Non è raro che in sede di esame conclusivo del primo ciclo si discuta circa la forma dell’indicazione del livello globale di maturazione di cui all’art. 3, comma 3 bis della legge 169/2008, ritenendosi spesso dai presidenti della commissione che debba adottarsi un giudizio, anziché un voto.
Scorrendo le principali riviste di diritto scolastico, ho verificato che questa opinione è sostenuta in uno dei manuali più diffusi, il “Manuale del Presidente della Commissione d’Esame conclusivo del primo ciclo“, redatto dal D.S. Pier Giorgio Lupparelli, di cui ho consultato l’edizione del 2013.
Ritengo che il Manuale, nelle parti in cui si occupa del livello globale di maturazione ( pagine 36 e 39), contenga delle inesattezze, dalle quali vorrei prendere le mosse per arrivare a definire nella seconda parte come debba essere illustrato il livello globale di maturazione al termine dell’esame conclusivo del primo ciclo.
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A pag. 36 del Manuale si legge: “La sottocommissione provvede anche alla formulazione di un motivato giudizio sul livello globale di maturazione (previsto dall’art. 3, comma 3 bis, della legge 169/2008, dalla OM n. 90 del 21 maggio 2001, art. 9 e comma 33 e dalla CM 49 del 20 maggio 2010) che è stato raggiunto dal candidato (anche se privatista) e che deriva dalle risultanze dell’esame, dagli atti dello scrutinio finale (anche comprensivo del giudizio di idoneità) e da ogni altro elemento a disposizione.”
A pag. 39 del Manuale si ribadisce: “Attenzione al giudizio finale del livello globale di maturazione che, come si è detto, è previsto dall’art. 3, comma 3bis della Legge 169 del 30 ottobre 2008, per il quale potrebbero emergere problemi, se non è formulato con la necessaria coerenza.”
In realtà, dalla lettura della disposizione della legge 169/2008 e della circolare ministeriale 49/2010, richiamate nel Manuale, non risulta che la sottocommissione debba “formulare un motivato giudizio” sul livello globale di maturazione.
Quest’ultimo è invece prescritto dalla terza disposizione citata nel Manuale, l’art. 9, comma 33 dell’O.M.90/2001 ( il cui testo è parafrasato a pag.36), che così recita:
“La sottocommissione sulla base delle risultanze dell’esame, degli atti dello scrutinio finale e di ogni altro elemento a sua disposizione, formula un motivato giudizio complessivo sul livello globale di maturazione raggiunto da ogni candidato. Tale giudizio, se positivo, si conclude con l’attribuzione del giudizio sintetico di “ottimo”, “distinto”, “buono” e “sufficiente”; se negativo, con la dichiarazione di “non licenziato”. Il giudizio complessivo, positivo o negativo, viene comunicato, per iscritto, a richiesta degli interessati.”
Tale disposizione, contenuta in una ordinanza emanata dal Ministero per regolare lo svolgimento degli esami, integrava la normativa primaria che prescriveva e regolava la valutazione mediante giudizi nella scuola secondaria di primo grado, contenuta principalmente negli artt. 177 e 185, quarto comma, del decreto legislativo 297/1994 ( Testo Unico delle disposizioni vigenti in materia di istruzione – in breve T.U.).
Orbene, l’art. 177 del T.U. è stato espressamente abrogato dall’art. 19, terzo comma del decreto legislativo 59/2004, mentre il testo dell’art. 185 quarto comma del T.U. è stato sostituito dall’art. 3, comma 3 bis della legge 169/2008.
Di conseguenza, anche l’art. 9, comma 33 dell’O.M. 90/2001, integrativo delle abrogate disposizioni primarie, è stato espunto dall’ordinamento ( il primo periodo per effetto dell’abrogazione dell’art.177 del T.U., il secondo periodo per effetto della sostituzione del testo dell’art. 185, quarto comma del T.U.).
La suesposta conclusione è avvalorata dalle seguenti ulteriori considerazioni:
– la disposizione ministeriale si giustificava solo nell’ambito della abolita valutazione mediante giudizi e deve ritenersi perciò incompatibile con le nuove norme sulla valutazione introdotte dalla legge 169/2008, le quali hanno sostituito in via generale i giudizi con i voti numerici in decimi[abrogazione tacita per incompatibilità].
– l’esame conclusivo del primo ciclo risulta compiutamente disciplinato dalla legge 169/2008 e dal relativo regolamento, approvato con DPR 122/2009, il cui art. 3 dedica all’esame ben 9 commi, privi, non a caso, di qualsiasi riferimento ai giudizi [abrogazione implicita per effetto della regolamentazione ex novo della materia nella quale la disposizione ministeriale incideva].
