I docenti seppur stabilizzati al termine di un lungo percorso di precariato, subiscono un danno evidente che la pronuncia della Corte Costituzionale non ha neppure esaminato in quanto le questioni portate alla sua attenzione hanno riguardato prevalentemente la violazione dell’accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/10/CE sotto il profilo della legittimità o meno del termine apposto al contratto e della reiterazione di plurimi contratti a termine successivi, superato il limite massimo dei trentasei mesi.
La pronuncia della Corte Costituzionale di recente, e la Corte di Giustizia UE in precedenza, non ha riguardato il diritto al riconoscimento del servizio in termini giuridici ed economici.
La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio Europeo 28 giugno 1999, 1999/770/CE, prevede che “ 1 «Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive»; 4.4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”. Con riferimento alla suddetta clausola la Corte di Giustizia ha statuito che “nella determinazione sia degli elementi costitutivi della retribuzione sia del livello di tali elementi, le competenti istituzioni nazionali devono applicare ai lavoratori a tempo determinato il principio di non discriminazione quale consacrato dalla clausola 4 dell’accordo quadro” (Corte di Giustizia CE 15 aprile 2008, n. 268, C-268/06). Secondo la Corte il principio di non discriminazione impone che situazioni analoghe non siano trattate in modo dissimile e che situazioni diverse non siano trattate nello stesso modo a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato. A tale scopo, “Al fine di valutare se le persone interessate esercitino un lavoro identico o simile nel senso dell’accordo quadro, occorre, in conformità delle clausole 3, punto 2, e 4, punto 1, di quest’ultimo, valutare se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che si trovino in una situazione comparabile” (Corte di Giustizia sent. Rosado). Non rileva la sola previsione legislativa o contrattuale astratta, poiché la nozione di “ ragione oggettiva” ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, dev’essere intesa nel senso che essa non autorizza a giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato, per il fatto che quest’ultima è prevista da una norma generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo (sentenza Del Cerro Alonso, punto 57). Secondo la sentenza della Corte di Giustizia “Tale nozione richiede, al contrario, che la disparità di trattamento in causa sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria… dette circostanze possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali siffatti contratti sono stati conclusi e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro” (sentenza Del Cerro Alonso, punto 53).
Al fine di verificare se sussista o meno discriminazione, o comunque se la disparità di trattamento sia giustificata da ragioni oggettive appare opportuna una ricostruzione sistematica della legislazione in materia.
Con riguardo al personale di ruolo, sono previsti due distinti ed autonomi meccanismi legati alla valorizzazione dell’anzianità di servizio, ai fini della determinazione della retribuzione, uno è quello della ricostruzione di carriera e l’altro è quello degli scatti di anzianità.
In particolare , se è vero che la disciplina normativa non contempla nel corso del periodo di precariato un’anzianità normativa ed economica corrispondente al servizio prestato, è certo che, attraverso la ricostruzione di carriera, al momento della immissione in ruolo, si opera un riconoscimento del predetto servizio assolutamente parziale e non integrale.
L’ art. 485 del D. lgs. n. 297 del 16.4.1994, relativo rispettivamente al personale docente dispone che il servizio non di ruolo prestato nelle scuole e istituzioni educative statali è riconosciuto sino ad un massimo di quattro anni agli effetti giuridici ed economici e, per la restante parte, nella misura di due terzi, ai soli fini economici. Testualmente, per il personale docente, la richiamata norma dispone quanto segue:”Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all’estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo”.
Dunque, il docente precario dopo il quarto anno di servizio preruolo subisce una riduzione di un terzo del servizio preruolo reso sotto il profilo giuridico e subisce una riduzione di due terzi del servizio sotto il profilo economico. Infatti, durante il precariato ogni docente stipula contratti in cui l’inquadramento economico si riferisce sempre al primo livello retributivo.
Successivamente all’immissione in ruolo il docente si trova a perdere per tutti gli anni di precariato, gli incrementi retributivi che gli sarebbero stati riconosciuti se fosse stato assunto da subito a tempo indeterminato.
Ed invero, l’art. 53 comma 3 della legge n. 312/80, ha previsto l’applicazione degli scatti biennali ora fasce stipendiali ai docenti di ruolo e non ai docenti precari con ciò frapponendo un ostacolo diretto ed insuperabile al riconoscimento del diritto alla maturazione degli scatti in favore del personale non di ruolo assunto a tempo determinato.
Come già precisato, la retribuzione del personale non di ruolo continua ad essere parametrata sempre allo stipendio iniziale previsto dal CCNL vigente, con evidente differenziazione di trattamento rispetto al personale di ruolo.
I docenti, infatti, si trovano per anni a dover svolgere le stesse mansioni di qualsiasi altro docente di ruolo e dunque la loro posizione lavorativa di docenti non di ruolo era comparabile a quella di ruolo ai sensi della clausola 3 punto 2 e 4, punto 1 dell’accordo quadro che richiede la verifica, per la comparazione di dette posizioni dei lavoratori, della natura del lavoro, delle condizioni di formazione e di impiego (ordinanza 18.03.2011, Montoya Medina , C273/ 2010, punto 37; sentenza Rosado Santana, cit, punto 66 e ordinanza 09.02.2012 Lorenzo Martinez C 556/11, punto 43).
Secondo l’insegnamento della Corte di Giustizia, essendo la clausola 4 sufficientemente precisa, può essere invocata dai singoli nei confronti dello Stato ed applicata dal Giudice nazionale nelle fattispecie portate alla sua attenzione (sentenza n. 444 del 22.12.2010 Gaviero Torres, punti 87- 83, 90; analogamente, sentenza 18.10.2012, Valenza punto 70; in riferimento al principio di non discriminazione in relazione all’età, sentenza 19.01.2010 Kukukdeveci C555/07).
Il principio di non discriminazione di matrice europea è stato recepito nella giurisprudenza di merito e di legittimità chiamata a decidere fattispecie analoghe (ex multis Trib di Firenze 13.01.2015; Corte di Appello di Sassari sent. n. 263 dell’ 08.10.2014; Corte di Appello di Torino sentenza n. 205/2013 del 03.04.2013; Corte di Appello dell’Aquila 15.03.2012 nonchè la recente sentenza 262 del 12.01.2015 della Corte di Cassazione che in via incidentale riconosce “per il periodo di lavoro ( o per i periodi di lavoro, in caso di sequenza di contratti a termine) il lavoratore ha diritto ad essere retribuito e ha diritto a che tale periodo o tali periodi siano computati ai fini dell’anzianità di servizio e quindi della maturazione degli scatti in coerenza con i principi costituzionali di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, anche e specificamente in ordine all’anzianità di servizio, affermato con la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28.06.1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato).
Nuoro lì 24 ottobre 2016