Tribunale di Roma – Sezione Lavoro, Ordinanza del 04.02.2022
Il Tribunale di Roma ha ordinato all’Amministrazione scolastica il reinserimento del ricorrente nelle graduatorie di circolo e d’istituto per la provincia di Roma relative al personale ATA dal quale era stato illegittimamente depennato, con conseguente risoluzione anticipata del contratto di lavoro, a causa di una presunta incompatibilità.
di Giuseppe Sabbatella, avvocato specializzato in diritto del lavoro e diritto scolastico.
Il Fatto
Il ricorrente, Assistente amministrativo presso un liceo della Capitale, si vedeva notificare un provvedimento di depennamento dalle graduatorie di circolo e d’istituto per la provincia di Roma relative al personale ATA in quanto “il personale scolastico al momento dell’assunzione deve essere libero da ogni occupazione lavorativa alle dipendenze di Pubblica Amministrazione o Privati”.
Per la precisione, nel caso in esame, il dipendente prestava altra attività di lavoro a tempo parziale e indeterminato presso un Istituto scolastico paritario per due ore settimanali concentrate nella sola giornata di sabato.
Il lavoratore si rivolgeva all’avv. Giuseppe Sabbatella al fine di ottenere la tutela del diritto leso dal provvedimento illegittimo.
Il Giudice del Lavoro, in accoglimento del ricorso ex art. 700 c.p.c., annullava il provvedimento illegittimo e ordinava all’Amministrazione scolastica il reinserimento del ricorrente nelle graduatorie di circolo e d’istituto per la provincia di Roma relative al personale ATA.
Il quadro normativo
Con l’ordinanza in commento, il Tribunale di Roma è intervenuto nel complesso dibattito riguardante la disciplina della incompatibilità nel lavoro pubblico.
Il dovere di esclusività delle prestazioni intestate al pubblico dipendente trova il suo fondamento giuridico nell’art. 98 Cost. per cui questi deve dedicare all’Ufficio le proprie energie lavorative senza disperderle in attività esterne e ulteriori, a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’Amministrazione.
A livello di legislazione ordinaria, la disciplina generale delle incompatibilità è contenuta nel Testo unico sul pubblico impiego di cui al Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165: secondo l’art. 53, secondo comma, “le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi non compresi nei compiti o doveri d’ufficio che non siano espressamente previsti o disciplinati dalla legge o altre fonti normative o che non siano espressamente autorizzati”.
Tale regola è tuttavia mitigata dal successivo settimo comma del medesimo articolo, laddove espressamente si stabilisce che il dipendente pubblico, previa autorizzazione da parte del datore di lavoro, può essere ammesso allo svolgimento di incarichi ulteriori che, all’esito di apposita istruttoria, non risultino generare una situazione di conflitto d’interesse rispetto all’attività svolta in via principale.
La conseguenza della suddetta previsione è che, di regola, ogni incarico extra-istituzionale deve considerarsi eccezionale rispetto allo status di pubblico dipendente. A tal proposito, rientra in tale categoria anche il personale scolastico (docente, educativo e ATA) essendo gli Istituti s c o l a s t i ci di ogni ordine e grado “Pubblica Amministrazione” a tutti gli effetti di legge (art. 1, comma 2, d.lgs. 165/2001).
Venendo al caso in esame, la suddetta previsione di incompatibilità assoluta è altresì mitigata per le ipotesi di impiego a tempo parziale sulla base di quanto previsto dal D.P.C.M. 117/1989, secondo cui al “personale con rapporto a tempo parziale … è consentito, previa motivata autorizzazione dell’amministrazione o dell’ente di appartenenza, l’esercizio di altre prestazioni di lavoro che non arrechino pregiudizio alle esigenze di servizio e non siano incompatibili con le attività di istituto della stessa amministrazione o ente” e dall’art. 1, commi 57 e 58, L. 662/1996 disciplinanti la “la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale”, in via automatica entro 60 giorni dalla domanda, nel caso di contratti a tempo parziale, salvo il caso in cui “l’attività lavorativa di lavoro autonomo o subordinato comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente ovvero, nel caso in cui la trasformazione comporti, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, grave pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa”; ipotesi queste in cui “con provvedimento motivato” può essere meramente differita “la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo non superiore a sei mesi”.
Tale disposizione è stata poi abrogata e sostituita dall’art. 73 D.L. 112/2008, conv. in L. 133/2008, che ha invero eliminato ogni automatismo nella trasformazione del rapporto, che attualmente dunque è subordinata alla valutazione discrezionale dell’amministrazione, ed ha introdotto, il luogo della mera possibilità di differimento, la possibilità per l’amministrazione di rigetto dell’istanza di trasformazione presentata dal dipendente nel caso di sussistenza di un pregiudizio alla professionalità della stessa.
La pronuncia
Il Giudice adito, in accoglimento delle argomentazioni prospettate da parte ricorrente, così statuiva:
“In conclusione quindi dal suddetto complessivo quadro normativo emerge che nel caso di stipula di contratti part time con l’amministrazione (qual è quello sottoscritto dal ricorrente per 30 ore settimanali, dopo la richiesta di modifica dell’originaria accettazione della proposta di assunzione per 36), non sussiste un’incompatibilità assoluta con ulteriori rapporti di lavoro (nella specie con una scuola parificata ovvero con un soggetto privato), essendo piuttosto il cumulo dei suddetti rapporti di lavoro subordinato all’autorizzazione dell’amministrazione.
