Sulla competenza a nominare la Commissione d’esame di stato tra vecchia e nuova normativa

 

Commento a sentenza TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, n. 182 del 25.05.2012

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L’indomita vis litigiosa di una maturanda dell’anno scolastico 1992/93 consente di esaminare la questione della competenza funzionale alla nomina delle commissioni dell’esame di stato in una prospettiva di diritto intertemporale.

La vicenda storica è piuttosto anomala: una signora già in possesso di maturità classica e laurea in lingue e letterature moderne, si presenta come privatista all’esame di maturità magistrale nell’a.s. 1992/93, superando l’esame e riportando la votazione di 42/60.

Non soddisfatta della votazione, la candidata ricorreva al TAR del Friuli per la ritenuta illegittimità della nomina dei componenti aggregati tra i docenti interni dell’Istituto magistrale, avvenuta senza aver previamente accertato l’indisponibilità dei docenti esterni per le prove dei candidati privatisti.

Il primo ricorso veniva  accolto dal TAR nel 1999, provocando una rideliberazione del giudizio di maturità magistrale con la stessa votazione.

Anche questo esito veniva però impugnato ed accolto dal TAR in relazione al vizio rappresentato dalla mancata comunicazione di avvio del procedimento di rinnovo dello scrutinio di maturità. La pronuncia veniva confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 3991/2005, che imponeva di far ripartire il procedimento amministrativo dall’inizio, con la ricostituzione dell’organo collegiale.

L’Amministrazione ottemperava al giudicato nominando nuova commissione e procedendo ad un nuovo giudizio valutativo, che faceva salire il punteggio a 45/60.

Ma la candidata  per la terza volta impugnava l’esito dell’esame sostenendo, in primo luogo, l’incompetenza dell’ufficio scolastico regionale alla nomina della commissione esaminatrice.

Trattandosi di un giudizio relativo all’a.s. 1992/93, secondo la ricorrente, la disciplina applicabile ratione temporis avrebbe dovuto essere quella prevista dall’art. 7 della L. 119/1969,  che attribuiva al Ministero P.I. la competenza per la nomina delle commissioni giudicatrici, e non già l’art. 4 L. 425/1997 (come sostituito dalla L. 1/2007) che lo assegna al Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale.

Diversamente il TAR Trieste, con la sentenza n. 182/2012, ritiene che l’esecuzione del giudicato debba avvenire in conformità agli strumenti giuridici esistenti nell’ordinamento nel momento in cui l’Amministrazione vi provvede, non essendo ipotizzabile che sia dia luogo alla ricostituzione di un ufficio a livello ministeriale solo per provvedere a delle nomine che l’attuale legislazione demanda agli Uffici scolastici regionali, cui oggi competono – anche a norma dell’art. 8 del DPR 17/2009 – tutte le attività amministrative sul territorio regionale.

Benchè la sentenza in commento non richiami espressamente alcun precedente giurisprudenziale, pare opportuno rammentare che la delicata e controversa questione dell’applicabilità della normativa sopravvenuta al procedimento amministrativo in itinere (involgente interessi essenziali quali quello relativo  alla individuazione dell’autorità competente) è stata tradizionalmente risolta dalla dottrina e dalla giurisprudenza facendosi riferimento al criterio del tempus regit actum, che costituisce regola generale di tutti gli atti procedimentali.

Con tale brocardo si vuole sintetizzare il principio per cui ogni atto resta soggetto al regime normativo vigente al tempo della sua emanazione: se pertanto nel procedimento amministrativo è applicabile la normativa vigente al tempo dell’emanazione dell’atto (tra le altre, vedasi Cons. St. 5154/2011), trova necessariamente spazio lo ius superveniens anche in materia di competenza funzionale degli organi preposti alla nomina dei commissari d’esame.

Va infine segnalato come il TAR, solo incidentalmente, rilevi una verosimile carenza di interesse al ricorso affermando come risulti “ictu oculi difficile la percezione dell’esistenza di un interesse concreto e attuale al presente ricorso” della pluridiplomata, preferendo tuttavia non sviluppare l’argomento, che avrebbe comportato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, rigettandolo nel merito.

Avv. Gianluca Dradi