Con sentenza n. 227 del 16/04/24 la Corte d’Appello di Firenze ha affermato il diritto della docente a essere trasferita nella provincia di provenienza, in una sede prossima alla residenza del genitore da assistere, in quanto titolare di diritto di precedenza.
di Giuseppe Sabbatella, avvocato specializzato in diritto del lavoro e diritto scolastico.
Il fatto
La ricorrente, docente di scuola dell’infanzia in servizio presso il capoluogo toscano, adiva il Tribunale di Firenze al fine di ottenere la disapplicazione delle previsioni del CCNI 2022-25, art. 13, nella parte in cui non prevedono il diritto di precedenza nei trasferimenti interprovinciali in favore del figlio che presta assistenza al genitore disabile in condizione di gravità: il tutto per contrasto con l’art. 33, comma 5, della L. n. 104/92 nonché con l’art. 601 del d.lgs. 297/94.
Il Tribunale di Firenze respingeva il ricorso sul presupposto della legittimità della disciplina collettiva relativa alla mobilità in applicazione della quale la domanda era stata respinta dal Ministero, richiamando la giurisprudenza dello stesso Tribunale adito nonché l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 4677/21 fondata su un criterio di bilanciamento degli interessi in gioco e ritenendo che la scelta del CCNI rappresenti una ragionevole armonizzazione tra le esigenze ricollegabili alla varie posizioni dei disabili ed il potere-dovere organizzativo del datore di lavoro.
La lavoratrice, che si era visto negare il diritto al trasferimento, si rivolgeva all’avv. Giuseppe Sabbatella, il quale impugnava la sentenza chiedendone l’integrale riforma con accoglimento della domanda respinta in primo grado.
La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 227 del 16/04/2024, accoglieva integralmente l’appello e così provvedeva:
“dichiara che la docente appellante ha diritto ad ottenere la precedenza richiesta, con assegnazione della stessa presso una delle scuole, comuni o distretti della provincia di Napoli indicati nella domanda di mobilità territoriale per l’anno 2022/23, anche in sovrannumero, e comunque in uno dei distretti o comuni della provincia di Napoli che le consentano di prestare assistenza continua al padre e, per l’effetto, condanna l’Amministrazione al relativo adempimento”
La questione di diritto
Con la sentenza in commento, la Corte di Appello di Firenze si è pronunciata sulla controversa questione del riconoscimento del diritto di precedenza nei trasferimenti interprovinciali in favore del figlio che presta assistenza al genitore disabile in condizione di gravità.
Invero, non mancano precedenti analoghi, ma la pronuncia in esame si segnala in quanto successiva a diverse sentenze della Cassazione di segno contrario di cui pure tengono conto, ma che superano nell’articolato impianto motivazionale fondato su innovativi riferimenti al diritto dell’Unione Europea.
In particolare, la Corte, in accoglimento delle prospettazioni dell’appellante, valorizza il riferimento alla Direttiva 78/2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro interno, e ai principi affermati dalla Corte di Giustizia nella sentenza CGUE, 17 luglio 2008, C-303/06 Coleman e nella sentenza 11 luglio 2006 causa C13/05, Chacon Navas, nonché nella recentissima sentenza Cass. Sez. Lav. n. 6497/2021.
Nello specifico, la corte territoriale afferma che nella materia d’interesse non può prescindersi dalla disciplina dettata dalla direttiva 78/2000, che “stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro” e che all’art. 5 si occupa della anche della disabilità, essendo il giudice nazionale tenuto all’interpretazione conforme del diritto interno.
E’ certo, infatti, che le garanzie approntate dal diritto dell’Unione al lavoratore disabile si applichino anche nei casi cui si faccia astrattamente questioni di discriminazione associata, in cui cioè il lavoratore o la lavoratrice non sia immediatamente portatore del fattore di protezione (nella specie l’handicap), ma assuma comunque un trattamento differenziale in ragione della sua relazione con il portatore del fattore, come nel caso dell’handicap potrebbe accadere al care giver, il soggetto che si prende cura del disabile, che è ciò che qui specificamente interessa.
Definita la nozione di disabilità alla luce della normativa comunitaria, l’art. 5 della direttiva dispone poi che “per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato…”.
Invero, in merito alle procedura di mobilità per cui è causa, è da rammentare che si versa in una fattispecie di trasferimento a domanda, destinati alla copertura di posti già ritenuti dall’amministrazione vacanti e disponibili, pertanto, non si comprende quale sarebbe l’“onere sproporzionato” a carico dell’amministrazione se questa assegnasse tali posti – già riconosciuti come quelli da coprire – con preferenza ai lavoratori che assistono familiari disabili, senza distinzione quanto alla relazione familiare con l’assistito, rispetto ad altri candidati che non siano portatori del fattore di protezione.
In contrario, precisa la Corte, “parrebbe anzi fondatamente ritenersi che proprio l’assegnazione dei lavoratori care givers a sedi idonee a consentire l’attività di assistenza limiterebbe il ricorso di tali lavoratori ad altri istituti contrattuali, non ultima l’assegnazione provvisoria, essi non privi di conseguenze, sul piano organizzativo, per l’amministrazione scolastica”.