Nuova conferma e doppia vittoria per l’avv. Giuseppe Versace, sul diritto di scelta tra le sedi disponibili dei Neo Dirigenti Scolastici, ai sensi dell’art. 33, comma 5, legge 104/1992.
Il Tribunale di Reggio Calabria – sez. Lavoro, in composizione collegiale, con decreto di rigetto n. 98/2020, accogliendo la tesi dell’avvocato Giuseppe Versace, ha respinto il reclamo da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, confermando l’Ordinanza Accoglimento totale n. 18661_2019 del 4.11.2019, stabilendo che il reclamo è infondato, con la seguente motivazione:
“Questo Tribunale, in composizione collegiale, si è recentemente espresso su identica questione oggetto dell’odierno giudizio ritenendo non condivisibile la tesi del Ministero reclamante che posticipa l’esercizio del diritto di scelta prioritaria della sede di servizio più vicina al domicilio della persona da assistere, di cui all’art. 33 comma 5 L. n. 104/1992, all’inquadramento dei vincitori del concorso per dirigente scolastico nei ruoli regionali. Il Collegio, condividendone il percorso logico giuridico, aderisce alle motivazioni già espresse dai giudici della Sezione, sia in composizione monocratica che in composizione collegiale.
2.1. L’art. 33 comma 5 della L. n. 104/1992 prevede che il dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
La Corte Costituzionale ha chiarito che la previsione di cui al citato comma 5 dell’art. 33, al pari delle disposizioni sui permessi mensili retribuiti di cui al comma 3, rientra nel novero delle agevolazioni e provvidenze riconosciute, quale espressione dello Stato sociale, in favore di coloro che si occupano dell’assistenza nei confronti di parenti disabili e ciò sul presupposto che il ruolo delle famiglie “resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap” (Corte Cost. n. 213/2016; n. 203/2013; n. 19/2009; n. 158/2007 e n. 233/2005). L’assistenza del disabile e, in particolare, il soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione, in tutte le sue modalità esplicative, costituiscono fondamentali fattori di sviluppo della personalità e idonei strumenti di tutela della salute del portatore di handicap, intesa nella sua accezione più ampia di salute psico-fisica (Corte Cost. n. 213/2016; n. 158/2007 e n. 350/2003). Il diritto alla salute psico-fisica, comprensivo della assistenza e della socializzazione, va dunque garantito e tutelato, al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale, ivi compresa la comunità familiare.
Sulla scorta di tali enunciazioni, la Suprema Corte ha affermato che “l’art. 33, comma 5 [nel testo modificato dalla L. n. 53/2000 e dalla L. n. 183/2010] disciplina uno strumento indiretto di tutela in favore delle persone in condizione di handicap, attraverso l’agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede ove svolgere l’attività affinché quest’ultima risulti il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza”.
Pertanto, “il diritto del cd. caregiver familiare a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio del congiunto disabile può essere esercitato sia all’atto dell’assunzione, mediante la scelta della sede in cui viene svolta l’attività lavorativa, sia nel corso del rapporto, con una domanda di trasferimento, ove ciò sia possibile e purché sussistano i requisiti oggettivi e soggettivi di cui all’art 33, comma 3, l. n. 104 del 1992. Invero la ratio della disposizione in oggetto è quella di agevolare coloro che si occupano dell’assistenza di un proprio parente non più autosufficiente, con il presupposto che il ruolo delle famiglie è fondamentale nella cura. Pertanto, è da ritenersi irrilevante se tale esigenza di assistenza sia sorta nel corso del rapporto di lavoro o sia presente già all’instaurazione dello stesso, poiché, la necessità di sostegno al congiunto disabile può essere fatta valere in ogni momento dal lavoratore” (cfr. Cass. 01/03/2019, n. 6150 che richiama Cass. n. 7120/2018; n. 24015/2017).
2.2. Esplicata la ratio della disciplina in parola e chiarito che il diritto all’avvicinamento al congiunto disabile può essere esercitato sia all’atto di scelta della sede di servizio che in un momento successivo, occorre, a questo punto, ricordare quelle che sono le condizioni cui la legge subordina il diritto in parola. Orbene i requisiti oggettivi e soggettivi sono, innanzitutto, indicati all’art. 33 comma 3, a norma del quale “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto (…)”.
Si rileva che la L. n. 183/2010 (art. 4) ha eliminato dal citato art. 33 comma 5 la previsione della continuità ed esclusività dell’assistenza che limitavano la concessione delle agevolazioni in questione. L’unico limite a tale diritto, in presenza dei suddetti requisiti, è costituito dalla locuzione “ove possibile”.
