La realizzazione del servizio di istruzione domiciliare, da non confondere con la Scuola in Ospedale, presenta un iter piuttosto complesso tale da richiedere da parte di ogni istituzione scolastica un’attenta pianificazione organizzativa ed amministrativa.
La finalità perentoria dell’istruzione a domicilio è la garanzia del diritto allo studio degli alunni, che a causa di una malattia o di tempi più o meno lunghi di degenza a casa, sono impossibilitati alla frequenza scolastica. Va premesso subito che la mancata attivazione o perlomeno previsione del servizio dell’istruzione domiciliare da parte della scuola potrebbe paradossalmente definirsi come una forma di dispersione scolastica indotta.
Il rifiuto di assolvere a tale compito istituzionale può infatti annoverarsi come una grave lesione dei diritti costituzionalmente garantiti, specie se all’alunno in questione è riconosciuta una disabilità certificata ai sensi della Legge n.104 del 1992; ricordiamo che l’art.38 comma 3 della Costituzione riconosce che “gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale” mentre il comma 9 dell’art.12 della legge succitata stabilisce che “ai minori handicappati soggetti all’obbligo scolastico, temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola, sono comunque garantite l’educazione e l’istruzione scolastica”, quindi non vi è dubbio che il diritto all’istruzione degli alunni, qualora questi ultimi versino in condizioni ostative alla frequenza, debba in assoluto essere garantito.
In ambito scolastico, i dispositivi per l’effettivo avviamento del servizio di istruzione domiciliare, sono annualmente definiti all’interno di circolari ministeriali che richiamano prassi e consuetudini da seguire. Tuttavia un riferimento imprescindibile, per la regolazione e la fattiva realizzazione del servizio resta il Vademecum per l’istruzione domiciliare del 2003, documento che indica soprattutto gli aspetti gestionali ed amministrativi da espletare, nel caso in cui vi sia una richiesta espressa dalle famiglie o che la scuola voglia inserire nel propria progettazione educativo-didattica anche il servizio di istruzione domiciliare per quegli alunni che, a causa di gravi patologie, potrebbero necessitare di una degenza, tale da impedirne fisicamente la frequenza scolastica. Entrano in gioco quindi non solo il diritto all’educazione e all’istruzione ma anche la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, così come sancito nell’art.117, lett. m) del Titolo V della Costituzione nonché il rispetto delle pari opportunità regolate all’interno della Legge quadro dell’8 novembre 2000 n.328 per la realizzazione del sistema integrato di intervento e servizi sociali.
Il Vademecum del 2003 è illuminante sugli aspetti sostanziali ed oggettivi che permettono la possibilità di erogare il servizio di istruzione domiciliare, senza che vi possa essere reticenza alcuna da parte dell’istituzione scolastica. Prima di tutto perché esplicita quali siano le patologie effettive, di fronte alle quali il servizio diventa una necessità tangibile per l’alunno e non sia possibile in alcun modo recedere, ignorando del tutto l’evento gravoso della malattia o della terapia invalidante che, seppur temporanea, impedisce la fruizione del diritto all’educazione e all’istruzione; in secondo luogo perché il documento richiamato precisa l’ambito di intervento e quali debbano essere gli atti formali da adempiere per la gestione del servizio.
