Docente titolare dei benefici previsti dall’art. 33 co. 5° della L. 104/92 – assegnazione di cattedra con completamento di orario presso altro Istituto – illegittimità – sussistenza di una forma di mobilità di fatto – sede di lavoro – coincide con l’Istituto di originaria assegnazione.
***
352/2004
TRIBUNALE DIMODICA
Il Tribunale, giudice unico del lavoro in composizione monocratica, nella persona del dr. Salvatore Rizza,
Letti gli atti e sciogliendo la riserva adottata all’udienza che precede,
osserva
In fatto
In seno al ricorso depositato il 27.20.2004 XXX espone:
che, a seguito di provvedimento in data 15.9.2004 del C.S.A. di Ragusa, con il quale si comunicava ai dirigenti degli Istituti interessati la costituzione di “un posto orario esterno di sostegno ( … ) con titolarità per 9 h. presso l’I.C. “X” di Modica e completamento per n. 9 h. presso l’I.C. “Y” di Modica, il dirigente scolastico dell’I.C. “X”, con atto in data 16.9.2004 n. 3445C/1-21 di prot, lo aveva individuato quale docente assegnatario del posto predetto “non facendo riferimento alla graduatoria dei perdenti posto e prescindendo dalla tutela prevista dall’art. 23, comma 3° del CCNL, sottoscritto il 27.1.2004”;
che egli aveva chiesto “l’annullamento” di tale assegnazione che assume “gravemente lesiva dei suoi diritti”, da lui goduti in qualità di “”titolare dei benefici previsti dal 5° co, dell’art. 33 della L. 104/1992”;
che il dirigente scolastico, con nota 3823C/1 del 28.9.2004 e il funzionario del C.S.A., in sede conciliativa, ribadivano che esso ricorrente “non andava considerato soprannumerario, in quanto manteneva la titolarità della sua cattedra anche se con orario di completamento esterno”, ragione per cui andava applicato l’art. 4, comma 6 del vigente C.C.D. Regionale, laddove è previsto che “per gli istituti di istruzione secondaria, nel caso che una contrazione parziale comporti la trasformazione del posto di cattedra interna a posto orario esterno, l’individuazione del docente da assegnare al predetto posto orario esterno deve avvenire sulla base di graduatorie di istituto, formulate in applicazione della tabella di valutazione dei titoli ai fini dell’individuazione dei soprannumerari nell’ordine di cui al predetto comma 4”, mentre andava esclusa l’applicazione dei criteri di precedenza stabiliti dall’art. 7 del vigente CCNI sulla mobilità, il quale, al punto V, tutelava la sua qualità di figlio unico che assiste il genitore in situazione di handicap, trattandosi di trasferimento di prima fase, vale a dire di trasferimento nell’ambito della stessa sede.
Lamenta il ricorrente l’illegittimità del provvedimento di assegnazione come sopra adottato e motivato e ne chiede, in via interdittale, la disapplicazione, sul rilievo che esso, risolvendosi in una mobilità d’ufficio, disposta senza il consenso del titolare del beneficio previsto dalla L. 104/92 viola il dettato di cui all’art, 33, 5° co di detta legge, nonché, sull’ulteriore rilievo della violazione del CCNI del 20.1.2004 del CCNI del 25.6.2004 e del CCDR del 2.7.2004.
A tale ultimo riguardo deduce, segnatamente, che, seppure è vero che a mente del punto V dell’art. 7 del CCNI del 27.1.2004, la precedenza prevista in applicazione dell’art, 33 commi 5 e 7 della L. 104/92 viene esclusa “nella prima fase dei trasferimenti”‘, è anche vero che tale ipotesi (vale a dire la cennata “prima fase”) è limitata, giusta quanto previsto al successivo art. 25, ai soli trasferimenti a richiesta e non, come avviene nel caso di specie, ai trasferimenti d’ufficio.
In esito alla fissazione dell’udienza di comparizione, si è costituito l’I C. “‘X” con comparsa nella quale deduce:
– che l’individuazione del ricorrente quale titolare della cattedra contestata era stata effettuata prescindendo dalla “tutela di cui alll’art. 23 co. 3 del CCNL sulla mobilità, considerato che non si configurava l’ipotesi della soprannumerarietà per l’individuazione del docente”; – che la graduatoria era stata “formulata utilizzando, esclusivamente per l’attribuzione di vari punteggi, la tabella di valutazione dei titoli ai fini dell’individuazione dei soprannumerari, giusto art. 4 del c.c.d. regionale del 2.7.2004”;
– che “l’assegnazione effettuata non rientra fra la mobilità volontaria né fra la mobilità d’ufficio, intendendo per quest’ultima la perdita di posto nell’organico, ma bensì una normale assegnazione di docenti alle cattedre, di cui, nella fattispecie, una costituita con posto orario esterno che prescinde, quindi da un assenso del docente fatti salvi eventuali criteri di assegnazione” (così nel testo);
– che, inoltre, al ricorrente era “stata data ampia facoltà di formulare l’orario di servizio, tenuto conto del particolare insegnamento, in modo da renderlo, nel rispetto della didattica, più confacente ai propri bisogni”.