Comunque sia, la conferma della sicura inapplicabilità del primo periodo dell’art. 9, comma 33 dell’O.M. 90/2001 viene dallo stesso regolamento, che, all’art. 1, comma 8, così dispone:
“La valutazione nel primo ciclo dell’istruzione è effettuata secondo quanto previsto dagli articoli 8 e 11 del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, e successive modificazioni, dagli articoli 2 e 3 del decreto-legge (che è il d.l. 137/2008, convertito con modificazioni dalla legge 169/2008 – n.d.r.), nonche’ dalle disposizioni del presente regolamento.”
Ciò significa che non è consentito effettuare la valutazione sulla base di disposizioni diverse da quelle indicate nel regolamento, che non menziona tra le norme vigenti l’art.9, comma 33 dell’O.M.90/2001 [va ricordato in proposito che il regolamento ha provveduto tra l’altro, in esecuzione dell’art. 3, comma 5 della legge 169/2008, ”al coordinamento delle “norme vigenti per la valutazione degli studenti”.
Pertanto, nessun valore precettivo può riconoscersi a tale disposizione (di cui, a conferma, non si trova traccia neanche nell’O.M. 49/2010, esplicativa della vigente normativa sulla valutazione e l’esame di stato conclusivo del primo ciclo, né nel testo né nelle numerose note a piè di pagina, dove i riferimenti normativi abbondano), che deve ritenersi senz’altro abrogata.
Raggiunta questa prima conclusione, resta da stabilire cosa prescrivano le vigenti norme a proposito dei compiti della sottocommissione al termine dell’esame.
La sottocommissione, attenendosi al disposto dell’art. 185 del D.Lgs.297/1994, come sostituito dall’art. 3, comma 3 bis, della legge 169/2008, deve:
– esprimere con voto in decimi l’esito dell’esame,
– illustrare tale esito, se positivo,con una certificazione analitica che attesti per ciascun candidato:
- i traguardi di competenza raggiunti ( in forma descrittiva accompagnata da una valutazione in decimi a norma dell’art.8, comma 1, del regolamento),
- il livello globale di maturazione raggiunto ( con un voto numerico in decimi,in quanto:
a) un giudizio descrittivo non è espressamente richiesto,
b) a norma della legge e del regolamento, tutte le altre valutazioni – quelle periodiche e annuali, la certificazione delle competenze, l’esito finale dell’esame e perfino il “ giudizio” di idoneità per l’ammissione all’esame di Stato – debbono essere espresse con voto numerico in decimi).
Sul punto 1 c’è unanimità di vedute – e non potrebbe essere altrimenti, visto che la legge prescrive siano utilizzati sia la forma discorsiva che il voto.
Sul punto 2, viceversa, c’è chi ritiene che debba adottarsi la forma descrittiva ( sia pur breve), poiché quella numerica non è puntualmente richiesta [ L’ Ispettore Tecnico Roberto Stefanoni ne “Il regolamento sulla valutazione (DPR 122/2009): avvertenze per l’uso”, pubblicato su numerose riviste di diritto scolastico, oltre che sul sito dell’USR della regione Umbria, a pag. 4 così si esprime : “l’indicazione del livello globale di maturazione”…”non essendo richiesta una valutazione in decimi, sarà formulata in maniera sinteticamente descrittiva“].
Questa interpretazione ha il pregio di confrontarsi con la nuova normativa e di ricercare qui – anziché nell’ abolita normativa sui giudizi – eventuali argomenti a supporto di una formulazione discorsiva per l’illustrazione del livello globale di maturazione, ma non risulta sorretta da valide argomentazioni e contrasta inoltre con la ratio o voluntas legis del complesso delle norme introdotte con la legge 169/2008 e con il relativo regolamento approvato con DPR 122/2009.
Essa, infatti, dimentica in primo luogo di fare applicazione del canone di interpretazione racchiuso nella massima “ubi lex voluit, dixit”, non considerando che quando il legislatore ha voluto un giudizio lo ha detto espressamente.
Il primo e più significativo esempio che si rinviene nelle norme è rappresentato dall’art. 3, comma 1 della legge, il quale prescrive esplicitamente che, nella scuola primaria, l’illustrazione del livello globale di maturazione deve essere effettuata mediante un giudizio. Ciò ha un peso decisivo nella interpretazione del successivo comma 3 bis dello stesso articolo, il quale si occupa della illustrazione del medesimo livello globale di maturazione nella scuola secondaria di primo grado, al termine dell’esame conclusivo del primo ciclo. Il rilievo che qui non sia precisata la modalità di espressione della valutazione, non autorizza a ritenere applicabile la stessa forma descrittiva richiesta per la scuola primaria, poiché se questa fosse stata la sua volontà, il legislatore avrebbe usato al comma 3 bis la parola “giudizio” utilizzata al comma 1, formulando i due commi allo stesso identico modo e prescrivendo così un giudizio per entrambi gli ordini di scuola. Più aderente alla legge appare perciò la conclusione che nella scuola secondaria di primo grado il livello globale di maturazione debba essere indicato con un voto e non con un giudizio come espressamente disposto per la scuola primaria.
