Tar Lazio – Ordinanze n. 1619 e 1831 del 07 aprile 2016

Diplomati Magistrale dal Giudice del Lavoro al TAR? Non per il TAR Lazio e intanto ci si avvicina al redde rationem dell’Adunanza Plenaria del 27.04.2016

 

Con ordinanze 1619 e 1831 del 07.04.2016 il TAR Lazio ha dato il proprio contribuito, ancora una volta ed in modo dirompente, alla nota questione dei Diplomati Magistrale ante 2002.

La questione riguardava, in particolare, il caso di docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/02 che si erano rivolti al Giudice del Lavoro di Venezia per ottenere, previa disapplicazione del D.M. 235/2014, l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento della classe di concorso scuola primaria e scuola dell’infanzia valide per gli anni 2014/2017. A seguito della pronuncia di difetto di giurisdizione del Tribunale Ordinario i ricorrenti riassumevano la causa avanti al TAR Lazio che con ordinanza 1831 del 07.04.2016 non condividendo il decisum del Giudice del Lavoro ha rimesso la questione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione affinché indichi il giudice dotato della giurisdizione nella causa in oggetto e pronunci i provvedimenti conseguenti.

In particolare così motivano i Giudici Amministrativi il conflitto di giurisdizione:

“Considerato che il Collegio non condivide le argomentazioni con le quali il Giudice ordinario, in funzione di Giudice del lavoro, ha declinato la propria giurisdizione, sul presupposto che sarebbe contestata la legittimità del regolamento sulla formazione/aggiornamento delle graduatorie permanenti che non sarebbe stato annullato erga omnes dal Consiglio di Stato (sent. n. 3415/2015) per cui il Giudice Ordinario non potrebbe esercitare il suo potere di disapplicazione;

Ritenuto da parte del Collegio, anche alla luce degli argomenti già sollevati nei regolamenti di giurisdizione già proposti dinanzi alla Corte di Cassazione nn. n. 26458/15 e 26456/15, di non condividere (secondo l’orientamento già assunto in plurime cause, tra le molte si vedano sent. nn. 536/2016 del 19.1.2016, 535/2016 del 19.10.2016, 534/2016 del 19.1.2016, 5880/2014 del 3.6.2014 del 12.5.2015) le conclusioni del Tribunale Ordinario, sulla base di quanto argomentato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3415/2015: “La natura gestionale-privatistica delle graduatorie per il conferimento degli incarichi di insegnamento e dei relativi atti di gestione riguarda non solo gli atti che determinano i punteggi e la conseguente collocazione all’interno della graduatoria, ma anche gli atti volti a verificare la sussistenza dei requisiti per l’inserimento nella graduatoria medesima. In entrambi i casi, l’aspirante candidato fa valere un diritto soggettivo (o, comunque, una situazione di natura privatistica) che si sostanzia nella pretesa di essere inserito in graduatoria e di essere esattamente collocato al suo interno. Del resto, la verifica dei requisiti per l’inserimento non richiede alcun esercizio di discrezionalità amministrativa, trattandosi al contrario di attività vincolata alla sussistenza dei presupposti di legge, rispetto alla cui verifica possono venire eventualmente in considerazione giudizi tecnico-valutativi, ma non scelte di opportunità amministrativa o, comunque, atti di esercizio di discrezionalità amministrativa. Né rileva l’eventuale natura amministrativa del decreto ministeriale che prevede le modalità di inserimento nella graduatoria atteso che nel caso di specie l’oggetto principale della lite e la pretesa all’inserimento in graduatoria immediatamente leso dall’atto (di natura gestionale-privatistica) di esclusione dalla stessa. Il decreto ministeriale viene in rilievo in via incidentale, ma non è la causa diretta della lesione lamentata. Di esso il giudice ordinario può occuparsi, incidenter tantum, nel valutare la legittimità dell’atto privatistico esclusione, esercitando il potere di disapplicazione che l’art. 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001 , n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” espressamente gli riconosce.;”

Ritenuto che, per le superiori considerazioni, questo Tribunale debba sollevare, all’esito della prima camera di consiglio di trattazione del ricorso, conflitto negativo di giurisdizione innanzi al Giudice regolatore secondo quanto stabilito dall’art. 11, comma 3, del codice del processo amministrativo;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) visto l’articolo 11, comma 3, c.p.a., solleva conflitto di giurisdizione col giudice ordinario e, per l’effetto, dispone la rimessione del fascicolo d’ufficio alla cancelleria delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, affinché indichi il giudice dotato della giurisdizione nella causa in oggetto e pronunci i provvedimenti conseguenti.”.

