Le funzioni strumentali previste dalla vigente normativa contrattuale non devono essere confuse con le funzioni obiettivo che caratterizzarono la prima fase dell’autonomia scolastica. I criteri di scelta dettati per le funzioni obiettivo nel periodo contrattuale 1998-2001 (CCNI firmato il 31 agosto 1999) erano molto diversi da quelli successivamente adottati per l’individuazione e l’assegnazione delle ordinarie funzioni strumentali (CCNL firmato il 24 luglio 2003), di conseguenza le interpretazioni giurisprudenziali riferite all’assegnazione delle funzioni obiettivo, anche se pronunciate in tempi successivi, non possono essere trasposte sic et simpliciter sulle funzioni strumentali ignorando le sottostanti modifiche normative. Nello specifico la sentenza di Cassazione n.15618 del 15 luglio 2011, nonché i richiami in essa contenuti a pronunce del Consiglio di Stato, riguardavano una controversia insorta nell’anno 2000 riferita ad assegnazione di funzioni obiettivo. Le argomentazioni della Suprema Corte tratte dalla citata pronuncia attengono quindi alla procedura paraconcorsuale definita dalle norme contrattuali del 1999, una procedura non più richiesta per le attuali funzioni strumentali.
Tra funzioni obiettivo e funzioni strumentali non c’è stato un mero cambio di denominazione. Ciò si evince sia dal tenore letterale delle norme, sia dal loro sviluppo temporale. A tal riguardo è opportuno ricordare che l’autonomia delle istituzioni scolastiche avviata dalla Legge 59 del 1997 trovò la prima regolamentazione nel DPR 8.3.1999 n.275 che imponeva alle singole scuole di definire un proprio piano dell’offerta formativa. Quella che poi è stata definita come “aziendalizzazione” degli istituti scolastici comportava notevoli trasformazioni (acquisizione della personalità giuridica; abolizione dei programmi scolastici ministeriali; subentro di un Dirigente Scolastico con funzioni manageriali alla vecchia figura del Preside; ecc.) e doveva andare a regime a partire dal 1 settembre 2000 (art.19 CCNL 1999). Nella fase di transizione le scuole furono chiamate a una progettualità nuova, in vista di una nuova e autonoma organizzazione, di ciò si è fatto carico il CCNL firmato il 26 maggio 1999 che definiva le funzioni strumentali in relazione a nuovi specifici obiettivi indicati all’art.28 (gestione del piano dell’offerta formativa; sostegno al lavoro dei docenti; interventi e servizi per gli studenti; realizzazione di progetti formativi d’intesa con enti ed istituzioni esterni alla scuola). La stessa norma contrattuale assegnava al Collegio dei Docenti il compito di definire “le competenze professionali necessarie per il perseguimento di tali funzioni, i parametri e le cadenze per la valutazione dei risultati attesi e la durata di ciascun incarico” e sanciva la necessità di una “valutazione comparativa sia di comprovate esperienze professionali e culturali comunque acquisite sia di specifici corsi di formazione organizzati dall’Amministrazione della Pubblica Istruzione”. Il contratto nazionale integrativo sottoscritto nello stesso anno 1999 definì i tempi e i modi della procedura da seguire distinguendo il momento della definizione delle funzioni e delle competenze necessarie al conseguimento degli obiettivi (prima dell’inizio delle lezioni), dalla presentazione delle candidature e da un successivo momento (entro15 gg dall’inizio delle lezioni) per assegnare le funzioni obiettivo con “motivata deliberazione” (terzo e quinto comma dell’art.37).
Tutta questa complessa procedura che i giudici della Suprema Corte hanno correttamente definito “paraconcorsuale” (Cass. 1-07-2011 n.15618) è evidentemente incompatibile col metodo elettivo. Il problema non si pone in relazione alla modalità di voto, palese o segreto, poiché è il sistema elettivo in sé che impedisce di formulare un motivato giudizio di merito. Il risultato dell’elezione potrebbe essere contrastante con la comparazione dei titoli, salvo che la votazione non si sia svolta solo sulle modalità di comparazione, in quest’ultimo caso la votazione potrebbe orientare la selezione indipendentemente dalle specifiche candidature e quindi non ricadrebbe nell’obbligo di voto segreto imposto per le scelte personali (art.37 D.Lg 16-04-1994 n.297). Invece, nel caso esaminato dalla Suprema Corte, la votazione svolta a scrutinio segreto evidenziava una totale elusione della procedura comparativa.
La questione portata davanti alla Corte di Cassazione evidenziava un contrasto tra il metodo elettivo e l’obbligo di pervenire ad una motivata deliberazione (art. 37, quinto comma, del CCNI 1999),ma attenzione: tale obbligo non dev’essere confuso con la motivazione richiesta in generale a tutti i provvedimenti amministrativi poiché per questa sarebbe sufficiente il semplice richiamo al risultato della votazione collegiale, invece la motivazione espressamente indicata per la delibera di conferimento delle funzioni obiettivo è un logico corollario della procedura di valutazione comparativa dei titoli allegati alle candidature.
Le argomentazioni contenute nella sentenza sono pienamente condivisibili, ma oggi il quadro normativo appare completamente mutato. Già dall’accordo contrattuale del 24 luglio 2003 la fase di transizione era stata superata e nel nuovo sistema di autonomia scolastica le funzioni strumentali sono rientrate nell’ordinaria amministrazione di ogni scuola, quindi non richiedono più competenze particolari o specifici corsi di formazione a meno che non sia la stessa istituzione scolastica a decidere in tal senso. Ed ecco che l’art. 30 del nuovo contratto collettivo, cancellando i limiti e i vincoli procedurali delle norme precedenti, stabilisce che “le funzioni strumentali sono identificate con delibera del collegio dei docenti in coerenza con il piano dell’offerta formativa che, contestualmente, ne definisce criteri di attribuzione, numero e destinatari.” La contestualità è consentita dall’abolizione della procedura comparativa che era distinta per fasi. Il numero delle funzioni non è più assegnato dal ministero, non c’è più alcun riferimento a titoli, competenze o esperienze e non è neanche escluso che un istituto scelga di non attivare alcuna funzione strumentale (in tal caso la norma prevede che le relative risorse economiche potranno essere utilizzate nell’anno successivo).