Si è altresì costituita …, nella qualità di “controinteressata a resistere”, nei cui confronti è stata effettuata la contestatio litis, con comparsa nella quale vengono formulate deduzioni analoghe a quelle prospettate dall’ Istituto resistente.
In diritto
Va, anzitutto, precisato che la resistente …, non trovando ingresso, nel rito seguito dal g.o., la figura del “controinteressato”, va considerata alla stregua di litisconsorte necessaria, in qualità di docente nella cui sfera giuridica può refluire la pronuncia richiesta dal ricorrente.
Tanto premesso va aggiunto che deve sostanzialmente ritenersi incontestato tra le parti che vertesi, non già in tema di soprannumerarietà, ma in tema di assegnazione di cattedra, la quale, oltre all’orario previsto presso l’Istituto di originaria assegnazione, comporta il completamento di orario presso altro Istituto e, quindi, l’obbligo, per il docente, di effettuare orario lavorativo per così dire “esterno” rispetto a quello svolto nell’istituto di titolarità.
Appare, di conseguenza, palesemente contraddittoria la tesi, sostenuta da entrambi i resistenti, i quali, per un verso negano che il ricorrente possa considerarsi soprannumerario e, per altro verso sostengono che, nondimeno, l’assegnazione in scrutinio debba essere formulata “utilizzando esclusivamente per l’attribuzione dei vari punteggi, la tabella di valutazione dei titoli ai fini dell’individuazione dei soprannumerari” .
In ogni caso, non è chi non veda come il ricorrente, anche a non considerarlo alla stregua di “perdente posto'”, sia rimasto comunque soggetto a una forma di mobilità per così dire “di fatto”, essendo costretto, sia pure all’interno dello stesso ambito territoriale del Comune di Modica e sia pure conservando la parziale titolarità della cattedra, a un pendolarismo al quale in precedenza non doveva sottostare.
Ora, essendo incontestato che il ricorrente riveste la qualità di figlio unico che assiste con continuità la madre affetta da handicap grave e, come tale, è titolare dei benefici previsti dall’art, 33, co. 5° della L. 104/92, appare evidente che la nuova situazione venutasi a creare comporta per lui un notevole disagio (e un conseguente stress fisico e psichico), costituito dalla innegabile difficoltà di conciliare gli impegni lavorativi da espletare presso due diversi istituti scolastici con l’assistenza alla madre e, per quest’ultima, un’intuibile diminuzione di assistenza, sia sotto l’aspetto quantitativo sia sotto quello qualitativo.
Sotto tale primo peculiare profilo deve innegabilmente ritenersi sussistente il requisito del periculum in mora, atteso che il diritto alla salute, costituzionalmente garantito, va tutelato in via primaria, in guisa tale da evitare le conseguenze teratogene derivanti dalla lesione di tale diritto. Ne deriva che ogni qualvolta si faccia questione del diritto alla salute deve escludersi che esso possa ritenersi idoneamente tutelato in via risarcitoria, essendo evidente che il risarcimento per equivalente, a prescindere dalla difficoltà di valutare il danno fisico in termini economici, presuppone il verificarsi della lesione che la legge vuole invece evitare.
Ciò detto, va aggiunto, per ciò che riguarda il requisito dell’apparenza del diritto, che, anche ad ammettere l’applicabilità, al caso di specie, dell’art. 4, comma 6 del vigente C.C.D. Regionale e la conseguente necessità di individuare il docente da assegnare al posto orario esterno sulla base di graduatorie di istituto, formulate in applicazione della tabella di valutazione dei titoli ai fini dell’individuazione dei soprannumerari, non può in ogni caso escludersi dal novero dei titoli da valutare quelli previsti dalla L. 104/92.
Invero, così come correttamente rilevato dal ricorrente, l’esclusione dei criteri di precedenza fondati sulla L. 104/92, prevista, dall’ art. 7, punto V del vigente CCNI , nel caso in cui si attui la prima fase dei trasferimenti, va correttamente limitata, così come si ricava dal successivo art. 25 (“I^ fase: i trasferimenti dei docenti richiedenti l’assegnazione di cattedra o posto di altra scuola o circolo o plesso o istituto nell’ambito del comune di titolarità “) ai trasferimenti a richiesta, vale a dire all’ipotesi in cui lo spostamento della sede lavorativa debba avvenire su iniziativa del docente (c. d. mobilità volontaria) e non d’ufficio. La ragione del distinguo è evidente, atteso che solo nel caso in cui il docente abbia espresso la volontà di essere destinato a cattedra diversa rispetto a quella ricoperta, viene meno la necessità di tutelare il suo diritto a permanere nel posto in qualità di titolare dei requisiti previsti dal la legge sull’handicap. Non altrettanto può dirsi, viceversa, allorquando lo spostamento della sede lavorativa debba avvenire d’ufficio, contro la volontà del docente, il quale ritenga che l’assegnazione (non importa se totale o parziale) ad Istituto diverso rispetto a quello di originaria destinazione, sia pure nell’ambito dello stesso territorio comunale, possa incidere negativamente sulla sua condizione di lavoratore tutelato dalla L. 104/92.
