Il Tribunale del Lavoro di Padova, che si è già pronunciato per il “personale ATA”, invoca “per i docenti” l’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
A cura dei legali Aldo Esposito e Ciro Santonicola
Il Magistrato del Lavoro di Padova, Dott. Francesco Perrone, in merito alla possibilità di far valere il servizio paritario “ai fini dell’inserimento nella graduatoria provinciale permanente ATA 24 mesi”, ha accolto il ricorso presentato dai legali Aldo Esposito e Ciro Santonicola.
Il presente comunicato intende, in primo luogo, fornire un quadro sintetico e chiaro delle disposizioni e delle valutazioni emesse dal Giudicante, Dott. Francesco Perrone.
Normativa di riferimento: L’art. 1, commi 1 e 3 della L. 10.3.2000, n. 62, stabilisce che il sistema nazionale di istruzione, in conformità all’articolo 33, comma 2 della Costituzione, comprende le scuole statali, le scuole paritarie private e quelle degli enti locali. La Repubblica considera prioritaria l’espansione dell’offerta formativa e la generalizzazione della domanda di istruzione che spazia dall’infanzia a tutta la vita. Le scuole paritarie private, pur godendo di completa autonomia in termini di orientamento culturale e indirizzo pedagogico-didattico, devono rispettare i principi di libertà sanciti dalla Costituzione. Svolgendo un servizio pubblico, tali scuole sono aperte a tutti coloro che ne condividono il progetto educativo.
Modifiche e precisazioni: Il D.L. n. 250/2005, successivamente convertito nella L. n. 27/2006, ha apportato significative modifiche terminologiche e categoriali. Esso ha unificato le precedenti categorie di “scuola pareggiata” e “scuola legalmente riconosciuta” sotto l’unico termine di “scuola paritaria”. Di conseguenza, le tipologie di scuole non statali, delineate dal D.Lgs. n. 297/1994, sono state ridotte a “scuole paritarie riconosciute” e “scuole non paritarie”, come stabilito dall’art. 1 bis del D.L. 250/2005.
Equiparazione tra scuole: In base al D.L. n. 255 del 03.07.2001, successivamente convertito nella L. n. 333/2001, è stata introdotta l’equiparazione tra il servizio di insegnamento svolto nelle scuole paritarie e quello nelle scuole statali. In dettaglio, i servizi di insegnamento erogati a partire dal 10 settembre 2000 nelle scuole paritarie, come stabilito dalla legge del 10 marzo 2000, n. 62, vengono riconosciuti allo stesso modo di quelli prestati nelle scuole statali.
Approfondimenti e precisazioni del Magistrato del lavoro di Padova sulla tematica dell’equiparazione dei servizi di insegnamento.
Il Magistrato del lavoro ha analizzato, con particolare attenzione, la questione dell’equiparazione tra i servizi di insegnamento prestati nelle scuole paritarie e in quelle statali, identificando il seguente punto chiave:
Sulla Parità di Trattamento e Discriminazione. Facendo riferimento all’art. 3 della Costituzione, ha evidenziata l’irragionevolezza e la natura discriminatoria di una potenziale disparità di trattamento subita dal personale ATA (Amministrativo, Tecnico e Ausiliario), che ha prestato servizio presso scuole paritarie, nelle stesse condizioni di chi ha lavorato in istituti statali. Questa posizione è ulteriormente rafforzata dalla sentenza della Corte di Giustizia del 20/9/2018, C-466/17, Motter.
Ebbene, la medesima Magistratura di Padova, questa volta rappresentata dal Giudice Dott.ssa Silvia Rigon, è intervenuta nell’ambito del contenzioso avente quale oggetto l’accertamento del diritto del docente, immesso nei ruoli statali, al riconoscimento, ai fini della ricostruzione della carriera, del servizio prestato con rapporti a tempo determinato alle dipendenze delle scuole paritarie.
Considerazioni del Tribunale:
- Equiparazione tra Scuole Paritarie e Statali. La legge del 10 marzo 2000, n. 62, ha armonizzato e unificato le diverse categorie di scuole private che esistevano precedentemente (parificate, pareggiate e legalmente riconosciute) sotto la denominazione di scuole “paritarie”. Questo atto normativo ha stabilito una totale equiparazione tra scuole statali e paritarie. Le scuole paritarie, in quanto riconosciute erogatrici di un “servizio pubblico”, insieme alle scuole statali, costituiscono “il sistema nazionale di istruzione pubblica”. All’interno di questo quadro, esse hanno il potere di conferire titoli di studio con valore equipollente a quelli rilasciati dalle scuole statali.
