Di Davide Gambetta, giudice arbitrale CESCOND, direttore dello Sportello sui diritti dello studente (sportellosuidiritti.altervista.org).
Sommario. 1 – Premesse sistematiche, 2 – Accenni ai principi generali in tema di “sanzioni disciplinari”. 3 – L’allontanamento dalla comunità scolastica: nozione e competenza.
1 – Premesse sistematiche. Il tema delle “sanzioni disciplinari” comminate agli studenti in ambito scolastico si è confermato nel corso degli anni come nodo nevralgico di indiscusso interesse.
Per approcciarsi consapevolmente all’argomento è necessario passare preliminarmente in rassegna il testo normativo imprescindibile in materia di diritti degli studenti: il D.P.R. 294/98 (c.d. “Statuto delle studentesse e degli studenti”) integrato e modificato dal successivo D.P.R. 235/07. Il Decreto ha una portata “generalissima” e si limita a definire una cornice di principi cardine, astenendosi da una disciplina di dettaglio. Per quanto attiene allo specifico tema delle sanzioni disciplinari, il MIUR si è opportunamente profuso in una circolare (la 3602 del 2008), emanata a seguito dell’esplosione statistica del fenomeno del bullismo e del diffondersi di un dilagante disinteresse per il “rispetto delle regole” nelle istituzioni scolastiche.
Chi scrive ha discusso in molteplici altre sedi della portata “garantista” dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse, rimarcando i diritti sanciti nell’art. 2. Eppure, e non se ne è mai fatto mistero, lo Statuto non si limita ad approntare tutele, ma si dedica anche a specificare i “doveri” che costituiscono il precipitato necessario ed il “contrappeso” dei diritti. È l’art. 3 del D.P.R. a definirli, norma che ogni studente dovrebbe considerare sinotticamente al citato art. 2, per comprendere quanto raffinato sia l’equilibrio su cui posa una “scuola virtuosa”. Occorre svolgere una riflessione preliminare di non trascurabile momento: lo Statuto è riferito ad una cerchia tendenzialmente non universale di destinatari: gli studenti della Scuola Secondaria di primo e secondo grado. Ne restano quindi esclusi gli alunni delle scuole elementari, per i quali vige un panorama eterogeneo di precetti normativi tra i quali un risalente e mai obliato Regio Decreto del 1928.
2 – Accenni ai principi generali in tema di “sanzioni disciplinari. La modifica dello Statuto intervenuta nel primo decennio del nuovo millennio ha inciso profondamente sugli obblighi delle istituzioni scolastiche in tema di provvedimenti disciplinari: ha infatti introdotto un nuovo corpus di sanzioni “tipiche”.
Il nuovo schema è stato realizzato per essere inglobato dai regolamenti dei singoli istituti, assorbimento che non ha tardato a concretizzarsi capillarmente. Per quanto invece attiene al diverso piano delle condotte sanzionabili, la circolare citata non manca di investire i singoli istituti del compito di tipizzazione e “codificazione” nel regolamento. Le istituzioni scolastiche sono persino esplicitamente dissuase dal riferirsi genericamente ai doveri degli studenti sanciti nel più volte ricordato Statuto: ogni istituto dovrebbe quindi, in linea teorica, catalogare le violazioni possibili esplicitamente ed esaurientemente. Consegna che, nella prassi, è rimasta parzialmente inevasa (o, meglio, è stata evasa con meno zelo di quanto ne meritasse). Nell’economia della presente analisi la nostra attenzione si focalizzerà particolarmente sulla competenza irrogatoria: quali sono gli organi abilitati dalla normativa a comminare le sanzioni disciplinari ?
