Legge 104/1992 – Il diritto di precedenza spetta per l’assistenza dei parenti fino al terzo grado

Tribunale di Parma – Sentenza n. 54-2020 del 05.06.2020

La ricorrente ha presentato la domanda di mobilità per l’anno scolastico 2019/2020 per il trasferimento nella scuola primaria, senza potere inserire la precedenza spettantele, quale referente unica, per l’assistenza della nonna materna, con la quale convive stabilmente, ed alla quale è stata riconosciuta l’invalidità del 100% e lo stato di portatore di handicap grave (art. 3 comma 3), non revisionabile.

La ricorrente aveva rivendicato tale diritto di precedenza inserendo i relativi allegati nella domanda di mobilità telematica, a cui veniva allegata anche la domanda integrativa spedita per racc. a/r, visto che per la mobilità interprovinciale non è stata prevista da parte delle norme contrattuali di categoria la possibilità di usufruire di tale precedenza, né quindi di potere selezionare la relativa casella al momento della compilazione della relativa domanda telematica;

A nulla è servito il reclamo inoltrato per rivendicare tale diritto di precedenza.

È quindi palese la violazione dell’art. 33 – comma 5 della legge 104/92 che, infatti, relativamente alla scelta e al trasferimento della sede di lavoro, prevede particolari agevolazioni per il lavoratore che assiste un familiare portatore di grave handicap, ed in particolare, il diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e a non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede è riconosciuto:

  • al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

E’ necessario che il familiare da assistere: 

  • sia in possesso della certificazione di portatore di handicap in condizioni di gravità (art. 3 – comma 3 della legge 104/92) rilasciata dalla apposita commissione operante presso l’Azienda U.S.L. di residenza dell’interessato;
  • non sia ricoverato a tempo pieno.

Tali requisiti sono tutti sussistenti nel caso di specie, come si evince dalla documentazione allegata al presente ricorso.

Da evidenziare, inoltre, che con la recente ordinanza n. 6150/2019 del 01/03/2019 la Corte di cassazione rimarca il fatto che l’art. 19 della legge 53/2000 ha eliminato il requisito della convivenza con la persona da assistere, e che, con l’entrata in vigore della legge 183/2010, non sono più richiesti i requisiti di esclusività e continuità dell’assistenza, anche se entrambi tali requisiti sussistono nel caso in esame, come si evince dalla documentazione prodotta in atti.

La Corte di cassazione, inoltre, riprende l’orientamento fatto proprio in precedenti pronunce secondo cui il diritto di precedenza al trasferimento del lavoratore nella sede più vicina possibile al luogo di residenza del familiare da assistere, richiede un bilanciamento con altri diritti ed interessi del datore di lavoro, che “dovrà valorizzare le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore col solo limite di esigenze tecniche, organizzative e produttive, allegate e comprovate da parte datoriale, non solo effettive ma anche suscettibili di essere diversamente soddisfatte”.

Ed inoltre “la Corte di merito ha correttamente addossato alla società datrice di lavoro l’onere di dimostrare l’impossibilità di assegnare il dipendente alle sedi presso cui risultavano posti disponibili per lo svolgimento della mansioni di recapito”.

L’orientamento prevalente della giurisprudenza è quello secondo cui la clausola pattizia di cui all’art. 13 del CCNI mobilità, nel limitare il diritto di scelta prioritaria del dipendente, che assista con continuità un familiare entro il terzo grado in stato di handicap grave, alla sola mobilità annuale, escludendolo invece nella mobilità definitiva, deve ritenersi nulla, a norma dell’art. 1418 c.c., per contrasto con la norma imperativa di cui all’art. 33 co. 5 l. 5.2.1992 n. 104, e conseguentemente deve essere disapplicata, dovendo accordarsi la precedenza ai dipendenti tutelati da detta norma rispetto agli altri dipendenti in ciascuna fase delle procedure di trasferimento, con il solo limite, derivante dall’inciso “ove possibile” contenuto nella citata norma, della vacanza in organico e della materiale disponibilità del posto rivendicato.

Ed invero, per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, il diritto di scelta da parte del familiare del disabile della sede di lavoro più vicina al proprio domicilio non è assoluto e privo di condizioni, in quanto l’inciso “ove possibile” richiede un adeguato bilanciamento degli interessi in conflitto, con il recesso del diritto stesso ove risulti incompatibile con le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro, in quanto in tali casi – segnatamente per quanto attiene ai rapporti di lavoro pubblico – potrebbe determinarsi un danno per la collettività.

Ma nel caso di specie, rileva il Tribunale di Parma, confermando le tesi di parte ricorrente, l’amministrazione scolastica non ha fornito prova di esigenze economiche e organizzative incompatibili con il diritto garantito dall’art. 33 co. 5 della legge n. 104 del 1992.

Ed invero, il Ministero non ha provato l’indisponibilità di posti negli Istituti e negli Ambiti richiesti dalla ricorrente nella domanda, ma anzi la ricorrente ha documentalmente provato la sussistenza di siffatti posti disponibili presso l’ambito territoriale richiesto e la loro assegnazione a docenti che non fruiscono della precedenza ex art. 33 L. 104/92 che deve precedere ogni altro titolo valido per la mobilità.

Appurato che non sussistono nella specie le esigenze organizzative dell’amministrazione che potessero giustificare, data la perdurante vacanza e disponibilità di posti, una contrazione del diritto di precedenza riconosciuto dalla norma in commento, non si può ritenere legittima la violazione del divieto di derogabilità in peius.

Il contratto collettivo sopra richiamato prevede infatti, come riferito anche dal Miur, il diritto di precedenza per i docenti in servizio fuori la provincia di residenza e che devono assistere un familiare disabile solo per la mobilità annuale e non per quella definitiva che, come detto, viene riconosciuta soltanto alla mobilità all’interno della stessa provincia.

Senonchè la ricorrente non ha nemmeno ottenuto l’assegnazione provvisoria, per cui per potere continuare ad assistere la nonna disabile ha dovuto necessariamente usufruire del congedo.

Avv. Luciano Asaro