- Interpretazione dell’art. 485 del d.lgs. n. 297/94 (Testo Unico Scolastico). L’articolo in esame, che inizialmente riguardava i servizi offerti presso le scuole elementari “parificate” e secondarie “pareggiate”, dovrebbe essere ora interpretato come riferito alle attuali scuole “paritarie”, considerando le modifiche normative e la ristrutturazione delle categorie scolastiche.
- Superamento dell’art. 485 del d.lgs. n. 297/94. L’articolo 2 del successivo D.L. n. 255/2001 stabilisce che, per le assunzioni a tempo indeterminato attraverso le graduatorie ad esaurimento, i servizi di insegnamento svolti, a tempo determinato, nelle scuole paritarie hanno lo stesso valore di quelli svolti nelle scuole statali.
- Incongruenza normativa (art. 485 del d.lgs. 297/94). Mentre il servizio di insegnamento offerto nelle Scuole Paritarie viene equiparato a quello delle Scuole Statali per le assunzioni a tempo indeterminato senza concorso, esso non viene considerato al momento della determinazione della categoria retributiva, quando si entra nei ruoli statali.
- Posizione del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Il Ministero riconosce che l’attività didattica svolta nelle scuole paritarie sia equipollente a quella esercitata nelle scuole statali o in altre tipologie di scuole (parificate, pareggiate, popolari o sussidiate). Tuttavia, ritiene che tali servizi non debbano essere considerati “ai fini della carriera”. Questa interpretazione deriva dal fatto che l’art. 485 del d.lgs. n. 297/94 non è stato modificato dopo l’introduzione della L. n. 62 del 2000 e, di conseguenza, prende in considerazione i soli servizi offerti nelle scuole “parificate e pareggiate”, escludendo quelli delle attuali scuole “paritarie”.
Deduzioni del Tribunale di Padova.
Riguardo alla Discriminazione Economica: Gli insegnanti con contratti a tempo determinato presso le scuole paritarie subiscono uno svantaggio economico rispetto ai colleghi delle scuole statali, sebbene abbiano accumulato un’esperienza lavorativa equivalente.
Sul Richiamo alla Giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE):
- La CGUE ha enfatizzato che il divieto di discriminazione comporta l’obbligo di evitare disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato, salvo la presenza di giustificazioni oggettive basate su differenze sostanziali delle mansioni esercitate.
- Secondo la CGUE, una disposizione come l’art. 485 del T.U. n. 297/94 (Testo Unico Scolastico) non è idonea a giustificare tale disparità di trattamento.
- Alla luce della giurisprudenza della CGUE, la discriminazione non può essere legittimata considerando la natura, pubblica o privata, del datore di lavoro.
Confronto tra l’art. 485 del T.U. della scuola, la prassi lavorativa, le mansioni degli insegnanti delle scuole paritarie e di quelle statali.
- Conformità rispetto al diritto dell’Unione Europea:
La questione posta davanti al Giudice evidenzia un potenziale contrasto tra l’art. 485 del T.U. della Scuola e il diritto dell’Unione Europea. La formazione, le competenze e gli obblighi professionali tra insegnanti a tempo determinato di scuole paritarie e quelli a tempo indeterminato di scuole statali sono indubbiamente omogenei. Questa omogeneità pone dubbi sulla legittimità dell’articolo 485, alla luce delle direttive europee contro la discriminazione.
- Assimilazione tra Scuole Paritarie e Statali:
Le scuole paritarie e statali operano sotto lo stesso framework normativo, garantendo che l’insegnamento, le qualifiche e gli obblighi degli insegnanti siano coerenti e paragonabili tra loro. Questo assicura che gli studenti ricevano un’istruzione di qualità indipendentemente dalla natura dell’istituzione scolastica che frequentano.
- Identità di Mansioni:
L’essenza del lavoro svolto dai docenti è identica, indipendentemente dal tipo di istituzione in cui insegnano. Questa omogeneità delle mansioni rende ancora più evidente l’ingiustizia della mancata equiparazione. Entrambi i gruppi di docenti si dedicano alla preparazione delle lezioni, interagiscono con gli studenti, partecipano alle riunioni collegiali, effettuano le valutazioni; ergo, la loro esperienza lavorativa dovrebbe essere riconosciuta allo stesso modo.
