L’attivazione di una seconda lingua comunitaria in presenza di un’altra è soggetta a taluni vincoli normativi

 

La questione prende spunto da una recente Ordinanza del Tribunale di Fermo del 15 febbraio 2013, il primo caso giurisprudenziale in materia, che ha dichiarato, in via generale, l’illegittimità della attivazione di una nuova cattedra di seconda lingua comunitaria in un Istituto scolastico in cui era già presente un docente titolare di cattedra di altra seconda lingua.

L’Ordinanza in oggetto ha inteso, prima di tutto salvaguardare la titolarità della cattedra interna del docente già inserito in organico di diritto dall’eventuale pregiudizio di una sua trasformazione in cattedra orario esterna, affermando in modo del tutto apodittico il principio che non è possibile attivare una nuova seconda lingua comunitaria quando dalla sua attivazione può determinarsi un danno, attuale o futuro, alla titolarità della cattedra interna già esistente; il tutto tenendo in debita considerazione la normativa di riferimento.

La tematica in oggetto, riguardante in specie la tutela della titolarità delle cattedre di seconda lingua comunitaria già presenti nella scuola, è in primis normata dall’art.14, comma 2 del D.P.R. n.81 del 2009, avente ad oggetto “Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola”, che statuisce: “l’offerta dell’insegnamento della seconda lingua comunitaria tiene conto della presenza di docenti con contratto a tempo indeterminato nella scuola. Eventuali richieste di trasformazione delle cattedre della seconda lingua comunitaria possono essere accolte dagli uffici scolastici regionali nel caso in cui la cattedra risulti priva di titolare, non vi siano nella provincia docenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in attesa di sede definitiva, o in soprannumero, e, comunque, non si determinino situazioni di soprannumerarietà”.

Lo stralcio dell’art.14, qui sopra richiamato, pare abbia trovato il suo primo fondamento in una remota Ordinanza Ministeriale del 1997, la n.191 “Testo aggiornato dell’O.M. concernente la modalità di determinazione degli organici del personale docente delle scuole medie statali”, l’art.5 dell’Ordinanza batte proprio sull’impossibilità di poter trasformare una cattedra di seconda lingua comunitaria in presenza di un titolare; si legge infatti che “eventuali richieste di trasformazione delle cattedre di lingua straniera, adeguatamente motivate, potranno essere accolte dai competenti Provveditori agli Studi solo nel caso in cui la cattedra risulti priva di titolare e non vi siano nella provincia docenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in attesa di sede definitiva o soprannumerari e purché non si determinino comunque posizioni di soprannumerarietà”.

A suffragare tali disposizioni sono poi intervenute, nel corso del tempo le diverse circolari ministeriali sugli organici, quali ad esempio la C.M. n.18 del 4 luglio 2013, avente ad oggetto l’adeguamento degli organi di diritto alle situazioni di fatto per l’anno scolastico 2013/2014, così come i provvedimenti precedenti (Circolare Ministeriale n. 10 del 21 marzo 2013, avente ad oggetto “Dotazioni organiche di personale docente per l’anno scolastico 2013/2014”, Circolare Ministeriale n. 25 del 29 marzo 2012, avente ad oggetto “Dotazioni organiche di personale docente per l’anno scolastico 2012/2013” e Circolare Ministeriale n. 61 del 18 luglio 2012 avente ad oggetto “Anno scolastico 2012/2013 – Adeguamento degli organici di diritto alle situazioni di fatto”); le superiori disposizioni vanno tutte nella stessa direzione e sono tutte dello stesso tenore avendo una precisa ratio, che è quella di salvaguardare la titolarità della cattedra dei docenti in ruolo, già prevista negli organici. Peraltro nella sopracitata Ordinanza del Tribunale di Fermo viene sottolineato che scopo della normativa di riferimento è in sostanza quello di arginare “la rincorsa alle mode ed alle richieste delle famiglie per l’attivazione di nuove lingue”. Si aggiunga anche che la Circolare Ministeriale n.34 del 2014, avente ad oggetto “Dotazioni organiche del personale docente per l’anno scolastico 2014/2015”, ultimo provvedimento in ordine di tempo, riprende il contenuto delle precedenti, riconfermando che “l’offerta della seconda lingua comunitaria deve tener conto della presenza di docenti con contratto a tempo indeterminato nella scuola; eventuali richieste di trasformazione delle cattedre della seconda lingua comunitaria possono essere accolte dagli Uffici scolastici regionali qualora risultino prive di titolare, non comportino a regime la trasformazione della cattedre interna in cattedra esterna, non vi siano nella provincia docenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in attesa di sede definitiva o in soprannumero e, comunque, non si determinino situazioni di soprannumerarietà”.

