Tribunale di Perugia – Ordinanza del 15 gennaio 2013
La legge n. 92/2012, altrimenti nota come “Legge Fornero”, ha introdotto una nuova disciplina sostanziale relativa ai rimedi per i licenziamenti illegittimi precedentemente assistiti da tutela reale (modificando strutturalmente l’art. 18 della legge 300/1970), e ha altresì ideato (cfr. art. 1, commi 47 e seguenti) un rito speciale per l’impugnazione giudiziale, costituito da una fase a cognizione sommaria e da una eventuale fase successiva a cognizione piena.
La riforma, nel suo complesso, non brilla certo per chiarezza e semplicità; per tentare di dipanare i molteplici dubbi fin da subito evidenziati dagli interpreti, alcuni Tribunali hanno pubblicato linee-guida in materia, ovvero hanno comunque reso noto il proprio orientamento sulle varie problematiche connesse alla nuova disciplina; orientamenti che, ben lungi dall’essere comuni e condivisi in tutta Italia, hanno quanto meno il merito di alimentare il dibattito tra gli operatori del diritto e di fornire un primo ausilio interpretativo, nella speranza, poi, che il legislatore intervenga nuovamente per dipanare le questioni più problematiche.
Una di queste riguarda proprio un argomento di enorme importanza per i lavoratori della scuola, e cioè l’applicabilità della legge 92/2012 – e dunque della nuova versione dell’art. 18 della legge 300/1970, nonché del nuovo rito processuale – ai rapporti di pubblico impiego.
L’applicabilità dell’art. 18 della legge 300/70 al pubblico impiego era (ed è) sancita dall’art. 51, comma 2, del d. lgs. 165/2001 (Testo Unico del Pubblico Impiego), il quale stabilisce che “La legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti”.
Tale norma, non toccata in alcun modo dalla riforma Fornero, opera un rinvio mobile allo Statuto dei Lavoratori, che deve intendersi, secondo interpretazione assolutamente prevalente, richiamato nella sua formulazione ratione temporis vigente (…“successive modificazioni ed integrazioni”).
Tuttavia, la legge 92/2012 contiene al suo art. 1, commi 7 e 8, una disposizione programmatica che pare manifestare l’intenzione del legislatore di approvare, in un futuro (prossimo?), norme specifiche per la disciplina dei rapporti di pubblico impiego privatizzato, che tengano conto dei principi espressi dalla stessa legge 92/2012, seppure attraverso la concertazione con le organizzazioni sindacali: “7. Le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo I, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Restano ferme le previsioni di cui all’articolo 3 del medesimo decreto legislativo. 8. Al fine dell’applicazione del comma 7 il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche”.
Tale disposizione ha pertanto fatto dubitare parte della dottrina (e, per quanto è dato sapere, anche alcuni Giudici) che la nuova disciplina – sia sostanziale che processuale – sia in realtà applicabile al pubblico impiego.
Nella pronuncia in esame, il Tribunale di Perugia in composizione collegiale ha preso posizione in senso affermativo sulla questione, motivando in tal senso che “l’articolo 18 era norma che per effetto del combinato disposto dell’art. 51 decreto lgs 165/2001 disciplinava direttamente il pubblico impiego. O, altrimenti, può dirsi che il comma 42-art. 1 Legge 92/2012, modificando l’art. 18, ha modificato direttamente lo statuto del pubblico impiego e che quindi la riserva dei commi 7 e 8 – generale, a fronte della specialità del comma 42 – , vale solo in relazione ai punti in cui la legge stessa modifica o innova norme non già in vigore per lo stesso (in particolare al compendio delle innovazioni inerenti i contratti, la mobilità etc.). Del resto, accedendo alla tesi che vuole il nuovo art. 18 legge 300/1970 non applicabile al pubblico impiego, si violerebbe l’art. 51 comma 2 decreto lgs 165/2001, secondo il quale tale settore è disciplinato dalla legge 300/1970 come via via modificata”.
Restiamo dunque in attesa della pubblicazione di ulteriori pronunce sulla materia, in modo tale da verificare – in mancanza di interventi chiarificatori del legislatore – la sussistenza di un indirizzo giurisprudenziale che vada a consolidarsi.