Errore nell’assegnazione della supplenza. Anche il Tribunale di Cuneo riconosce il diritto al punteggio

Tribunale di Cuneo – Ordinanza del 27.12.21

Assegnazione supplenza in forza di erronea compilazione della graduatoria. Mancato riconoscimento del punteggio. Legittimità. Esclusione.

 

Dopo la sentenza del Tribunale di Lanciano (cfr. su questo sito, Errore nell’assegnazione della supplenza e diritto al punteggio – DirittoScolastico.it), anche il Tribunale di Cuneo ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione della mancata attribuzione del punteggio per il servizio reso.

Costituisce infatti prassi diffusa in alcune scuole – in caso di accertati errori nella compilazione delle graduatorie-  considerare il servizio prestato dal dipendente come mero servizio “di fatto”, senza il riconoscimento di alcun punteggio (cosiddetto riconoscimento del servizio “ai soli fini economici”).

 

LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO.

a) Il Testo Unico del Pubblico Impiego.

Com’è noto, il Legislatore ha demandato alla contrattazione collettiva la regolazione dei rapporti di lavoro d’impiego presso la P.A., ai sensi dell’art. 2 comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001.

 

b) Il CCNL del comparto scuola.

Il CCNL di comparto ha espressamente disciplinato l’ipotesi dell’errore nell’assunzione nell’art. 25, comma 5, del CCNL di comparto, prevedendo che – in caso di errori- la P.A. datrice di lavoro puo’ procedere all’annullamento della procedura di reclutamento e, conseguentemente, alla risoluzione del contratto.

Poiché, ai sensi dell’art. 1458 del codice civile, “la risoluzione ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica (qual è appunto il contratto di lavoro), riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”, appare evidente che, per espressa disposizione legislativa –e in virtù dell’esplicito rimando del Legislatore alla contrattazione collettiva-, la risoluzione del contratto comporta non l’annullamento ab origine del contratto, ma la sua perdurante validità  fino a quando non si sia avvenuta la sua risoluzione.

Per questo motivo, non appaiono corretti i provvedimenti adottati da alcune scuole che in questi casi dichiarano il servizio reso “valido ai soli fini economici”, dunque senza il riconoscimento di alcun  punteggio.

 

Appare evidente che le parti negoziali, nel regolare i possibili vizi della procedura assunzionale, nel quadro di un equo bilanciamento degli interessi in gioco, abbiano inteso salvaguardare il principio dell’affidamento, tutelando pertanto il dipendente che in buona fede avesse confidato nella validità del contratto, rinunciando probabilmente ad altre opportunità di lavoro, attesa l’avvenuta assunzione.

 

c) La normativa sulle supplenze.

Non a caso, la normativa regolamentare unilateralmente predisposta dal Ministero (ci si riferisce al DM n.640/2017) prevede all’art.7, comma 7 che “l’eventuale servizio prestato dall’aspirante in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo e/o ai profili richiesti o sulla base di dichiarazioni mendaci, e assegnato nelle precedenti graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia, sarà, con apposito provvedimento emesso dal Dirigente scolastico già individuato al precedente comma 5, dichiarato come prestato di fatto e non di diritto, con la conseguenza che allo stesso non deve essere attribuito alcun punteggio”3.

Tale disposizione è stata confermata e ribadita dall’ultimo DM in materia di supplenze per il personale ATA (DM n.50/2021) che all’art.6, comma 15 recita: “l’eventuale servizio prestato dall’aspirante in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo e/o ai profili richiesti o sulla base di dichiarazioni mendaci, e assegnato nelle precedenti graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia, sarà, con apposito provvedimento emesso dal Dirigente scolastico già individuato al comma 11, dichiarato come prestato di fatto e non di diritto, con la conseguenza che lo stesso non è menzionato negli attestati di servizio richiesti dall’interessato e non è attribuito alcun punteggio, né è utile ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio e della progressione di carriera”.

Per quanto riguarda l’assegnazione di supplenze ai docenti dalle Graduatorie Provinciali per le Supplenze (cd “GPS”), disposizioni analoghe sono previste dall’OM n. 60/2020, che all’art. 8 prevede che l’eventuale servizio reso sulla base di dichiarazioni mendaci sia dichiarato come “prestato di fatto e non di diritto”, dunque senza il riconoscimento di alcun punteggio.