La Corte di Cassazione (Cass. n. 6150/2019 cit.) ha, invero, ribadito che non vi è “dubbio che tale diritto non sia incondizionato (come reso evidente dall’inciso “ove possibile” contenuto nella norma) ma debba essere oggetto di un bilanciamento con altri diritti e interessi del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 41 Cost.. Tale bilanciamento, come già statuito da questa Corte (Cass. n. 24015 del 2017; n. 25379 del 2016; n. 9201 del 2012), dovrà valorizzare le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore col solo limite di esigenze tecniche, organizzative e produttive, allegate e comprovate da parte datoriale, non solo effettive ma anche non suscettibili di essere diversamente soddisfatte”; il diritto non è assoluto e privo di condizioni e implica un recesso del diritto stesso, ove risulti incompatibile con le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro, poiché in tali casi, soprattutto per quanto attiene ai rapporti di lavoro pubblico, potrebbe determinarsi un danno per la collettività (Cass. 25/01/2006 n. 1396 e Cass. 27/03/2008 n. 7945)”. Ribadisce la Cassazione l’esigenza di addossare al datore di lavoro l’onere di dimostrare l’impossibilità di assegnare il dipendente alle sedi presso cui risultavano posti disponibili per lo svolgimento delle mansioni.
2.3. Ciò posto, venendo al caso di specie, parte ricorrente ha dimostrato, con la documentazione versata in atti, la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla legge e, dunque, l’esistenza dei presupposti per poter beneficiare dell’assegnazione ex art. 33, comma 5, presso la sede di servizio più vicina al domicilio del disabile. Del resto il MIUR non contesta specificamente la sussistenza in capo alla ricorrente della titolarità dei benefici di cui alla citata L. n. 104/1992, comprovati del resto dal godimento dei permessi retribuiti ex art. 33.
Due sono, invece, le circostanze oggetto di contestazione: 1) la sussistenza di posti disponibili in Sicilia; 2) la questione giuridica circa il fatto che il diritto di cui all’art. 33 comma 5 non possa essere garantito prima dell’atto della stipula del contratto individuale di lavoro e contestuale assegnazione della sede di servizio (quest’ultima intesa come l’istituzione scolastica in cui si svolgerà l’incarico), e tanto sul presupposto che la precedente assegnazione dei vincitori al ruolo regionale (nel cui ambito viene successivamente individuata l’istituzione scolastica) sia fuori della fase di assunzione, perché temporalmente antecedente la stipula del contratto individuale di lavoro.
Con riferimento alla prima delle obiezioni frapposte dall’Amministrazione, si evidenzia che la stessa è contraddetta proprio dalla circostanza che, nelle more, l’U.S.R. per la Sicilia abbia conferito alla prof.ssa …. l’incarico di dirigente scolastico presso la D.D. “Palazzello” di ….; sede quest’ultima scelta tra le varie disponibili (cfr. all. n. 1 memoria). Nè è dedotta la sussistenza ragioni organizzative ostative all’assegnazione del ricorrente presso le sedi disponibili nella Regioni Sicilia.
Quanto alla vexata questio iuris, il collegio condivide l’opinione già espressa da questo Tribunale secondo cui il decreto di approvazione della graduatoria (n. 1205 dell’01.08.2019), che dichiara vincitori i candidati utilmente collocati entro il 2900° posto, tra i quali pacificamente rientra la …., costituisce lo sbarramento oltre il quale “tutto quello che segue rientra nella fase di assunzione”. Ne discende che, nonostante la fase di assunzione dei vincitori si caratterizzi per una scissione temporale tra l’assegnazione ad un ruolo regionale prima e l’individuazione dell’istituzione scolastica nell’ambito regionale poi, entrambe le fasi debbano, tuttavia, considerarsi unitariamente specie ai fini della tutela apprestata dalla L. n. 104/1992. Opinare diversamente – e dunque, non consentire l’esercizio delle prerogative di cui all’art. 33 comma 5 L. 104 cit. già nella fase di assegnazione ai ruoli regionali – comporterebbe un’inopinata restrizione della portata applicativa della L. n. 104 con un’evidente frustrazione degli scopi cui sono preordinati i benefici in essa contemplati. Del resto, assegnare la sede al lavoratore protetto in una regione distante, e quindi attuare la tutela solo in questo circoscritto ambito, appare del tutto illogico, ove si consideri che diviene abbastanza indifferente, nell’ambito regionale distanziato dal domicilio del disabile da assistere, la scelta tra l’una o l’altra sede.