Già ad una prima lettura appare evidente che il TAR non le mandi certo a dire mostrandosi più che insofferente alla riproposizione di questioni che parevano ormai già risolte. Ritiene, difatti, il Collegio Laziale, che trattasi di questione in cui l’aspirante candidato fa valere un diritto soggettivo rispetto ad una situazione in cui l’attività dell’Amministrazione è vincolata alla verifica della sussistenza dei requisiti per l’inserimento. A riguardo, peraltro, il TAR Lazio richiama specifica sentenza del Consiglio di Sato n. 3415 del 7.07.2015.

Non sfuggirà certo anche ai meno attenti lettori che da tempo il Consiglio di Stato, disattendendo se stesso ed il TAR Lazio, continui ad affermare la giurisdizione amministrativa riguardo al contenzioso relativo alle richieste dei Diplomati Magistrale ante anno 2001/2002 di inserimento nelle Graduatorie ad Esaurimento.

Negli ultimi mesi, difatti, il Consiglio di Stato ha annullato plurimi provvedimenti, sia cautelari che di merito, del TAR Lazio che declinavano la giurisdizione in materia in favore del giudice ordinario richiamando a sostegno giurisprudenza del Consiglio di Stato che, tuttavia, continua a dichiarare nel medesimo contenzioso la giurisdizione del Giudice Amministrativo. Si veda, ad esempio, la sentenza n. 909 del 07.03.2016 che rinnega esplicitamente la sentenza n. 3415/2015 così affermando:

“Un primo orientamento ritiene che, in relazione a tali atti, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto gli stessi vengono in rilievo in via incidentale e pertanto possono essere disapplicati dallo stesso giudice ordinario (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 8 luglio 2015, n. 3413).

Un secondo orientamento, cui la Sezione aderisce, ritiene, invece, che in questi casi la giurisdizione spetti al giudice amministrativo, venendo in rilievo «la stessa regola ordinatoria posta a presidio dell’ingresso in graduatoria» (Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1406; id., 2 aprile 2012, n. 1953).

La ragione della preferenza per questa seconda tesi risiede nel fatto che oggetto di contestazione sono atti di macro-organizzazione. La pubblica amministrazione, infatti, con l’adozione dei provvedimenti in esame, a prescindere dalla loro natura di atti normativi o amministrativi generali, definisce le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, determinando anche le dotazione organiche complessive. La giurisdizione compete, pertanto, al giudice amministrativo. Né, in senso contrario, potrebbe rilevare la questione relativa all’incidenza “diretta” o “indiretta” di tali provvedimenti sui singoli rapporti di lavoro, trattandosi di un profilo che non ne muta la intrinseca natura e dunque le regole di riparto della giurisdizione. Questo aspetto può, al più, assumere rilevanza ai fini della individuazione dell’ambito del potere disapplicativo del giudice ordinario e se cioè esso può essere esercitato soltanto quando il provvedimento amministrativo di macro-organizzazione rilevi in via “indiretta” ai fini della risoluzione della controversia in linea con la regola generale posta dall’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, ovvero anche quando esso venga in rilievo quale fonte “diretta” della lesione della posizione soggettiva individuale fatta valere in giudizio, nel qual caso, peraltro, risolvendosi la disapplicazione in una cognizione diretta, e non incidentale, del provvedimento amministrativo (in questo senso, da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 365; id. 30 novembre 2015, n. 5418).”.

Si sta assistendo – ed era sinceramente auspicabile – ad una vera e propria disputa tra organi giudiziari in merito, purtroppo, ad una questione che riguarda diritti e dunque persone le cui vite, in una certa misura, si trovano a dipendere dal pronunciamento dell’uno o dell’altro.

E’ vero, difatti, che in questo gioco a rimpiattino si sono avute decisioni assolutamente diverse per casi assolutamente uguali a seconda del Giudice adito. Dal momento in cui le Organizzazioni Sindacali, riconosciute e non riconosciute, hanno dato vita al contenzioso in oggetto si sono avute le seguenti emergenze: i primi ricorsi del 2014 avanti al TAR Lazio sono stati rigettati per poi essere accolti dal Consiglio di Stato; i ricorsi al Giudice del Lavoro fatti sull’onda della sentenza del Consiglio di Stato 1973/2015 sono stati, eccetto i casi portati all’attenzione di alcuni Tribunali, per lo più rigettati nel merito a seguito del divieto di nuovi inserimenti nelle Graduatorie ad Esaurimento imposto, non dagli impugnati DD.MM., ma dalla L. 296/2006 o, in pochi casi per vero, rigettati per difetto di giurisdizione.

E’ evidente, dunque, la disparità di trattamento che ingiustamente quanto immotivatamente – a giudizio di questo modesto operatore del diritto – si è verificata a danno di una categoria di soggetti che l’imminente Adunanza Plenaria del 27 aprile potrebbe condannare alla definitiva – sino a nuovo intervento legislativo – esclusione dalle Graduatorie ad Esaurimento.

Avv. Pietro Siviglia (Avvocato Giuslavorista in Reggio Calabria)