In tal caso, poco conta che la procedura di mobilità non sia stata attuata per perdita di posto nell’organico, trattandosi pur sempre di destinazione a posto orario esterno e, quindi, ad istituto diverso rispetto a quello di originaria assegnazione, ragione per cui la mancanza di consenso osta al trasferimento ad altra sede lavorativa stante il tassativo divieto di cui all’art. art. 33, 5° co della prefata normativa.
Superfluo aggiungere che solo siffatta soluzione ermeneutica, peraltro, come si è visto, in perfetta sintonia con il dato testuale, consente di ritenere valido il disposto di cui all’art. 7, punto V del CCNI, il quale, diversamente opinando (e non tenendo conto di quanto stabilito dal successivo art. 25) risulterebbe in contrasto con la norma di legge che sancisce l’inamovibilità e, come tale, andrebbe disapplicato per manifesta illegittimità.
Non è, per altro verso, sostenibile l’opzione interpretativa fornita dai resistenti, i quali ritengono che la “sede di lavoro” corrisponda sic et simpliciler con il territorio comunale in cui la stessa si trova, per l’evidente ragione che la locuzione utilizzata dal legislatore, nonché limitarsi a indicare genericamente il Comune (o, sia pure, l’agglomerato urbano) in cui è collocato il posto di lavoro, menziona espressamente “la sede” (vale a dire il sito) in cui viene in concreto svolta la prestazione lavorativa.
Orbene, non è seriamente revocabile in dubbio che il posto di lavoro, nel caso di specie, non è altro che l’istituto di originaria assegnazione. Non è un caso, peraltro, che il CCNI sulla mobilità in data 27.1.2004, all’art. 24, co. 12, menzioni (questa volta espressamente) il “Comune di titolarità” allorché si tratta di regolare i trasferimenti d’ufficio dei soprannumerari, distinguendo, tra “cattedre interne alla scuola”, “cattedre esterne stessa sede” e “cattedre esterne fuori sede”.
Si vede bene, in buona sostanza, come la distinzione tra Comune e “sede” sia stata sottolineata anche dalla norma contrattuale, che indica, “per ogni Comune”, distinte sedi, proprio considerando l’istituto in cui viene in concreto fornita la prestazione lavorativa.
Diversamente opinando, del resto, si perverrebbe a conseguenze in aperto contrasto con il dettato legislativo e, perfino, palesemente incongrue, atteso che, specie considerando l’ambito territoriale delle megalopoli e le connesse difficoltà di locomozione, o, come, per l’appunto accade nella fattispecie, i Comuni dotati di sobborghi e frazioni assai distanti dal centro urbano (e, quel che conta, dal domicilio del lavoratore), si finirebbe per considerare stessa sede di lavoro anche un istituto posto a notevole distanza rispetto a quello di originaria titolarità e perfino a distanza maggiore rispetto a istituto sito in diverso e limitrofo Comune.
E’ evidente, viceversa, che la legge (la quale, è bene rammentarlo, trasferisce, tout court ai privati l’onere di un servizio pubblico, nell’impossibilità, per lo Stato, di farvi decentemente fronte con le proprie strutture), allorché prevede il divieto (assoluto) di trasferimento in assenza di consenso del lavoratore, pone in rapporto diretto il domicilio in cui viene prestata l’assistenza con il posto di lavoro e lascia all’insindacabile giudizio del lavoratore avente diritto la valutazione in ordine all’incidenza del trasferimento ad altra “sede” (id est: ad altro posto di lavoro) sull’attività assistenziale da lui svolta.
In conclusione, per le considerazioni che precedono, la domanda cautelare proposta dal ricorrente deve essere accolta.
Consegue, dall’accoglimento, la fissazione del termine per l’inizio della causa di merito, al cui esito si dovrà provvedere sulle spese anche della presente fase.
P.Q.M.
in accoglimento della domanda proposta in via cautelare, così statuisce :
1)- dispone la disapplicazione del provvedimento n. prot. 3445C/1-21 reso in data 16.9.2004 dal dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Statale “X” di Modica, della graduatoria prot. n. 3444 in data 16.9.2004 e di ogni altro atto presupposto e consequenziale;
2 )-per l’effetto, ordina all’Istituto anzidetto di applicare, nella formazione della graduatoria dei docenti destinati a ricoprire il posto orario esterno dedotto in giudizio, individuato con provvedimento prot. n. 9736/04 in data 15.9.2004 del C.S.A. di Ragusa., il disposto di cui all’art. 33, co, 5 della L. 104/92, consentendo al ricorrente di continuare a svolgere la propria attività lavorativa, per l’intero orario lavorativo previsto, presso la sede di lavoro ubicata nell’istituto di originaria assegnazione;
3)- fissa, per l’inizio della causa di merito, il termine di giorni trenta dalla comunicazione della presente ordinanza.
Modica, 30.11.2004.
Il G. del L.
Dr. Salvatore Rizza