Corte di Appello di Bologna – Sentenza del 01.03.24
La Corte di Appello di Bologna riconosce il diritto alla carta del docente ad un insegnante di religione cattolica titolare dell’autorizzazione diocesana non revocata anche se non è attualmente in servizio.
Il Tribunale del lavoro di Ferrara respingeva il ricorso di un docente di Religione Cattolica applicando testualmente il D.P.C.M. 29 novembre 2016, il cui articolo 3, comma 2, dispone “La Carta non è più fruibile all’atto della cessazione dal servizio”.
Infatti al momento della decisione il ricorrente non risultava attualmente in servizio, sebbene ancora titolare dell’autorizzazione diocesana, la quale non era mai stata revocata, ed inserito nelle liste territoriali cui si attingono i docenti di religione.
Pertanto, la decisione veniva appellata sotto diversi profili, tra cui si sosteneva che è normale e fisiologico che i docenti precari – proprio perché destinatari di contratti a termine – vedono ad un certo momento scadere l’efficacia del proprio contratto (alla data del 30 giugno o del 31 agosto) sicché non riconoscere il beneficio per gli anni pregressi risultava ingiusto.
Inoltre, esaminata la specifica posizione degli insegnanti di religione, si evidenziava che l’appellante aveva chiesto ed ottenuto di essere inserito in altre liste diocesane territoriali da cui si attingono i docenti di religione e che l’autorizzazione diocesana originaria non era mai stata revocata al ricorrente.
Nelle more interveniva la decisione della Corte di Cassazione del 27 ottobre 2023, n. 29961 la quale chiariva alcuni aspetti che, al momento della pubblicazione della sentenza di prime cure non erano ancora stati chiariti.
In primo luogo, veniva chiarito che per cessazione dal servizio preclusiva del diritto al bonus docenti ai precari dovevano essere considerate tutte quelle evenienze che comportavano una fuoriuscita definitiva dal sistema delle supplenze o del lavoro alle dipendenze della scuola.
In secondo luogo, la Corte affermava che per coloro che risultavano ancora inseriti nel sistema delle supplenze perché ad esempio, presenti nelle graduatorie provinciali per le supplenze, il diritto nasceva come pretesa all’adempimento da parte dell’Amministrazione, mentre per i fuoriusciti dal sistema scolastico il diritto alla attribuzione della carta del docente per gli anni di lavoro svolti con contratti a tempo determinato spettava a titolo di risarcimento del danno.
Sulla base delle superiori premesse ed esaminata la specificità degli insegnanti di religione cattolica, anche alla luce dei principi espressi dalla Corte di Cassazione con la decisione di cui si diceva, il Giudice di secondo grado ha riformato la sentenza, ritenendo attuale l’inserimento del ricorrente nel sistema delle docenze, tracciando un parallelo tra i docenti di posto comune e quelli di religione cattolica.
Per i primi, infatti, il diritto alla carta del docente deve essere riconosciuto se essi sono stabilmente inseriti nelle graduatorie provinciali e di istituto e quindi possono essere destinatari di incarichi di supplenza.
Per gli inseganti di religione cattolica, l’inserimento nel sistema delle docenze scolastiche è determinato dal possesso dell’autorizzazione diocesana non revocata e dall’inserimento nelle liste territoriali delle diocesi di riferimento.
Pertanto, pur non essendo attualmente in servizio ma iscritto presso le liste provinciali di una diocesi e quindi a disposizione per un eventuale incarico quale docente di religione e in possesso della predetta autorizzazione non revocata, secondo la Corte di Appello l’insegnante ha diritto al bonus docenti “..al pari dei docenti su posto comune, che sono considerati dalla Suprema Corte di Cassazione “interni al sistema delle docenze scolastiche perché iscritti nelle graduatorie per le supplenze”, sebbene temporaneamente privi di incarico, l’odierna appellante, quale docente di religione, va considerata ancora interna al sistema delle docenze perché tuttora inserita nell’elenco della Diocesi di San Marino – Montefeltro per eventuali supplenze, come si ha modo di leggere nel certificato prodotto dall’allora ricorrente.
Al riguardo, si rammenta che le medesime condizioni di impiego tra docenti di religione e docenti di posto comune sono stabilite dall’art. 1, comma 2, legge 18 luglio 2003, n. 186, la quale prevede che “Agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli di cui al comma 1 si applicano, salvo quanto stabilito dalla presente legge, le norme di stato giuridico ed il trattamento economico previsti dal testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni, di seguito denominato testo unico e dalla contrattazione collettiva”.