Su un aspetto occorre insistere ossia su cosa si intenda con il termine trasformazione; il Tribunale di Fermo ha affermato che trattasi di mutamento di cattedra interna in COE (cattedra orario esterna) a seguito dell’attivazione di un’altra seconda lingua comunitaria.

Per comprendere appieno la questione è interessante soffermarsi sulla Circolare Ministeriale n.18 del 2013 ove testualmente viene ribadito che “l’offerta della seconda lingua comunitaria deve tener conto della presenza di docenti con contratto a tempo indeterminato nella scuola; eventuali richieste di trasformazione delle cattedre della seconda lingua comunitaria possono essere accolte dagli Uffici scolastici regionali qualora risultino prive di titolare, non comportino a regime la trasformazione delle cattedre interne in esterne, non vi siano nella provincia docenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in attesa di sede definitiva o in soprannumero e, comunque, non si determinino situazioni di soprannumerarietà, neanche in prospettiva”. E’ molto importante notare che sia la suddetta Circolare che la n.61 del 2012, insistono sul fatto che le situazioni di soprannumerarietà non devono potersi determinare neanche in prospettiva con ciò pertanto affermando l’assunto che è irrilevante l’attualità del pregiudizio essendo invece sufficiente, ai fini della violazione della normativa, anche la mera potenzialità dello stesso.

Stando alle disposizioni del D.P.R. n.81 del 2009 e all’estensore delle Circolari già citate, si esclude quindi la possibilità di attivazione di una nuova seconda lingua comunitaria, in presenza di un’altra, insistendo su tre aspetti inequivocabili:

  • presenza di un titolare : “eventuali richieste di trasformazione delle cattedre della seconda lingua comunitaria possono essere accolte dagli Uffici scolastici regionali qualora risultino prive di titolare”;
  • considerazione del fatto che a regime non si verifichi la trasformazione della prima cattedra di lingua comunitaria da interna a esterna : “non comportino a regime la trasformazione delle cattedre interne in esterne”;
  • in ultimo, divieto di creare situazioni di soprannumerarietà, neanche in prospettiva (C.M. n.18/2013).

Particolarmente pregnanti sono le locuzioni “a regime” e “neanche in prospettiva” poiché esse in qualche modo si equivalgono e completano a vicenda la ratio della normativa in questione. Infatti sia la prima che la seconda escludono la possibilità di dare per certo che in un tempo futuro, una volta cioè che la nuova cattedra di seconda lingua sia entrata a regime, non si verifichi una condizione di soprannumerarietà, la quale verrebbe così a ledere la cattedra interna di seconda lingua comunitaria già presente nell’Istituzione scolastica. Appare del tutto evidente come qui il legislatore abbia considerato il periculum futuro o potenziale avverso il quale la normativa è del tutto esplicita. Quest’ultima considera quindi palesemente sia il periculum attuale (come dimostrato dall’Ordinanza del Tribunale di Fermo) che quello futuro o in prospettiva appunto.

Da quanto sin qui esposto è chiaro che spesso i dirigenti scolastici, preposti alla determinazione degli organici, hanno poca considerazione per la categoria dell’alea futura, (compromissione di titolarità e situazioni di soprannumerarietà) preferendo di più allettare le famiglie in sede di iscrizione (anche se le scelte operate in tale sede non sono vincolanti ai fini della formazione delle classi) piuttosto che salvaguardare le posizioni giuridiche soggettive dei docenti titolari.

A questo punto non è ultroneo sottolineare che le richieste delle famiglie, su un punto così delicato, quale potrebbe essere la trasformazione di una cattedra, non sono per nulla vincolanti, a maggior ragione in presenza di titolari di seconda lingua comunitaria. Tuttavia, a volte, nelle scuole, accade esattamente il contrario. In questa direzione è infatti opinione diffusa che le famiglie possano condizionare l’offerta formativa della scuola e quindi anche la determinazione delle seconde lingue comunitarie attivabili. Non è così. Su questo punto l’art.14 del D.P.R. n.81 del 2009 è illuminante ed inequivocabile. A dire il vero a creare confusione su tale questione è stata la Nota 1383 del 25/06/04, avente ad oggetto l’insegnamento delle lingue straniere nella scuola secondaria di I grado, il cui retaggio normativo non è più valido.

