L’applicazione della legge n. 104-92 nelle procedure di mobilità

Corte di Cassazione n. 585/2016

CCNI mobilità. Precedenza ex l. n.104/1992. Bilanciamento degli interessi. Graduazione delle precedenze a seconda delle categorie di menomazione. Legittimità.

Corte di Cassazione n. 6150/2019

Contratto integrativo mobilità. Precedenza ex l. n.104/1992. Bilanciamento degli interessi. Necessità di allegazione da parte datoriale delle comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive non suscettibili di essere diversamente soddisfatte. Sussistenza.

Applicabilità del diritto di scelta della sede ex l. n.104/1992 anche nelle procedure di trasferimento. Sussistenza.

*       *       *       *       *

Le sentenze in commento – pur non inerenti nello specifico al comparto scuola [1]– affrontano tuttavia una problematica piuttosto ricorrente nel vasto contenzioso sviluppatosi con riferimento alle procedure di mobilità, soprattutto dopo l’entrata in vigore della l. n. 107/2015.

Com’è noto, il CCNI sulla mobilità non riconosce a tutti i soggetti che assistono con continuità un familiare portatore di handicap la precedenza nella scelta della sede nelle procedure di mobilità.

La giurisprudenza si è interrogata e si interroga sulla compatibilità delle clausole contrattuali con  le disposizioni di cui all’art.33, l. n.104/1992.

Com’è noto, l’art. 33, comma 5, l.cit., prevede:

Il lavoratore di cui al comma 3 [dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti- N.d.R.] ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.

Il CCNI sulla mobilità del comparto scuola -nelle sue varie versioni succedutesi negli ultimi anni -prevede la precedenza in favore unicamente del soggetto disabile, dei genitori anche adottivi del soggetto disabile, del coniuge, ovvero del solo figlio “referente unico”[2].

Si aggiunga che – in modo alquanto discutibile- la precedenza in favore del figlio viene riconosciuta solo all’interno della provincia e non nella mobilità interprovinciale[3].

Per gli altri familiari (parenti o affini fino al terzo grado) è prevista unicamente la precedenza per le operazioni di durata annuale (assegnazioni provvisorie).

Tale declinazione piuttosto cervellotica delle agevolazioni previste dalla legge 104 appare difficilmente giustificabile, tanto più che il Testo Unico della Scuola (D.Lgs. n.297/1994) prevede esplicitamente all’art. 601 l’applicazione al personale scolastico degli articoli 21 e 33 della citata legge, con espressa precisazione che ciò comporta “la precedenza all’atto della nomina in ruolo, dell’assunzione non di ruolo e in sede di mobilità”.

In questo quadro, era facilmente prevedibile lo sviluppo di un vasto contenzioso sul tema.

La giurisprudenza di merito si è espressa largamente in senso favorevole, con alcune eccezioni (tra queste, Trib. Milano, 14 febbraio 2019, su “Il lavoro nella giurisprudenza”, n.4/2019, 425; Trib. Pescara, n. 502/2018, inedita).

Nelle pronunce da ultimo citate, da un lato si è valorizzato l’inciso “ove possibile”, dall’altro si è ritenuta condivisibile una graduazione  delle agevolazioni in base al rapporto familiare più o meno stretto.

E’ su questa linea che si colloca la sentenza n. 585/2016, con cui la Corte di Cassazione ha appunto ritenuto legittima tale “graduazione” delle agevolazioni nell’ambito del principio del bilanciamento degli interessi e sulla base della considerazione  che in favore degli altri familiari (non beneficiari della precedenza) era riconosciuto nel contratto de quo un punteggio aggiuntivo ai fini della mobilità che “consenta una posizione potiore in graduatoria”.

A tale interpretazione fa da contraltare la citata sentenza n.6150/2019.

Con tale sentenza la Corte di Cassazione ha ritenuto:

Ferma la qualificazione come “diritto” della posizione soggettiva del lavoratore nella scelta della sede di lavoro più vicina al familiare da assistere, e in tal senso si esprime l’art. 33, comma 5 cit., non vi è dubbio che tale diritto non sia incondizionato (come reso evidente dall’inciso “ove possibile” contenuto nella norma) ma debba essere oggetto di un bilanciamento con altri diritti e interessi del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 41 Cost.; tale bilanciamento, come già statuito da questa Corte (Cass. n. 24015 del 2017; n. 25379 del 2016; n. 9201 del 2012), dovrà valorizzare le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore col solo limite di esigenze tecniche, organizzative e produttive, allegate e comprovate da parte datoriale, non solo effettive ma anche non suscettibili di essere diversamente soddisfatte”.

