Discriminazione di genere – In caso di risarcimento retributivo non si detraggono gli emolumenti

Avv. Salvatore Braghini

 

In caso di risarcimento danni per prestazione lavorativa resa impossibile dalla condotta illegittima dell’amministrazione in funzione datoriale non si applica la detrazione di emolumenti che derivano da un titolo diverso. A decretare il principio, la Corte d’appello dell’Aquila – sezione lavoro, composta dalla Presidente Rita Sannite, dal  Consigliere Ciro Marsella e dal magistrato Luigi Santini, che ha redatto la sentenza n. 590/2020.

Il fatto.

Il Giudice del lavoro di Avezzano, sulla scia di precedenti pronunce, aveva accolto la domanda tesa all’accertamento dell’illegittimità del provvedimento del D.S. con il quale era stato disposto il suo collocamento a riposo per raggiunti limiti di età a far data dal settembre 2016, in ragione del “compimento di 65 anni di età entro il 31 agosto 2016 e maturazione dei diritti previgenti il DL 201/2011 (61 anni di età e 15 (20) anni di anzianità al 31 dicembre 2011). Personale di sesso femminile”.

Scattava quindi l’accertamento del diritto a permanere in servizio per un altro anno scolastico, di certo molto utile ad accrescere la base contributiva.

Il Tribunale di Avezzano ha ritenuto sussistente la violazione del principio di non discriminazione per effetto dell’applicazione dell’art. 24 del Decreto Legge  n. 201/2011 (noto come Riforma pensionistica Monti-Fornero), in quanto la predetta norma – come sostenuto dai legali – conduceva a risultati differenti fra uomini e donne.

Il provvedimento, però, seguendo i tempi della giustizia ordinaria non consentiva alla prof. la reintegra in servizio, ma le dava diritto al risarcimento del danno, pari a 12 mensilità relative all’anno scolastico in cui la stessa non aveva potuto svolgere l’attività lavorativa, con conseguente computo, ai fini pensionistici, dell’anno in cui era illegittimamente collocata in pensione.

Il Giudice del lavoro di Avezzano, però, aveva si dichiarato il diritto della docente a permanere in servizio fino al 31 agosto dell’anno successivo a quello del pensionamento forzoso, ma portando in detrazione l’importo dei ratei pensionistici nel frattempo percepiti.

Di qui il ricorso in appello, per chiedere il risarcimento di 12 mensilità, senza detrazione degli emolumenti della pensione.

La Corte d’Appello dell’Aquila ha ritenuto pienamente fondate le richieste azionate dai due legali, stabilendo che il principio secondo il quale, nel determinare l’ammontare del danno, occorre calcolare anche gli eventuali vantaggi che trovino origine nello stesso atto che ha prodotto il danno (c.d. compensatio lucri cum damno), “è operante solo quando il pregiudizio e l’incremento discendano entrambi, con rapporto immediato e diretto, dallo stesso fatto costitutivo, sicché se ad alleviare le conseguenze dannose subentra un beneficio che trae origine da un titolo diverso ed indipendente dal fatto illecito generatore del danno, di tale beneficio non può tenersi conto nella liquidazione del danno, profilandosi in tale caso un rapporto di mera occasionalità che non può giustificare la riduzione del risarcimento.

In altre parole, la pensione è un diritto acquisito per il servizio prestato, che discende da un “titolo” diverso dal risarcimento del danno, correlato alla condotta discriminatoria dell’amministrazione per età e per genere.

Avezzano, 25 novembre 2020