Va evidenziato, peraltro, che il D.P.R. 16 dicembre 1985, n. 751 intitolato “Esecuzione dell’intesa tra l’autorità scolastica italiana e la Conferenza episcopale italiana pe l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche” al punto 2.5 “L’insegnamento della religione cattolica impartito da insegnanti in possesso di idoneità riconosciuta dall’ordinario diocesano e da esso non revocata, nominati, d’intesa con l’ordinario diocesano, dalle competenti autorità scolastiche ai sensi della normativa statale. Ai ni del raggiungimento dell’intesa per la nomina dei singoli docenti l’ordinario diocesano, ricevuta comunicazione dall’autorità scolastica delle esigenze anche orarie relative all’insegnamento in ciascun circolo o istituto, propone i nominativi delle persone ritenute idonee e in possesso dei titoli di qualificazione professionale di cui al successivo punto 4”.
Il successivo punto 4) dispone “b) detto insegnamento deve essere impartito in conformità alla dottrina della Chiesa da insegnanti riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica e in possesso di qualificazione professionale adeguata”.
Come ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza del 9 giugno 2022, n. 18698 in merito alle norme suindicate “Dette intese prevedono tutte in estrema sintesi che: a) l’affidamento dell’incarico avviene da parte dell’autorità scolastica, su proposta (scuole superiori) dell’ordinario diocesano o sentito quest’ultimo (scuole materne ed elementari) a personale munito di idoneità riconosciuta dall’ordinario diocesano; b) il riconoscimento di idoneità all’insegnamento della religione cattolica ha effetto permanente salvo revoca da parte dell’ordinario diocesano; c) gli insegnanti incaricati dell’insegnamento della religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti. Sono altresì indicati i titoli necessari per l’insegnamento, ma non le modalità del reclutamento che restano, quindi, disciplinate dalle disposizioni normative succedutesi nel tempo” (Cf. Corte di Cassazione, con la sentenza del 9 giugno 2022, n. 18698).
La Corte di Appello ha quindi precisato che “I docenti di religione, quindi, mantengono il requisito per l’insegnamento per mezzo della specifica autorizzazione della diocesi territoriale di cui alle norme di legge indicate. La peculiarità degli insegnanti di religione Cattolica risiede nella circostanza che essi, per insegnare debbono ottenere e mantenere nel tempo tale autorizzazione diocesana, la quale non deve essere revocata. Pertanto, nel respingere il ricorso introduttivo del giudizio, la sentenza di primo grado ha inteso ritenere definitivamente conclusa l’esperienza lavorativa dell’allora ricorrente, non tenendo conto delle specificità che caratterizzano gli insegnanti di religione cattolica, i quali, se in possesso dell’autorizzazione diocesana non revocata, come l’odierna appellante, debbono essere ritenuti idonei all’insegnamento al pari dei docenti di posto comune che sono inseriti nelle rispettive graduatorie provinciali, e quindi destinatari del diritto-dovere di formarsi con l’ausilio dei mezzi messi a disposizione dell’Amministrazione datrice di lavoro. A ciò aggiungasi, sotto distinto e concorrente profilo, che l’allora ricorrente in data … – e quindi ben prima della conclusione del rapporto di lavoro in data 31 agosto … – aveva inviato una specifica diffida all’Amministrazione intesa ad ottenere la corresponsione del beneficio economico per la sua formazione, non ricevendo riscontro. Nel momento in cui l’Amministrazione ha ricevuto la diffida e non ha inteso riscontrare la richiesta in un senso o nell’altro, si è registrato l’inadempimento dell’Amministrazione rispetto alle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia con la decisione di cui si è detto” (Cfr. Corte di Appello di Bologna, Lavoro, sent. 4 marzo 2024, n. 155).
Pertanto, è stato confermato il principio secondo il quale il requisito della permanenza del servizio – ai fini del riconoscimento del beneficio economico corrispondente alla carta del docente per la formazione dei docenti – risulta essere quello dell’inserimento nelle graduatorie provinciali, per i docenti precari di posto comune e, per gli insegnanti di religione cattolica, della autorizzazione non revocata della diocesi territoriale alla iscrizione del docente negli appositi elenchi delle rispettive diocesi, dai quali si attingono i docenti di religione cattolica.
In conclusione, il docente di posto comune che non risulti attualmente in servizio ma ancora inserito nel sistema delle graduatorie provinciali e di istituto o nelle liste provinciali delle diocesi, per quanto concerne i docenti di religione cattolica, ha diritto alla attribuzione della carta del docente per gli anni pregressi in cui ha insegnato con contratti di lavoro a tempo determinato.
Segni, 5 luglio 2024 Avv. Francesco Magnosi