Nella stessa sentenza viene poi affermato:“L’art. 33, comma 5 disciplina uno strumento indiretto di tutela in favore delle persone in condizione di handicap, attraverso l’agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede ove svolgere l’attività affinché quest’ultima risulti il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza;  circoscrivere l’agevolazione in favore dei familiari della persona disabile al solo momento della scelta iniziale della sede di lavoro, come preteso dalla società ricorrente, equivarrebbe a tagliare fuori dall’ambito di tutela tutti i casi di sopravvenute esigenze di assistenza, in modo del tutto irrazionale e con compromissione dei beni fondamentali richiamati nelle pronunce della Corte Costituzionale sopra citate “.

Questa Corte (Cass. n. 28320 del 2010; n. n. 3896 del 2009), in riferimento all’art. 33, comma 5, L. n.104 del 1992, nel testo anteriore alle modifiche di cui alla L. n. 53 del 2000, ha statuito come la norma di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 5, sul diritto del genitore o familiare lavoratore “che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato” di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, è applicabile non solo all’inizio del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede ove viene svolta l’attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto mediante domanda di trasferimento. La ratio della norma è infatti quella di favorire l’assistenza al parente o affine handicappato, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all’epoca dell’inizio del rapporto stesso; tale interpretazione si impone, a maggior ragione, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 53 del 2000, che ha eliminato il requisito della convivenza tra il lavoratore e il familiare handicappato, e poi con l’art. 24 della L. n. 183 del 2010 che, intervenendo sull’art. 20, comma 1, della L. n. 53 del 2000, ha eliminato i requisiti della “continuità ed esclusività” dell’assistenza”.

*       *       *       *       *

Le diverse soluzioni cui è pervenuta la Corte di legittimità impongono qualche riflessione.

In effetti, la legge n.104/1992 non prevede alcuna “graduatoria” tra i soggetti che prestano assistenza al familiare disabile, in considerazione del fatto che ciò che rileva è la circostanza che il soggetto che presta l’assistenza è l’unico familiare in grado di farlo, vuoi per mancanza di altri familiari, vuoi perché i medesimi non possono prestare l’assistenza stessa (si pensi al caso del soggetto invalido, con due figli di cui uno domiciliato a centinaia di chilometri).

La ratio della l. n. 104/1992 non è dunque quella di stabilire una gerarchia sulla base del rapporto di parentela, ma di consentire a quel familiare che presta l’assistenza di essere vicino al soggetto disabile.

In effetti, le disposizioni contenute nel CCNI sulla mobilità del comparto scuola contengono una discriminazione tra i soggetti che prestano l’assistenza al familiare disabile, attribuendo una precedenza ad alcuni e negandola ad altri, sulla base del rapporto di parentela e finendo così per limitare, se non negare, quei diritti garantiti dalla citata l.n. 104/1992, a tutela in primo luogo del soggetto disabile.

E’ appena il caso di ricordare che le disposizioni contenute nella citata legge sono dirette a tutelare diritti di rilevanza costituzionale, quali quelli sottesi al diritto alla salute, alla solidarietà sociale e alla tutela dei disabili, discendenti dalle disposizioni di cui agli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.

Peraltro, come supra ricordato, i principi contenuti nell’art. 33, l. n. 104/1992 vanno certamente applicati al comparto scuola, in quanto richiamati dall’art. 601 D. Lgs. n. 297/1994, che prevede espressamente l’applicazione degli articoli 21 e 33 della legge quadro 5 febbraio 1992 n. 104 al personale della scuola , sia ai fini della nomina in ruolo, sia ai fini della mobilità.

Occorre inoltre considerare che subordinare diritti costituzionalmente rilevanti – quali quelli sottesi al diritto alla salute, alla solidarietà sociale, alla tutela dei disabili -ad esigenze organizzative dell’istituzione scolastica, pur essendo astrattamente condivisibile, porterebbe in realtà ad un eccessivo sbilanciamento degli interessi, dando un’eccessiva preponderanza a quelli organizzativi del datore di lavoro rispetto a quelli, attinenti alla persona (e discendenti dalle disposizioni costituzionali ex artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.) propri del lavoratore che assiste il familiare disabile in situazione di gravità.

In questo senso, va condivisa la scelta operata da Cass. n.6150/2019 che -al fine dell’equo bilanciamento di interessi -ha ritenuto la necessità da parte datoriale non solo di allegare e comprovare le “esigenze tecniche, organizzative e produttive”, ma di dimostrare che tali esigenze siano effettive e non suscettibili di essere diversamente soddisfatte”.

                                                                   Avv. Francesco Orecchioni

 

[1] La prima riguarda il contratto dei conservatori, la seconda il settore delle Poste.

[2] In via eccezionale, viene la precedenza in favore di fratelli o sorelle conviventi, qualora i genitori siano impossibilitati a prestare assistenza in quanto totalmente inabili.

[3] Sarebbe più logico infatti -oltre che consentire al figlio che già lavora in provincia – permettere a maggior ragione al figlio lontano di poter lavorare almeno all’interno della provincia, dove risiede il genitore disabile.