In secondo luogo la tesi che si sta confutando trascura di considerare che con la legge 169/2008 e il relativo regolamento 122/2009 il legislatore ha posto un sistema organico di norme con cui, innovando l’ordinamento in materia di valutazione, ha inteso sostituire il sistema precedente, imperniato sui giudizi, con un diverso sistema, basato sui voti. Di conseguenza, il quadro normativo di riferimento in materia di valutazione è radicalmente mutato a favore del voto, che è divenuto la forma ordinaria di valutazione.
In quanto tale, il voto va sempre adottato nella valutazione disciplinata dalla legge e dal regolamento, salvo diversa disposizione che esplicitamente richieda un giudizio.
Nella nuova normativa sono sempre puntualmente precisati i casi in cui la valutazione deve essere espressa con un giudizio o in forma discorsiva. In aggiunta al caso sopra ricordato dell’art. 3, comma 1 della legge, altri esempi si ritrovano nell’art. 2 comma 4 del regolamento ( il quale dispone che la valutazione dell’insegnamento della religione cattolica deve essere effettuata con giudizio norma dell’art. 309 del T.U. 297/1994), nell’art. 2, comma 8, lettera b) del regolamento stesso ( il quale prescrive che nella scuola secondaria di primo grado il voto sul comportamento deve essere accompagnato da apposita “nota”, necessariamente discorsiva) e nella lettera a) della disposizione da ultimo citata ( secondo cui nella scuola primaria la valutazione del comportamento deve essere espressa “attraverso un giudizio”).
Tutte le predette disposizioni stanno a testimoniare la piena consapevolezza del legislatore circa i momenti valutativi in cui è necessario o opportuno il ricorso alla forma descrittiva, al posto o in aggiunta al voto, onde non è consentito all’interprete estendere l’uso del giudizio oltre i casi espressamente previsti. La constatazione che il comma 3 bis dell’art. 3 della legge non richiede la forma numerica non basta a ritenere applicabile una valutazione descrittiva, poiché nel nuovo sistema il voto è la norma e il giudizio l’eccezione, ragione per cui sarà quest’ultimo che per essere utilizzato ha bisogno di puntuale previsione o richiesta normativa, non il voto.
In mancanza di specificazioni, pertanto, si applicherà la forma numerica e non quella descrittiva, appartenente al diverso sistema della valutazione mediante giudizi che il legislatore ha voluto senza dubbio sostituire, accogliendo una generalizzata e giustificata richiesta di chiarezza nella comunicazione del rendimento scolastico.
In conclusione, si deve ritenere che la valutazione del livello globale di maturazione al termine dell’esame conclusivo del primo ciclo debba avvenire con un voto numerico in decimi, in armonia con tutte le altre valutazioni espresse nel corso dell’anno scolastico e nell’intero triennio e nel pieno rispetto della lettera e della ratio della vigente normativa.
Ciò, ancor più nel caso in cui l’adozione della valutazione numerica sia stata confermata con apposita delibera dal collegio, nell’esercizio di quell’autonomia in materia di valutazione che lo stesso regolamento ( art. 1, comma 2) espressamente riconosce come “propria della funzione docente “, nella sua dimensione sia individuale che collegiale, nonché dell’autonomia didattica delle istituzioni scolastiche.”.
[Va tenuto presente, quanto all’autonomia delle istituzioni scolastiche in materia di valutazione, che essa deve svolgersi nel “rispetto della normativa nazionale “ (art. 4, comma 4 del DPR 275/1999 – Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59). Se la lettura corretta della normativa nazionale è quella esposta nel testo, non apparirebbe legittima quella delibera del collegio dei docenti che reintroducesse nell’esame conclusivo del primo ciclo una valutazione basata sui giudizi. Alle famiglie deve essere comunicato un voto e questo deve rimanere agli atti della scuola, nelle numerose “registrazioni” dell’esito dell’esame. I docenti non sono tenuti a ritornare ad uno strumento, il giudizio, che il legislatore ha indubbiamente voluto abolire. Una volta che il collegio, in osservanza dell’art. 1, comma 5 del regolamento, abbia definito modalità e criteri che assicurino “omogeneità, equità e trasparenza” della valutazione, in corso d’anno e all’esame, il voto numerico attribuito nelle varie fasi dell’esame è adeguatamente “motivato” e non ha alcun bisogno di ulteriori, continue e contestuali giustificazioni mediante giudizi].
Federico Salari