INTERPELLO N. 13/2010
Roma, 2 aprile 2010
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Alla Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE)
Via Guattani 16-18
00161 Roma
DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA
Prot. 25/I/0006215
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – orario di lavoro – tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro.
L’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ha presentato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione in merito all’esatto inquadramento, nell’ambito della disciplina dell’orario di lavoro, del tempo impiegato dai lavoratori per raggiungere il posto di lavoro.
In particolare l’interpellante riferisce le ipotesi in cui il datore di lavoro consente ai lavoratori occupati in diversi cantieri di recarsi in un “punto di raccolta” (solitamente presso la sede legale o il magazzino dell’azienda) al fine di usufruire dei mezzi aziendali per raggiungere un determinato cantiere e chiede di sapere se il tempo di percorrenza per giungere al punto di raccolta debba essere computato nell’orario di lavoro.
L’interpellante precisa, inoltre, che tali lavoratori non sono obbligati a recarsi al punto di raccolta – avvalendosi così, per pura comodità, del mezzo aziendale – potendosi recare direttamente in cantiere con altri mezzi.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue.
La questione sottoposta rimanda preliminarmente all’esame della disciplina dell’orario di lavoro contenuta nel D.Lgs. n. 66/2003, come modificato dal D.L. n. 112 (conv. da L. n. 133/2008) il quale, nel riprendere la definizione dettata dalla Direttiva 1993/104/CE, stabilisce all’art. 1, comma 2, lett. a) che per orario di lavoro deve intendersi “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.
In proposito, con la circ. n. 8/2005, questo Ministero ha sottolineato che la formulazione adottata dal D.Lgs. n. 66/2003 nel definire l’orario di lavoro risulta ampliarne la portata applicativa rispetto alla precedente normativa contenuta nel R.D. n. 1955/1923 che si basava sul concetto di “lavoro effettivo”. La nuova disciplina, infatti, ha spostato l’accento sulla “messa a disposizione”, in linea con l’interpretazione fornita della Corte di Giustizia Europea nella sentenza del 9 settembre 2003, la quale ha ritenuto compresi nell’orario di lavoro i periodi in cui i lavoratori “sono obbligati ad essere fisicamente presenti sul luogo indicato dal datore di lavoro e a tenersi a disposizione di quest’ultimo per poter fornire immediatamente la loro opera in caso di necessità”.
Sull’argomento appare inoltre opportuno ricordare sia la previsione normativa contenuta nell’art. 8 del D.Lgs. n. 66/2003 – secondo cui il tempo impiegato dal lavoratore per recarsi sul posto di lavoro deve ritenersi escluso dal concetto di orario di lavoro – sia quella giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. lav., n. 5775 del 11 aprile 2003 e Cass., sez. lav., n. 5701 del 22 marzo 2004) secondo cui “il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria – e va quindi sommato al normale orario di lavoro come straordinario – allorché sia funzionale rispetto alla prestazione” la quale al contempo ha spiegato che “sussiste il carattere di funzionalità nel caso in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta inviato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa”.
Nelle sentenze ora citate, la giurisprudenza ha ad esempio ritenuto doversi esaminare – ai fini della valutazione del nesso di funzionalità – se l’accesso ad un determinato punto di raccolta fosse o meno indispensabile e quindi connesso alla prestazione da svolgersi presso il cantiere; ovvero se il ritrovo presso un centro di raccolta corrispondesse o meno ad una esigenza organizzativa aziendale; ovvero se la possibilità da parte del lavoratore di recarsi direttamente presso il cantiere fosse o meno subordinata al consenso del datore di lavoro; ovvero se presso il punto di raccolta si trovino strumenti e/o indumenti necessari per lo svolgimento dell’attività lavorativa; ovvero se presso il punto di raccolta (e non presso i singoli cantieri) si trovino locali che, per determinazione contrattuale, il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori (cfr., ad esempio, l’art. 29 CCNL coop. edili e l’art. 86 imprese edili, in base ai quali il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori locali ad uso spogliatoio, locali ad uso refettorio, scaldavivande, servizi igienico-sanitari con acqua corrente).
Fatte queste premesse, nel caso sottoposto all’attenzione della scrivente Direzione generale, pare riguardare non già la computabilità nell’orario di lavoro del tempo impiegato dal lavoratore per recarsi (dalla propria residenza) sul posto di lavoro, quanto – piuttosto – se l’orario di lavoro decorra dal momento in cui il lavoratore accede al “punto di raccolta” (ove sono reperibili i mezzi aziendali per raggiungere i cantieri) ovvero dal momento in cui il lavoratore accede al cantiere.
Ai fini della risposta al quesito occorre attribuire rilevanza al principio di funzionalità sopra richiamato. Ove l’accesso al punto di raccolta costituisca una mera comodità per il lavoratore (potendo questi recarsi in cantiere anche con mezzi propri), l’orario di lavoro decorre dal momento in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività presso il cantiere. Viceversa, se è richiesto al lavoratore di recarsi al “punto di raccolta” per utilizzare un particolare mezzo di trasporto o per reperire la strumentazione necessaria o, comunque, di porsi a disposizione del datore di lavoro presso detto “punto di raccolta” entro un determinato momento (ad esempio per esigenze organizzative datoriali), è a partire da quest’ultimo che deve computarsi l’orario di lavoro.
IL DIRETTORE GENERALE
(f.to Paolo Pennesi)