Ne discende che la tutela del diritto della scelta prioritaria tra le sedi disponibili più vicine al domicilio del disabile deve passare necessariamente attraverso la sua logica anticipazione alla fase di assegnazione della regione prescelta. Non si rivengono, inoltre, limiti o ragioni ostative a siffatta interpretazione nell’invocato art. 25, comma 1, D.Lgs. n. 165/2001 (a mente del quale «Nell’ambito dell’amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonoma a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensioni regionale e rispondono, agli effetti dell’articolo 21, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa»).
Come detto, l’assegnazione e l’inquadramento in ruolo regionale dei vincitori del concorso è fase successiva alla proclamazione dei vincitori stessi e, quindi, rientra nella fase di assunzione e di scelta della sede di servizio, fase in cui va assicurato l’esercizio del diritto di cui all’art. 33 comma 5 L. n. 104. Inoltre, la disposizione di rango secondario, quale è la norma contenuta nel bando di concorso, non può violare la norma di rango primario e speciale della L. n. 104/1992 che impone il rispetto della scelta prioritaria tra le sedi disponibili più vicine al domicilio del disabile da assistere. Né, infine, a seguire la tesi esposta, si verificherebbe alcun sovvertimento della graduatoria di merito, posto che non viene riformulato l’ordine di graduatoria nazionale, ma solo diversamente gestita ai fini dell’assegnazione di prima sede.
3. Venendo al periculum, pure contestato, tenuto conto della notevole distanza tra il Comune ove assegnata la reclamata (Reggio Calabria) e quello di residenza della madre disabile (…, SR), deve, altresì, ritenersi sussistente il pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile per il diritto alla salute del soggetto portatore di handicap – non adeguatamente ristorabile con la tutela risarcitoria – che rischierebbe, in assenza della necessaria assistenza prestata dalla reclamata, di essere gravemente leso nell’attesa di far valere il diritto in via ordinaria. Per tutto quanto sopra esposto, il reclamo si rivela infondato e come tale va rigettato.
4. Trattandosi di cautelare in corso di causa, la statuizione sulle spese è rinviata all’esito del giudizio di merito.
P.Q.M. Il Tribunale in composizione collegiale, quale Giudice del lavoro, letto l’art. 669 terdecies c.p.c., ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, così provvede:
– rigetta il reclamo; – spese al merito; – dichiara sussistenti gli estremi per il pagamento aggiuntivo a carico della reclamante soccombente degli importi di cui all’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115/2002, come modificato dall’art. 1 comma 17 L. n. 228/2012, in misura pari al contributo dovuto per il corrente reclamo.
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Parallelamente con l’Ordinanza d’Accoglimento totale n. 26/2020 del 3.1.2020, il Tribunale di Reggio Calabria – Sez. Lavoro, Giudice Dr.ssa Valentina Oliterno, ha così statuito:
“Parte ricorrente si duole della mancata applicazione, nella fase di assegnazione ai ruoli regionali, dei benefici dell’art. 33, co. 5, della L. n. 104/1992. L’art. 33 comma 5 della L. n. 104/1992 prevede che il dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
La Corte Costituzionale ha chiarito che la previsione di cui al citato comma 5 dell’art. 33, al pari delle disposizioni sui permessi mensili retribuiti di cui al comma 3, rientra nel novero delle agevolazioni e provvidenze riconosciute, quale espressione dello Stato sociale, in favore di coloro che si occupano dell’assistenza nei confronti di parenti disabili e ciò sul presupposto che il ruolo delle famiglie “resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap” (Corte Cost. n. 213/2016; n. 203/2013; n. 19/2009; n. 158/2007 e n. 233/2005). L’assistenza del disabile e, in particolare, il soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione, in tutte le sue modalità esplicative, costituiscono fondamentali fattori di sviluppo della personalità e idonei strumenti di tutela della salute del portatore di handicap, intesa nella sua accezione più ampia di salute psico-fisica (Corte Cost. n. 213/2016; n. 158/2007 e n. 350/2003). Il diritto alla salute psico-fisica, comprensivo della assistenza e della socializzazione, va dunque garantito e tutelato, al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale, ivi compresa la comunità familiare.
Sulla scorta di tali enunciazioni, la Suprema Corte ha affermato che “l’art. 33, comma 5 [nel testo modificato dalla L. n. 53/2000 e dalla L. n. 183/2010] disciplina uno strumento indiretto di tutela in favore delle persone in condizione di handicap, attraverso l’agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede ove svolgere l’attività affinché quest’ultima risulti il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza”.