A ciò deve aggiungersi poi che l’art. 58 CCNL 29.11.2007, disciplinante specificamente il rapporto di lavoro part time per il personale ATA, dopo aver previsto al comma 5 che “Il dipendente a tempo parziale copre una frazione di posto di organico corrispondente alla durata della prestazione lavorativa che non può essere inferiore al 50% di quella a tempo pieno”, al comma 9 stabilisce che “Al personale interessato è consentito, previa autorizzazione del dirigente scolastico, l’esercizio di altre prestazioni di lavoro che non arrechino pregiudizio alle esigenze di servizio e non siano incompatibilità con le attività dell’istituto. L’assunzione di altro lavoro o la variazione della seconda attività da parte del dipendente con rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere comunicata al dirigente scolastico entro 15 giorni”.
Anche a livello di contrattazione collettiva, in caso di contratti part time, non è previsto un divieto assoluto di cumulo tra rapporto di impiego e rapporto di lavoro privato, essendo prevista solo la previa autorizzazione del dirigente scolastico.
Tanto le disposizioni di legge sopra richiamate, quanto il CCNL non operano alcuna distinzione tra rapporti di impiego a tempo indeterminato e rapporti di impiego a tempo determinato; sicché quanto previsto deve ritenersi applicabile non solo al personale scolastico di ruolo, ma anche al personale assunto con contratti di supplenza.
Per tutto quanto sin qui osservato la motivazione posta a base del provvedimento di depennamento/licenziamento del ricorrente, facente riferimento ad un generale obbligo per “il personale scolastico, al momento dell’assunzione, … da ogni occupazione lavorativa alle dipendenze di Pubblica Amministrazione o Privati”, deve ritenersi non coerente con il suddetto quadro di riferimento.
Tanto chiarito, deve osservarsi che in sede di memoria di costituzione l’Amministrazione scolastica ha parzialmente corretto il tiro, indicando ulteriori motivazioni poste a base del decreto. Questo giudice, in quanto giudice del rapporto di lavoro, chiamato quindi a valutare la fondatezza dei diritti fatti valere dal lavoratore, e non già dell’atto in sé, ha il dovere di valutare la fondatezza anche di tali ulteriori motivazioni, ancorché non richiamate nell’atto in oggetto.
In particolare, l’Amministrazione scolastica ha sostenuto che il cumulo tra incarichi di supplenza e rapporto di lavoro privato sarebbe possibile solo ove anche secondo rapporto fosse a tempo determinato e fosse comunque garantita la facile raggiungibilità delle due sedi di lavoro. A tal fine ha richiamato quanto previsto nel “Regolamento per le supplenze ATA” – D.M. 430/2000 (v. doc. 9). In particolare, invoca l’applicazione dell’art. 4, rubricato “Completamento di orario e cumulabilità di diversi rapporti di lavoro nello stesso anno scolastico”, secondo cui: “1. L’aspirante cui viene conferita una supplenza con orario ridotto in conseguenza della costituzione di posti di lavoro a tempo parziale per il personale di ruolo, conserva titolo, in relazione alle utili posizioni occupate nelle varie graduatorie di supplenza, a conseguire il completamento d’orario fino al raggiungimento dell’orario ordinario di lavoro previsto per il corrispondente personale di ruolo. 2. Nel predetto limite orario il completamento è conseguibile con più rapporti di lavoro a tempo determinato, nel rispetto dei seguenti criteri. Il completamento dell’orario può realizzarsi nel limite massimo di due scuole, tenendo presente il criterio della facile raggiungibilità. Il completamento di orario può realizzarsi alle condizioni predette, anche in scuole non statali, con oneri a carico delle scuole medesime”.
La disposizione si riferisce specificamente, come reso evidente dal 1° comma, alle ipotesi in cui il personale di ruolo da sostituire ha un rapporto di lavoro a tempo parziale; sicché è possibile conferire una supplenza solo su spezzone orario, prevedendosi, in tal caso, la possibilità per il supplente di completare l’orario con un’altra supplenza (anche in scuole non statali). Ciò non vuol dire però che il supplente, cui venga conferito un incarico part time, non possa avere un rapporto a tempo indeterminato sempre part time con un privato, salve ovviamente le valutazioni di compatibilità pur sempre rimesse all’Amministrazione.
[…]
Detto questo, deve osservarsi che il ricorrente era in possesso di tutti i requisiti di ammissione e non si trovava in alcuna delle ipotesi di incompatibilità contemplate dalle disposizioni citate. Al riguardo è bene precisare che se l’esistenza di un rapporto a tempo indeterminato con un istituto parificato non era di per sé una situazione di incompatibilità con l’affidamento di una supplenza part time, a maggior ragione non poteva esserlo per l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie di circolo e d’istituto. In più deve evidenziarsi, che in sede di domanda di iscrizione nelle graduatorie in questione il ricorrente non ha presentato alcuna dichiarazione mendace, avendo indicato, tra i titoli di preferenza, proprio il rapporto di ruolo con la predetta scuola parificata.
Per tutto quanto sin qui osservato, deve ritenersi l’illegittimità dell’esclusione del ricorrente dalla terza fascia delle graduatorie di circolo e d’istituto per la provincia di Roma relative al personale ATA per il profilo di Assistente Amministrativo.
In merito poi all’ulteriore requisito del periculum in mora, è appena il caso di aggiungere che il suddetto depennamento preclude al ricorrente il conferimento di ulteriori incarichi di supplenza per tutto l’intero anno scolastico ancora in corso; con conseguente perdita di chance e di professionalità, insuscettibile di pieno ed effettivo ristoro all’esito di un ordinario giudizio di merito.
Va pertanto ordinato all’Amministrazione scolastica resistente il reinserimento del ricorrente nelle suddette graduatorie.