Avvocato e Giornalista Pubblicista
Il TAR della Campania (sezione di Napoli) con la sentenza nr. 787 depositata lo scorso 7 febbraio, nel rigettare il ricorso proposto da un aspirante dirigente scolastico contro la mancata ammissione alle prove orali, ha evidenziato come una relazione tecnica di parte sulla preparazione del candidato non può interferire con le risultanze dell’operato della commissione esaminatrice.
In tema di controllo giurisdizionale sugli atti della procedura concorsuale è infatti, pacifico in giurisprudenza che il giudizio espresso dalla commissione esaminatrice sia incensurabile, salvo che lo stesso, non presenti situazioni di abnormità in materia di ragionevolezza e travisamento e/o infedele ricostruzione delle singole tappe che scandiscono la procedura selettiva medesima.
Le valutazioni espresse dalla commissione giudicatrice godono infatti del regime di insindacabilità previsto per la c.d. “discrezionalità tecnica” che, nell’ambito di un pubblico concorso, va intesa come il potere della Pubblica Amministrazione di informare le proprie scelte organizzative a criteri funzionalmente riferibili all’area di competenza cui si rivolge la selezione concorsuale medesima.
Il limite dell’’accennata insindacabilità è dato dall’eventuale sussistenza del c.d. vizio logico-giuridico dell’ “eccesso di potere” che si traduce in forme quali: la contraddittorietà manifesta, il difetto di istruttoria, la palese disparità di trattamento;
fattispecie, tutte sintomatiche di una ponderazione degli interessi coinvolti nella procedura concorsuale, che si discosta dal paradigma legale sancito nei principi costituzionali dell’imparzialità e buon andamento dell’attività amministrativa.
Naturalmente, tale aspetto patologico del “facere” della Commissione Giudicatrice non si ravvisa, allorchè, si pretenda di comparare la posizione singola di un candidato non ammesso alle prove orali, rispetto ad un numero limitato di situazioni apparentemente segnate da metri di valutazione difformi e/o parziali;
invero, il giudizio di illogicità dell’attività valutativa della Pubblica Amministrazione va riferito alla totalità degli elaborati scritti.
L’intangibilità dell’operato della commissione esaminatrice sotto il profilo tecnico-valutativo, rimane tale, anche in presenza di un parere pro-veritate richiesto “ex-post” ossia successivamente, dal candidato non ammesso e diretto a confutare il predetto giudizio proprio sotto il profilo della bontà tecnica.
La relazione tecnica di parte, concernente la preparazione del candidato, non è infatti idonea ad assumere lo stesso valore dell’elaborato d’esame inteso come atto “irripetibile”, stante il particolare contesto in cui viene svolto, caratterizzato da elementi valutativi quali: il complessivo andamento delle prove d’esame effettuate da tutti i candidati e soprattutto l’anonimato degli elaborati.
Sempre nell’ambito delle censure avverso il “modus operandi” della commissione d’esame, priva di rilevanza è anche la questione del tempo medio di correzione degli elaborati cui sarebbe riconducibile un errore di valutazione derivante dalla maggiore o minore considerazione riservata a ciascun candidato.
I giudici amministrativi partenopei, richiamando infatti nella sentenza in commento, alcuni precedenti giurisprudenziali (Consiglio di Stato, sent. n. 2182/2007; n. 5406/2009; n. 5725/2009; nr. 5724/2010; TAR Napoli, ossia la n. 30/2010) hanno ribadito innanzi tutto, l’inesistenza di una norma di legge diretta a predeterminare nell’ambito delle pubbliche selezioni concorsuali la durata delle operazioni di correzione e soprattutto, sul piano sostanziale, hanno sottolineato l’irrilevanza del requisito temporale ai fini di una attività valutativa immune da vizi di legittimità, stante le specifiche competenze professionali di cui sono dotati i commissari, in grado di procedere alla rapida valutazione degli elaborati stessi.