di Giuseppe Sabbatella, avvocato del foro di Napoli specializzato in diritto del lavoro e diritto scolastico.
La questione giuridica
Il presente contributo ha ad oggetto le conseguenze derivanti dal mancato versamento dei contributi previdenziali ad opera di talune scuole paritarie ai fini del riconoscimento del servizio prestato nell’ambito delle graduatorie di terza fascia del personale ATA.
La normativa di riferimento
Il D.M. 647 del 30.08.2017 – avente ad oggetto l’aggiornamento delle graduatorie di terza fascia del personale ATA per il triennio 2017/19 – prevede che il servizio prestato quale assistente amministrativo, collaboratore scolastico o assistente tecnico presso la scuola paritaria venga valutato la metà rispetto a quello prestato nella scuola statale.
Per la precisione, coloro che hanno prestato servizio presso le scuole paritarie hanno diritto a 3 punti per ciascun anno di servizio contro i 6 punti previsti per coloro che hanno prestato il medesimo servizio presso le scuole statali.
Questo perché al personale ATA che ha prestato servizio presso le scuole statali viene attribuito un punteggio di 0,50 per ogni mese di servizio (6 punti su base annua) in luogo di 0,25 per ogni mese attribuito a coloro che hanno prestato servizio presso le scuole paritarie (3 punti su base annua). Premesso il quadro normativo di riferimento, nella prassi è talvolta accaduto che il servizio svolto dal docente non sia stato accompagnato dal versamento dei relativi contributi previdenziali.
Orbene, occorre precisare che il D.M. 647 del 2017 nulla dispone in merito, limitandosi a statuire al punto f) dell’ all. A) che “qualora il servizio sia prestato in scuole non statali paritarie, in scuole dell’infanzia non statali autorizzate, in scuole parificate (ecc..), il punteggio assegnato al servizio è ridotto alla metà” senza penalizzare il lavoratore – peraltro vittima di un’omissione contributiva – con un’irragionevole ulteriore sanzione del mancato riconoscimento del servizio prestato.
Tuttavia, alcune fonti richiedono come requisito fondamentale ai fini della valutazione del servizio, l’assolvimento da parte del datore di lavoro degli obblighi di contribuzione previdenziale.
In particolare, in merito alle graduatorie ad esaurimento, la nota 4, dell’allegato 1 del decreto dirigenziale 16 marzo 2007 (integrazione e aggiornamento delle graduatorie permanenti) prevedeva che “ non si valutano i servizio per i quali non siano stati versati i contributo secondo la normativa vigente” . Analogamente, il decreto n. 335 del 23.04.2018 relativamente alla valutazione del servizio svolto nelle sezioni primavera – tanto per quanto concerne le GAE quanto per le graduatorie d’istituto – prevede che “non sono valutati i relativi periodi lavorativi per i quali non risultano versati contributi previdenziali secondo la normativa”.
Nonostante la natura ancora controversa della questione, diversi Dirigenti Scolastici – previa verifica dell’omesso versamento dei contributi per il periodo di riferimento – provvedono a rettificare in autotutela il punteggio del lavoratore con conseguente risoluzione del contratto di lavoro a tempo determinato stipulato e declaratoria di invalidità del servizio prestato.
Per comprendere se un tal provvedimento sia o meno conforme alla legge è opportuno procedere all’esame dei principali arresti giurisprudenziali in materia.
La giurisprudenza
Occorre subito precisare che, la pressoché unanime giurisprudenza amministrativa, ha ritenuto illegittime le suddette condotte.
A tal proposito, tra le pronunce più risalenti, si segnala quella del TAR Catania, sez. III, sentenza n. 516/2005 che ha enunciato un fondamentale principio di diritto per cui, non si può disconoscere, a causa del mancato versamento dei contributi previdenziali, il periodo di servizio svolto da un’insegnate quando l’inosservanza degli obblighi previdenziali e assistenziali dipende da un comportamento illecito degli istituti scolastici ove viene prestato servizio.
Più di recente, si è pronunciato sul punto il Consiglio di Stato, il quale, in riforma di una sentenza del TAR Basilicata, ha affermato che una volta data dimostrazione della prestazione con carattere di effettività del servizio prestato, l’assolvimento del l’onere di contribuzione da parte dell’ente datore di lavoro si configura quale elemento esterno rispetto al requisito di ammissione oggetto di accertamento, non avendo quest’ultimo alcuna attinenza con il riscontro della capacità professionali e didattiche dei docenti da selezionare. Proprio per tali ragioni, aggiunge il massimo organo della Giustizia Amministrativa, a “siffatta condotta omissiva – sanzionata di per sé da altre norme e rispetto alla quale il lavoratore subordinato è in una condizione di estraneità – non può farsi discendere la non valutabilità del periodo di servizio, aggiungendo ulteriori conseguenze negative in danno del soggetto già pregiudicato sotto lo specifico profilo previdenziale ed assicurativo” (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18.04.2013, n. 2136).
Lo stesso organo di Giustizia, in una precedente pronuncia, ha altresì statuito che qualora il servizio prestato non fosse ritenuto valutabile, in assenza di una specifica previsione legislativa, alle eventuali inadempienze dell’istituto d’istruzione conseguirebbe un’impropria funzione sanzionatoria indiretta a danno dello stesso dipendente, la cui tutela contributiva grava sul datore di lavoro, il quale attesta sotto la propria responsabilità l’effettivo svolgimento del servizio e, correlativamente il rapporto di dipendenza (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 16.02.2011, n. 973).
Anche la giurisprudenza civile si è rifatta agli enunciati principi ed in una recentissima ordinanza del Tribunale di Teramo ha affermato che “Ai fini della valutazione del servizio l’unica circostanza decisiva è l’effettivo svolgimento di uno dei servizi valutabili per l’attribuzione del punteggio” ed il versamento dei contributi previdenziali può certamente costituire prova dell’avvenuto svolgimento del servizio, ma non può costituire elemento indefettibile in mancanza del quale non attribuire il dovuto punteggio, soprattutto in tutti i casi in cui l’amministrazione non ne contesta l’effettivo svolgimento (Tribunale di Teramo, ordinanza del 26.02.2019).
Nel giudizio in questione il Giudice del Lavoro ha posto a fondamento della propria statuizione un’ulteriore importante argomentazione di diritto consistente nel contrasto tra il provvedimento emesso dal Dirigente Scolastico ed il conseguente decreto di revoca del contratto ed il contenuto del D.M. 640 del 30.08.2017.
Difatti, ha osservato il Tribunale adito, il D.M. 640 del 30.08.2017 prevede semplicemente che il servizio svolto nelle scuole paritarie sia valutabile al 50%, ma non fa alcun riferimento all’assolvimento degli obblighi contributivi ai fini del riconoscimento del punteggio.
Pertanto, se ne deduce, che tale ulteriore circostanza, seppure prevista da altre fonti di rango inferiore, si pone comunque in contrasto con la principale fonte regolatrice della materia oltre che con i più elementari principi di diritto.