L’emergenza coronavirus ci obbliga ad affrontare situazioni del tutto nuove che, fino ad oggi, mai sono mai state disciplinate dal legislatore.
Un chiaro esempio è rappresentato dalla didattica a distanza, il conseguente uso del registro elettronico e, in particolare, dell’asserito obbligo della sua firma.
Tra le funzioni principali del registro elettronico, in regime di attività ordinaria, vi è quella di dimostrare la presenza a scuola dell’insegnante, nella sua incontrovertibile qualità di pubblico ufficiale.
Diversamente dal personale ATA che dispone di alternativi strumenti, non vi è altro mezzo idoneo all’interno della scuola con il quale il docente possa documentare la propria presenza se non il registro cartaceo, oppure quello elettronico.
L’attestazione della presenza in concomitanza della sospensione delle attività didattiche equivale, dunque, a dichiarare il falso e quindi a un falso ideologico?
Vi è dolo, ed elemento soggettivo, nel caso di firma in DaD?
CORTE DI CASSAZIONE n. 47241 del 21.11.2019 ha stabilito che il registro di classe dell’insegnante è “atto pubblico avente fede privilegiata e come attestazione riguardanti attività compiute da pubblico ufficiale che redige l’atto di fatti avvenuti alla sua presenza o da lui percepiti”.
Per non incorrere in spiacevoli sorprese, quindi, la strada maestra certamente da seguire è rappresentata dal rispetto della legge e del codice penale.
Nel video una breve disamina sull’obbligo della firma, sul dolo, sull’elemento soggettivo in riferimento al registro elettronico.