e dimostrazione del danno subito.
Infine, ancora sul punto relativo al risarcimento del danno, il Giudice ritiene che spettano solo ai docenti assunti sui posti vacanti in organico di diritto le voci della XIII^ mensilità, della indennità sostitutiva di ferie e di permessi atteso che essendo questi contratti destinati a dispiegarsi per tutto il corso dell’intero anno scolastico non c’è alcuna ragione per discriminarli rispetto ai colleghi di ruolo.
Avv. Gaetano Leonardi
Uil-Scuola di Agrigento