3 – L’allontanamento dalla comunità scolastica, nozione e competenza. La competenza non è definita univocamente dalla disciplina: è necessario stratificare le sanzioni per tipologie omogenee da indagare distintamente. Il primo gruppo comprende le sanzioni che non prevedono l’allontanamento dalla comunità scolastica, ad esempio la “nota disciplinare”. In riferimento a queste la competenza è individuata dal Regolamento d`Istituto. Solitamente è competente persino il singolo docente, ma questa attribuzione può essere messa in discussione più spesso di quanto pensi il lettore inesperto. Quindi, già di per sé affermare che il docente può “mettere la nota” non è perfettamente esatto: le sanzioni “non sospensive” possono essere comminate dagli organi individuati dal Regolamento d’Istituto. Non è scontato che il Regolamento lo riconosca.
Un caso diverso riguarda invece la “sospensione” che, s’intende, comporta una disgiunzione dello studente dalla frequenza delle lezioni per un periodo di tempo più o meno esteso. La circolare ministeriale del 2008 in tema di sanzioni disciplinari, nel solco del D.P.R. 235/2007, raffronta tale sanzione ad una condotta il cui disvalore disciplinare sia decisamente significativo. Niente sospensioni avventate, in sostanza. E` implicito ma non tralasciabile che l`interruzione patologica della partecipazione alle attività didattiche è davvero una contromisura seria, alla quale si deve pervenire unicamente dopo attente ponderazioni. E qui veniamo al punto in cui la prassi diverge spesso dal modello normativo. Divergenza che non trova giustificazione e che contamina la validità della sanzione. La sospensione non può essere comminata dal docente, ma è riservata al Consiglio di Classe. Il Regolamento d’istituto non può alterare questa attribuzione, devolvendo una “punizione” così significativa al singolo professore. Il Legislatore confida che, in sede di Consiglio di Classe, si abbia l’occasione di valutare attentamente ogni circostanza e si stemperi l’impeto “punitivo” del singolo. Per quanto la normativa non si profonda in dettagli, si ritiene ragionevole che lo studente possa essere ascoltato dal Consiglio prima delle determinazioni sulla sanzione. Questo rudimentale “diritto di difesa” renderebbe ancor più solido il compendio probatorio sulla base del quale l’organo emetterà la decisione. Si comminerà la sospensione se la condotta tenuta dallo studente è davvero indicativa di un significativo disinteresse per il rispetto delle regole. Nel caso in cui, in violazione di tale attribuzione normativa, sia il singolo docente ad infliggere la sospensione, la sanzione è nulla per “incompetenza”. Lo studente potrà rivolgersi, in questo caso, al Dirigente Scolastico od al Consiglio di Classe per ulteriori chiarimenti. La via “formale” per ottenere una riconsiderazione della sanzione passa invece per il cosiddetto “organo di garanzia”, una particolare commissione istituita a livello scolastico (con una seconda istanza a livello regionale) che potrà assumere i provvedimenti opportuni.
A margine, per tutta la durata della sospensione, la scuola deve curare attivamente il mantenimento di una comunicazione costante con i genitori e lo studente, al fine di rendere fisiologico il reinserimento.
La sospensione può avere durata massima di 15 giorni, limite superabile unicamente in caso siano soddisfatti alcuni requisiti esplicitamente precisati nella circolare. Della sospensione per un lasso temporale superiore chi scrive intende occuparsi in futuri scritti, ma ritiene di poter accennare ad un profilo importante: la competenza sfuggirà al Consiglio di Classe e si riallocherà all’organo di vertice dell’istituzione scolastica, il Consiglio di Istituto.
In sintesi
- Le sanzioni che non comportano l’allontanamento dalla comunità scolastica possono essere comminate da tutti gli organi indicati nel Regolamento di Istituto, tra i quali è solitamente (ma non universalmente) annoverato anche il singolo docente.
- Se la sanzione comprende invece l’allontanamento dalla comunità, l’organo competente è il Consiglio di Classe.
- Il limite alla “sospensione” comminabile dal Consiglio di Classe è di 15 giorni. Nel caso si voglia allontanare lo studente per un periodo superiore dovrà provvedere il Consiglio di Istituto.
- È nulla la sanzione emanata da un organo incompetente, ad esempio la sospensione comminata da un docente. Tale nullità potrà esser proposta innanzi all’ “organo di garanzia” e, nei casi più gravi, contestata nelle sedi giudiziarie.