Pertanto, “il diritto del cd. caregiver familiare a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio del congiunto disabile può essere esercitato sia all’atto dell’assunzione, mediante la scelta della sede in cui viene svolta l’attività lavorativa, sia nel corso del rapporto, con una domanda di trasferimento, ove ciò sia possibile e purché sussistano i requisiti oggettivi e soggettivi di cui all’art 33, comma 3, l. n. 104 del 1992. Invero la ratio della disposizione in oggetto è quella di agevolare coloro che si occupano dell’assistenza di un proprio parente non più autosufficiente, con il presupposto che il ruolo delle famiglie è fondamentale nella cura. Pertanto, è da ritenersi irrilevante se tale esigenza di assistenza sia sorta nel corso del rapporto di lavoro o sia presente già all’instaurazione dello stesso, poiché, la necessità di sostegno al congiunto disabile può essere fatta valere in ogni momento dal lavoratore” (cfr. Cass. 01/03/2019, n. 6150 che richiama Cass. n. 7120/2018; n. 24015/2017).
3.2. Esplicata la ratio della disciplina in parola e chiarito che il diritto all’avvicinamento al congiunto disabile può essere esercitato sia all’atto di scelta della sede di servizio che in un momento successivo, occorre, a questo punto, ricordare quelle che sono le condizioni cui la legge subordina il diritto in parola. Orbene i requisiti oggettivi e soggettivi sono, innanzitutto, indicati all’art. 33 comma 3, a norma del quale “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto (…)”. Si rileva che la L. n. 183/2010 (art. 4) ha eliminato dal citato art. 33 comma 5 la previsione della continuità ed esclusività dell’assistenza che limitavano la concessione delle agevolazioni in questione. L’unico limite a tale diritto, in presenza dei suddetti requisiti, è costituito dalla locuzione “ove possibile”.
La Corte di Cassazione (Cass. n. 6150/2019 cit.) ha, invero, ribadito che non vi è “dubbio che tale diritto non sia incondizionato (come reso evidente dall’inciso “ove possibile” contenuto nella norma) ma debba essere oggetto di un bilanciamento con altri diritti e interessi del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 41 Cost.. Tale bilanciamento, come già statuito da questa Corte (Cass. n. 24015 del 2017; n. 25379 del 2016; n. 9201 del 2012), dovrà valorizzare le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore col solo limite di esigenze tecniche, organizzative e produttive, allegate e comprovate da parte datoriale, non solo effettive ma anche non suscettibili di essere diversamente soddisfatte”; il diritto non è assoluto e privo di condizioni e implica un recesso del diritto stesso, ove risulti incompatibile con le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro, poiché in tali casi, soprattutto per quanto attiene ai rapporti di lavoro pubblico, potrebbe determinarsi un danno per la collettività (Cass. 25/01/2006 n. 1396 e Cass. 27/03/2008 n. 7945)”. Ribadisce la Cassazione l’esigenza di addossare al datore di lavoro l’onere di dimostrare l’impossibilità di assegnare il dipendente alle sedi presso cui risultavano posti disponibili per lo svolgimento delle mansioni.
3.3. Ciò posto, venendo al caso di specie, parte ricorrente ha dimostrato, con la documentazione versata in atti, la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla legge e, dunque, l’esistenza dei presupposti per poter beneficiare dell’assegnazione ex art. 33, comma 5, presso la sede di servizio più vicina al domicilio del disabile. È provato che la stessa assista, in maniera continuativa, il padre affetto da handicap grave (art. 3 comma 3 L. n. 104 cit.), con lei convivente e non ricoverato a tempo pieno. Punto focale della vicenda che occupa è la circostanza che, secondo le previsioni del bando, il diritto di cui all’art. 33 comma 5 non possa essere garantito prima dell’atto della stipula del contratto individuale di lavoro e contestuale assegnazione della sede di servizio (quest’ultima intesa come l’istituzione scolastica in cui si svolgerà l’incarico), e tanto sul presupposto, diffusamente espresso dal MIUR in identici giudizi innanzi a questo e ad altri Tribunali, che la precedente assegnazione dei vincitori al ruolo regionale (nel cui ambito viene successivamente individuata l’istituzione scolastica) sia fuori della fase di assunzione, perché temporalmente antecedente la stipula del contratto individuale di lavoro. Questo giudicante si è già espresso sul punto condividendo l’opinione già espressa dall’intestato Tribunale, in composizione monocratica e collegiale, secondo cui il decreto di approvazione della graduatoria (n. 1205 dell’01.08.2019), che dichiara vincitori i candidati utilmente collocati entro il 2900° posto, tra i quali pacificamente rientra la …, costituisce lo sbarramento oltre il quale “tutto quello che segue rientra nella fase di assunzione”.