Dunque, secondo lo stesso Ministero il punteggio potrebbe essere negato qualora la supplenza fosse stata assegnata in assenza del titolo di studio o sulla base di dichiarazioni mendaci (non dunque in caso di errore nell’assegnazione del punteggio).

Si osserva che tali disposizioni ministeriali integrano quanto previsto dal citato art. 25 del CCNL di comparto, nella parte in cui le parti negoziali hanno inteso salvaguardare gli effetti medio tempore verificatisi prima della risoluzione del contratto, dichiarando privi di effetti giuridici i (soli) servizi resi in assenza del prescritto titolo di studio o sulla base di dichiarazioni dolosamente false.

Negli altri casi, del tutto pacificamente, non è prevista la mancata valutazione del servizio reso.

 

La nota dell’USR Toscana.

L’Ufficio Scolastico Regionale, con nota AOODRTO. REGISTRO UFFICIALE. U.0002662 del 2 marzo 2021, è intervenuto formalmente sulla questione, chiarendo che -in caso di errori nell’attribuzione delle supplenze da parte delle scuole- va riconosciuto il punteggio per il servizio prestato.

Il Direttore Generale dell’USR Toscana, Dott. Ernesto Pellecchia, nel diramare la nota, ha inteso precisare che “il servizio effettivamente prestato in virtù di un rapporto di lavoro, successivamente oggetto di risoluzione o recesso da parte della scuola, in conseguenza di una rettifica del punteggio e del conseguentemente riposizionamento in graduatoria, per cause non addebitabili all’interessato, produce effetti anche ai fini giuridici ed economici, per il periodo in cui vi è stata regolare prestazione lavorativa”.

 

La questione del servizio prestato nelle scuole paritarie.

Per completezza, va inoltre considerato che il punteggio per le supplenze viene pacificamente riconosciuto dall’Amministrazione anche a coloro che prestano servizio nelle scuole paritarie, nelle quali – com’è noto- si viene assunti senza il rispetto di alcuna graduatoria.

In buona sostanza, la ratio della normativa vigente può essere riassunta nel riconoscimento di un’esperienza maturata nella scuola, pubblica o privata, esperienza che viene valorizzata con l’assegnazione del relativo punteggio.

Del resto, riconoscere il diritto al punteggio a chi ha prestato servizio in una scuola paritaria (in cui la supplenza non viene assegnata sulla base di una graduatoria) e non riconoscere tale diritto al docente assunto da una scuola statale solo perché si è verificato un errore da parte dell’Amministrazione nell’attribuzione della supplenza, rappresenterebbe un’ingiusta e irragionevole discriminazione per i docenti delle scuole statali.

 

L’ordinanza del Tribunale di Cuneo.

Nell’ordinanza in commento, si è osservato che nel caso in specie non era in contestazione il titolo di accesso, ma un mero titolo culturale che non costituiva requisito di ammissione alla graduatoria.

Proseguendo nel solco tracciato dal Tribunale di Lanciano,  il Giudice del lavoro del Tribunale di Cuneo ha osservato che mentre il precedente DM n.717/2014 prevedeva la mancata assegnazione del punteggio (“In dipendenza delle determinazioni di cui al comma precedente, l’eventuale servizio prestato dall’aspirante sulla base di erroneo punteggio, ovvero in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo e/o ai profili richiesti, e assegnato nelle precedenti graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia, sarà dichiarato, con apposito provvedimento emesso dal Dirigente scolastico già individuato al precedente comma 5, come prestato di fatto e non di diritto, con la conseguenza che allo stesso non deve essere attribuito alcun punteggio”)[1], tale previsione non è più contemplata nelle successive disposizioni regolamentari (quali appunto i citati DM n.640/2017 e DM n.50/2021)come si evince dal confronto della disposizione dell’art.7, comma 7, su richiamato, con l’omologa contenuta nell’art.7, comma 7 del D.M.  n. 717/2014, relativo alle graduatorie del precedente triennio, ove era espressamente prevista l’invalidità  del servizio svolto in base ad un errato punteggio”.

“L’art. 7, comma 7, del predetto D.M. quindi consente la degradazione dei servizi prestati a servizi di mero fatto non in caso di mera erronea attribuzione del punteggio, ma solo ed esclusivamente nel caso in cui tali servizi siano stati resi in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo o sulla base di dichiarazioni mendaci, ipotesi non ricorrenti nel caso in specie” (Trib. Cuneo, ordinanza cit.).

Avvocato Francesco Orecchioni

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[1] Cfr. art.7. comma 7, DM cit.