Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Lettera circolare del 18 febbraio 2010
Prot. 3884
Oggetto: “D.lgs. 151/01 art. 42 co. 5 – Sentenza Corte Costituzionale n. 19/2009 – inclusione del figlio convivente nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo. Chiarimenti sul concetto di “convivenza”.”
Com’è noto, la Corte Costituzionale, con sentenza additiva del 26 gennaio 2009 n. 19, ha esteso i benefici di cui alla normativa in oggetto anche al figlio convivente in assenza di altre persone idonee a occuparsi del disabile.
In rapporto a ciò, con messaggio del 2 settembre 2009, n. 19583, l’INPS – Direzione Centrale Prestazioni a Sostegno del Reddito – alla luce della necessità di una assistenza continuativa, ha inteso considerare, relativamente al concetto di “convivenza”, il luogo in cui la persona ha la dimora abituale, ai sensi dell’art. 43 c.c..
Ciò posto, pervengono allo scrivente numerose rimostranze da parte di soggetti (figli di portatori di handicap grave) ai quali le Agenzie dell’INPS negano il beneficio in questione nel presupposto che tali soggetti, pur avendo la residenza nello stesso Comune e allo stesso indirizzo (identità di stabile e numero civico) del disabile da assistere, non condividono lo stesso appartamento.
Al riguardo, come è noto, il fine perseguito dalla normativa che si occupa dei permessi per coloro che assistono soggetti disabili – ribadito anche dalle sentenze additive della Corte Costituzionale su questa materia – risiede nella tutela psico-fisica del disabile e il suo fondamento è ravvisabile nei principi di solidarietà sociale di rango costituzionale in materia di salute e famiglia.
Del resto, è di tutta evidenza che la residenza nel medesimo stabile, sia pure in interni diversi, non pregiudica in alcun modo l’effettività e la continuità dell’assistenza al genitore disabile.
Ancorare, quindi, la concessione del diritto esclusivamente alla coabitazione priverebbe in molti casi il disabile della indispensabile assistenza atteso che, il più delle volte, gli aventi diritto hanno già conseguito una propria indipendenza.
Pertanto, al fine di addivenire ad una interpretazione del concetto di convivenza che faccia salvi i diritti del disabile e del soggetto che lo assiste, rispondendo, nel contempo, alla necessità di contenere possibili abusi e un uso distorto del beneficio, si ritiene giusto ricondurre tale concetto a tutte quelle situazioni in cui, sia il disabile che il soggetto che lo assistite abbiano la residenza nello stesso Comune, riferita allo stesso indirizzo: stesso numero civico anche se in interni diversi.