- Mancato Computo e Giustificazione:
Il mancato riconoscimento del servizio svolto dagli insegnanti a tempo determinato nelle scuole paritarie, ai fini dell’avanzamento professionale, è insostenibile, in quanto manca di una giustificazione oggettiva. La capacità e l’esperienza acquisite non dovrebbero dipendere dalla natura dell’istituzione presso cui il docente ha svolto il suo servizio. Riconoscere il servizio in un’istituzione e non in un’altra, a meno che non ci siano chiare differenze nel tipo di insegnamento, è ritenuto discriminatorio e incoerente.
La posizione del Tribunale di Padova riflette chiaramente una critica verso la normativa vigente e le sue applicazioni pratiche. La norma, nella sua forma attuale, crea una situazione paradossale: da un lato, riconosce l’equipollenza del servizio svolto in scuole paritarie e statali quando si tratta di assunzione a tempo indeterminato; dall’altro, non lo fa quando si tratta della ricostruzione della carriera. Questo dualismo normativo pone gli insegnanti in una posizione variabile, a seconda del tipo di scuola in cui hanno prestato servizio, nonostante le mansioni svolte e le competenze acquisite siano sostanzialmente le stesse.
La menzione della coerenza normativa è ulteriormente illuminante. Se l’intento del legislatore fosse stato di valorizzare esclusivamente l’esperienza maturata alle dipendenze delle scuole statali, allora avrebbe dovuto escludere ogni altro tipo di esperienza in istituzioni private o paritarie. Tuttavia, l’articolo 485 del Testo Unico Scolastico, pur risultando ambiguo nella sua formulazione, sembra suggerire un’interpretazione più aperta e inclusiva. Considera, infatti, l’esperienza acquisita in una varietà di istituzioni, indipendentemente dalla loro natura giuridica.
Questo approccio più ampio contrasta con l’interpretazione restrittiva data dal Ministero. In sostanza, il MIM ha applicato la norma in modo selettivo, escludendo l’esperienza maturata nelle scuole paritarie, ma includendo quella maturata in altre istituzioni private.
La problematica centrale è comprendere se tale discriminazione sia conforme al diritto dell’Unione Europea…
Il Tribunale del lavoro di Padova, evidenziando le incoerenze e le discriminazioni derivanti dalla normativa vigente, ha ritenuto necessario rivolgersi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), sollevando alcune questioni fondamentali:
- Discriminazione di taluni insegnanti a tempo determinato. Il Tribunale si interroga sulla compatibilità dell’art. 485 del Testo Unico Scolastico con il diritto dell’U.E., in particolare l’accordo quadro sui contratti a tempo determinato e la direttiva 1999/70/CE. Esso domanda ai Giudici U.E. se tale articolo, che tratta in modo meno favorevole gli insegnanti a tempo determinato delle scuole paritarie rispetto a quelli a tempo indeterminato delle scuole statali, sia in contrapposizione con le disposizioni europee.
- Parità di trattamento. In merito a questo aspetto, il Tribunale solleva il seguente interrogativo: gli insegnanti a tempo determinato delle scuole paritarie, avendo la stessa formazione e svolgendo identiche funzioni rispetto a quelli delle scuole statali, dovrebbero essere considerati “pari” a questi ultimi? Se la risposta fosse affermativa, allora ogni disparità di trattamento verrebbe considerata discriminatoria ai sensi del diritto dell’UE.
- Considerazione su altri principi e norme dell’UE: Il Tribunale, ampliando l’orizzonte del suo esame, fa riferimento ad una serie di testi fondamentali del diritto europeo. Si interroga, in particolare, sulla possibile contrapposizione tra l’art. 485 del Testo Unico Scolastico e l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, l’art. 14 della CEDU, la Carta sociale europea, l’art. 157 del T.F.U.E. e le direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE. L’obiettivo è comprendere se l’approccio discriminatorio, adottato dalla normativa nazionale, possa essere considerato in linea con i principi dell’Unione Europea.
E proprio queste risposte saranno decisive non solo in termini giuridici, ma anche per quanto riguarda la percezione del ruolo dell’insegnante nel panorama educativo italiano. Una decisione di un certo tipo, da parte della C.G.U.E., potrebbe contribuire a riequilibrare le disparità esistenti, garantendo a tutti i docenti un riconoscimento equo e meritocratico della loro esperienza e competenza professionale.