Rispetto a questo nuovo quadro normativo, confermato senza modifiche dall’art. 33 del CCNL per il quadriennio 2006-2009 prorogato fino ad oggi, non è rintracciabile alcun obbligo di individuare obiettivi, definire competenze e compiere valutazioni comparative per la scelta dei destinatari delle funzioni strumentali. Ora spetta al Collegio dei Docenti la definizione dei criteri di attribuzione e nulla esclude che il criterio possa essere quello elettivo. In tal caso l’elezione si dovrà svolgere a scrutinio segreto in ottemperanza al principio generale ribadito dall’art.37 del T.U. 297/1994. La scelta del criterio elettivo sarà sufficiente ad integrare la motivazione del provvedimento di assegnazione delle funzioni e, dando luogo ad una scelta personale che non richiede altra motivazione, si potrà conferire l’incarico anche al candidato più giovane o privo di particolari titoli di servizio. Solo qualora il Collegio dei Docenti decidesse di identificare la funzione strumentale con riferimento a specifici obiettivi che richiedono particolari competenze e/o esperienze professionali potrà darsi luogo ad una delibera che prevede la valutazione di merito delle diverse candidature. In tal modo si riprodurrebbe una procedura paraconcorsuale non più richiesta dalle norme. Solo per quest’ultima eventualità i criteri interpretativi desumibili dalla sopraindicata pronuncia giudiziale del 2011 potranno essere ancora utili.
La drastica asserzione di un divieto della votazione segreta sarebbe quindi sbagliata al pari dell’opposta affermazione di un obbligo di procedere sempre a scrutinio segreto. La norma assegna all’autonomia del Collegio dei Docenti la definizione dei criteri di attribuzione. Se, in considerazione della formulazione di particolari obiettivi, il criterio scelto dovesse eventualmente prevedere una procedura comparativa dei titoli comprovanti competente ed esperienze dei candidati, il collegio potrà votare (a scrutinio palese) per orientare la scelta tra le diverse tipologie di titoli; nel caso opposto, in cui il criterio adottato sia quello elettivo, si dovrà necessariamente procedere a scrutinio segreto.
Forniti questi chiarimenti in punto di diritto, potrà essere utile una considerazione di politica scolastica. Non è insolito che il Dirigente Scolastico si assuma il compito di orientare le scelte del Collegio Docenti e potrebbe farlo formulando una proposta completa che individua le funzioni nel numero e nei contenuti e contestualmente designa anche i destinatari sottoponendo la propria proposta all’approvazione dell’organo collegiale. In tal caso l’approvazione si potrebbe desumere anche dal silenzio-assenso dei docenti che compongono il collegio. Apparentemente questa prassi semplificatrice non contiene alcun vizio di legittimità, è tuttavia evidente che in tal modo l’organo collegiale si limita a ratificare decisioni prese in altra sede da un altro organo. Le funzioni strumentali create per rendere più snella ed efficace l’azione dell’organo collegiale rischiano di diventare ausiliari del Dirigente con un conseguente trasferimento di poteri che non è vietato da alcuna norma, però non è neanche contemplato in alcun modo, pertanto si dovrebbe raccomandare ai Dirigenti Scolastici che adottano questo metodo ritenendolo lecito di farlo riportare puntualmente nella verbalizzazione. Un collegio che si limita ad approvare una proposta preconfezionata non è un collegio che ha identificato, definito e designato le funzioni strumentali. Una diversa verbalizzazione, anche se non integra gli estremi di un falso ideologico, potrebbe ingenerare il sospetto di voler occultare un abuso di potere.
Sebbene non vi siano chiari elementi di illegittimità riguardo ad una delibera collegiale predisposta dal Dirigente Scolastico nella sua veste di Presidente del Collegio dei Docenti e sottoposta alla mera approvazione, vi sono sicuramente molte ragioni di inopportunità quando la delibera di assegnazione delle funzioni tocca anche interessi personali. La prima e più evidente sta nel rispetto dei ruoli: se la legge ha voluto attribuire al Collegio un potere decisionale senza prevedere possibilità di delega, pertanto l’esigenza di celerità potrebbe non essere sufficiente a giustificare una delega di fatto e su questo punto non sembra esserci giurisprudenza. La seconda ragione di inopportunità deriva dalla necessità di rappresentare il silenzio dei componenti dell’organo collegiale come manifestazione di unanimità. Ma è ben noto che l’assenza di opposizioni è sempre sospetta perché rievoca la c.d. “maggioranza bulgara”, un metodo che dava apparenza democratica a decisioni imposte mediante invisibili forme di coartazione. Sarebbe il peggior esempio da offrire per una istituzione chiamata a svolgere compiti educativi.
A modesto parere dello scrivente la miglior prassi per il Dirigente che volesse snellire l’azione dell’organo collegiale senza esporsi al rischio di forzature che potrebbero alimentare sgradevoli sospetti, è quella di formulare più proposte di funzione strumentale, sottoponendole ad approvazione del Collegio con votazione palese per alzata di mano e successivamente, definite le funzioni nel numero e nelle attribuzioni, procedere alla designazione collegiale dei destinatari con elezione a scrutinio segreto sulla base di informali candidature.
Tommaso Palermo