Ne discende che, nonostante la fase di assunzione dei vincitori si caratterizzi per una scissione temporale tra l’assegnazione ad un ruolo regionale prima e l’individuazione dell’istituzione scolastica nell’ambito regionale poi, entrambe le fasi debbano, tuttavia, considerarsi unitariamente specie ai fini della tutela apprestata dalla L. n. 104/1992. Opinare diversamente – e dunque, non consentire l’esercizio delle prerogative di cui all’art. 33 comma 5 L. 104 cit. già nella fase di assegnazione ai ruoli regionali – comporterebbe un’inopinata restrizione della portata applicativa della L. n. 104 con un’evidente frustrazione degli scopi cui sono preordinati i benefici in essa contemplati. Del resto, assegnare la sede al lavoratore protetto in una regione distante, e quindi attuare la tutela solo in questo circoscritto ambito, appare del tutto illogico, ove si consideri che diviene abbastanza indifferente, nell’ambito regionale distanziato dal domicilio del disabile da assistere, la scelta tra l’una o l’altra sede.
Ne discende che la tutela del diritto della scelta prioritaria tra le sedi disponibili più vicine al domicilio del disabile deve passare necessariamente attraverso la sua logica anticipazione alla fase di assegnazione della regione prescelta. Non si rivengono, inoltre, limiti o ragioni ostative a siffatta interpretazione nell’invocato art. 25, comma 1, D.Lgs. n. 165/2001 (a mente del quale «Nell’ambito dell’amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonoma a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensioni regionale e rispondono, agli effetti dell’articolo 21, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa»).
Come detto, l’assegnazione e l’inquadramento in ruolo regionale dei vincitori del concorso è fase successiva alla proclamazione dei vincitori stessi e, quindi, rientra nella fase di assunzione e di scelta della sede di servizio, fase in cui va assicurato l’esercizio del diritto di cui all’art. 33 comma 5 L. n. 104. Inoltre, la disposizione di rango secondario, quale è la norma contenuta nel bando di concorso, non può violare la norma di rango primario e speciale della L. n. 104/1992 che impone il rispetto della scelta prioritaria tra le sedi disponibili più vicine al domicilio del disabile da assistere.
4. Sul periculum in mora. Tenuto conto della notevole distanza tra il Comune ove assegnata la ricorrente (Reggio Calabria) e quello di residenza del padre disabile (Ragusa), deve, altresì, ritenersi sussistente il pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile per il diritto alla salute del soggetto portatore di handicap – non adeguatamente ristorabile con la tutela risarcitoria – che rischierebbe, in assenza della necessaria assistenza prestata da parte attrice, di essere gravemente leso nell’attesa di far valere il diritto in via ordinaria.
5. Alla luce delle suesposte considerazioni, va dichiarato il diritto di … all’assegnazione nel ruolo regionale e nella sede di servizio più vicina al domicilio del padre, portatore di handicap ex art. 3 comma 3 L. n. 104/1992, da assistere; per l’effetto deve ordinarsi al Ministero convenuto di assegnare la ricorrente nei ruoli della dirigenza scolastica della Regione Sicilia e presso una sede di lavoro (intesa come istituzione scolastica) vacante e disponibile più vicina al domicilio del padre ….
6. Trattandosi di cautelare in corso di causa, la statuizione sulle spese è rinviata all’esito del giudizio di merito. P.T.M. La dr.ssa Valentina Olisterno, quale Giudice del lavoro, letti gli artt. 700, 669 bis e s.s. c.p.c., ogni contraria istanza disattesa, così provvede:
-dichiara la contumacia del MIUR; -in accoglimento della domanda cautelare, dichiara il diritto di … all’assegnazione nel ruolo regionale e nella sede di servizio più vicina al domicilio del padre, portatore di handicap ex art. 3 comma 3 L. n. 104/1992, da assistere; – per l’effetto ordina al Ministero convenuto di assegnare la ricorrente nei ruoli della dirigenza scolastica della Regione Sicilia e presso una sede di lavoro (intesa come istituzione scolastica) vacante e disponibile più vicina al domicilio del padre.