La Circolare Ministeriale n.60 del 16/07/2012, nota prot. n. 4439: “Scuola in ospedale e istruzione domiciliare: Indicazioni operative per la progettazione dei percorsi di scuola in ospedale e a domicilio per alunni temporaneamente malati” a proposito di istruzione domiciliare sottolinea che “in casi di necessità e per periodi temporanei, al fine di evitare che prolungate assenze per malattie possano pregiudicare l’esito finale dell’anno scolastico, e considerato, altresì, il positivo impatto psicologico che la scuola ha sul percorso terapeutico del minore malato, è consentito il ricorso all’istruzione domiciliare, secondo i criteri e le indicazioni riportati nel “Vademecum per l’istruzione domiciliare”, che continua ad essere il riferimento per la procedura da attivare”. La questione resta sempre disciplinata da detto Vademecum che diventa strumento orientativo delle scuole, anche se, oltre all’indicazione delle patologie che permettono di leggere chiaramente in quali condizioni il servizio di istruzione domiciliare diventi un diritto, nel documento viene altresì specificato che “il servizio di istruzione domiciliare può essere erogato nei confronti di alunni, iscritti a scuole di ogni ordine e grado, i quali, già ospedalizzati a causa di gravi patologie, siano sottoposti a terapie domiciliari che impediscono la frequenza della scuola per un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni. Il servizio in questione può essere erogato anche nel caso in cui il periodo temporale, comunque non inferiore a 30 giorni, non sia continuativo, qualora siano previsti cicli di cura ospedaliera alternati a cicli di cura domiciliare oppure siano previsti ed autorizzati dalla struttura sanitaria eventuali rientri a scuola durante i periodi di cura domiciliare” e che gli organi competenti alla gestione del servizio sono gli Uffici Scolastici Regionali ai quali le scuole possono rivolgersi per ottenere le risorse necessarie.
Vengono anche indicate le procedure da seguire al fine di attivare l’istruzione domiciliare: “la scuola interessata dovrà elaborare un progetto di offerta formativa nei confronti dell’alunno impedito alla frequenza scolastica, con l’indicazione del numero dei docenti coinvolti e delle ore di lezione previste. Il progetto dovrà essere approvato dal collegio dei docenti e dal consiglio d’Istituto, in apposite sedute d’urgenza previste dal dirigente scolastico, ed inserito nel POF. La richiesta, con allegata certificazione sanitaria, e il progetto elaborato verranno presentati al competente Ufficio Scolastico Regionale che procederà alla valutazione della documentazione presentata, ai fini dell’approvazione e della successiva assegnazione delle risorse. Poiché potrebbero essere più d’una le richieste avanzate e non tutte presentate all’inizio dell’anno scolastico, le Direzioni Generali Regionali procederanno, eventualmente attraverso un’apposita commissione di valutazione, ad elaborare un elenco di priorità degli interventi, anche in considerazione delle risorse finanziarie disponibili”.
Tra gli adempimenti prioritari spicca l’inserimento dell’istruzione domiciliare all’interno del Piano dell’offerta formativa, peraltro la stessa circolare n.60 del 2012 è foriera di tale assunto nella parte in cui afferma che “l’istruzione domiciliare deve diventare parte dell’offerta formativa della scuola, che l’eventuale progetto di istruzione domiciliare non è cosa altra rispetto al piano formativo della classe, ma costituisce una forma di flessibilizzazione per adattarlo alla temporanea condizione fisica dell’alunno homebound. Questa sottolineatura è importante perché il docente a domicilio si consideri mediatore tra la classe e l’alunno, nonché il necessario “ponte” tra la casa ove l’alunno è isolato e la classe e la comunità tutta. Altra condizione da sostenere e disseminare è l’inserimento nel POF del servizio di istruzione domiciliare e l’accantonamento per tale eventuale progetto di una somma percentuale del fondo d’istituto di ogni scuola. Tale fondo può essere utile anche per la realizzazione di attività scolastiche “a domicilio” per eventuali altri alunni non rientranti nei criteri classici dell’istruzione domiciliare.” Riguardo a quest’ultimo aspetto sembra del tutto evidente che la scuola non possa avanzare alcun rifiuto di fronte alla richiesta di istruzione domiciliare da parte della famiglia, tutt’al più che oggi si parla di scuola inclusiva e di Bisogni Educativi Speciali. Dovrà quindi esserci un modo per arginare il pericolo che tale peculiare e fondamentale istruzione non venga sottovalutata e sia considerata alla stregua degli altri bisogni educativi speciali.
Katjuscia Pitino