Ripercorrendo infatti la Nota si capisce esplicitamente che, solo in quegli anni, l’inserimento a livello ordinamentale di due lingue comunitarie, (la seconda lingua comunitaria era stata introdotta dall’art.2, comma 1, lettera f) della legge n.53/03), comportava, in fase di individuazione della seconda lingua comunitaria da inserire nell’organico, di tenere conto delle richieste delle famiglie. Si legge infatti “considerato che, in conformità di quanto previsto dalle Indicazioni nazionali, l’insegnamento della lingua inglese diviene obbligatorio in tutte la prime classi, la seconda lingua comunitaria potrà essere individuata tra le lingue di più ampia diffusione; e ciò tenuto conto delle prevalenti richieste delle famiglie, delle risorse professionali disponibili in ciascuna istituzione scolastica, nonché delle esigenze che dovessero emergere nelle diverse realtà territoriali. Al presente, poiché le seconde lingue comunitarie individuate in quella fase di introduzione a livello ordinamentale, risultano ormai entrate a pieno titolo nell’organico di diritto, riconoscendosi quindi la presenza di titolari interni, le “richieste prevalenti delle famiglie” sono irrilevanti e si collocano in un secondo piano, essendo in primis fondamentale salvaguardare la titolarità interna. Questo a scanso di ogni equivoco, tanto che, attualmente, tale assunto è stato superato dall’art.14 comma 2 del D.P.R. n.81 del 2009.

Sin qui si è detto di taluni vincoli che si pongono all’attivazione di un’altra seconda lingua comunitaria, in presenza di una già esistente nell’organico; tuttavia si potrebbero verificare casi in cui tale attivazione sarebbe innescata in scuole ove ad essere titolari di seconda lingua comunitaria sarebbero non un solo docente ma più di uno e di diverse lingue comunitarie; la situazione si complicherebbe ancor di più se uno di questi docenti vantasse la titolarità su COE (cattedra orario esterna). E’ incontrovertibile che entrambe le fattispecie di titolarità interna ed esterna si posizionino su uno stesso piano giuridico e si riallaccino senza alcun dubbio di sorta al principio espresso nell’art.14 del D.P.R. 81/2009. I due docenti hanno pari diritto a vedersi garantita la salvaguardia della titolarità allo stesso modo e con i mezzi più idonei a prevenire ogni eventuale trasformazione. Anche in questa ipotesi, nella fase di determinazione degli organici, il dirigente scolastico non potrà considerare soltanto la salvaguardia della cattedra del docente interno collocato ad esempio il primo in graduatoria di Istituto od eventualmente dei due con COI. La tutela della titolarità spetta di diritto anche al docente con COE. Tutt’al più che a sostegno della COE interviene anche l’art.18 del Contratto Collettivo Nazionale Integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per l’a.s. 2014/2015, il quale verte proprio sulle “cattedre interne ed esterne”, affermando il principio che “il docente trasferito su cattedra costituita tra scuole diverse sarà tenuto a completare l’orario di insegnamento nella seconda delle due scuole ed anche nella terza eventuale scuola così come verrà indicato negli elenchi del personale trasferito. (…) Il docente dovrà intendersi titolare nella prima delle scuole indicate, per cui se si libererà o si costituirà una cattedra nella scuola di titolarità, l’interessato sarà automaticamente assorbito in tale scuola”.
Con ciò volendo affermare che la COE ha insito nella sua natura non il principio che essa sia “una sorta di condanna a vita” e della quale non bisogna avere considerazione in sede di determinazione degli organici e delle classi attivabili nelle due lingue presenti nella scuola, quanto piuttosto l’assunto che essa deve crescere, ove possibile, all’interno della medesima Istituzione scolastica in misura direttamente proporzionale alle altre cattedre. In effetti la ratio dell’estensore dell’art.18 vuole tutelare il diritto del docente con COE di ottenere, qualora sia realizzabile, un sua trasformazione in cattedra intera all’interno della sua istituzione nonché sede di titolarità.

In ultimo non è superfluo richiamare il principio espresso dall’art.14 del D.P.R. n.81 del 2009, che l’attivazione ex novo di altra seconda lingua comunitaria in aggiunta a quella/e già esistente/i e di riflesso la determinazione delle classi deve sempre tener conto della presenza dei docenti titolari interni. E’ indifferente che tali cattedre siano interne od esterne perché vale comunque sempre ed in ogni caso la salvaguardia della titolarità. Di quanto sin qui sostenuto, a farsene debitamente carico, dovrebbero essere più che i dirigenti scolastici, molte volte allettati dal surplus di alunni, gli Uffici Scolastici Regionali, i quali sono chiamati ad essere i garanti della legittimità dell’operato degli Ambiti Territoriali. Questo, in particolar modo, al fine di evitare contenziosi nonché danni erariali all’Amministrazione Centrale.

Katjuscia Pitino