Corte di Cassazione, sentenza n. 2924/2020.
La sentenza annotata – con la quale la Corte ha riconosciuto il diritto di una precaria già assunta con contratti a t.d. prima dell’a.s. 2011/12 di beneficiare del precedente “gradone” 3-8 – fornisce lo spunto per affrontare la problematica della progressione di carriera per gli assunti dopo il 1° settembre 2011, alla luce del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato.
La normativa.
Come si ricorderà, in data 4 agosto 2011, le parti negoziali – allo scopo di favorire nuove assunzioni in un periodo particolarmente delicato per le finanze pubbliche– stipulavano un accordo che consentisse che tali assunzioni avvenissero praticamente “a costo zero”[1].
Tale risultato si ottenne con l’abolizione della preesistente fascia “da 3 a 8”, per cui i nuovi assunti, anche dopo il provvedimento di ricostruzione della carriera, avrebbero continuato a percepire lo stipendio “base”, potendo conseguire il primo aumento di stipendio solo dopo il 9° anno di anzianità.
Non essendo possibile abolire tout court il precedente gradone (in quanto ciò avrebbe determinato un’inammissibile modifica in pejus del trattamento economico in atto per il personale già assunto), si convenne che la modifica non avrebbe riguardato detto personale per il quale continuava a trovare applicazione la più favorevole normativa previgente.
Recita infatti l’art. 2 dell’accordo: “Il personale già in servizio a tempo indeterminato alla data del 1/9/2010, inserito o che abbia maturato il diritto all’inserimento nella pre-esistente fascia stipendiale “3-8 anni”, conserva “ad personam” il maggior valore stipendiale in godimento, fino al conseguimento della fascia retributiva “9-14 anni”.
Continua l’art. 3: “Il personale già in servizio a tempo indeterminato alla data del 1/9/2010, inserito nella pre-esistente fascia stipendiale “0-2 anni”, conserva il diritto a percepire “ad personam”, al compimento del periodo di permanenza nella predetta fascia, il valore retributivo della pre-esistente fascia stipendiale “3-8 anni”, fino al conseguimento della fascia retributiva “9-14 anni”.
Dunque, di fatto, per il personale di ruolo non veniva abolita la fascia stipendiale 3-8, in quanto il personale entrato in ruolo prima dell’anno scolastico 2011/2012 continua(va) a beneficiare della progressione stipendiale prevista nella suddetta fascia di anzianità.
Pertanto, le modifiche introdotte con l’accordo del 4 agosto 2011 trovano applicazione solo nei confronti del personale assunto a partire dall’anno scolastico 2011/12.
E’ altrettanto noto che la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE, e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag.43) recita:
“Principio di non discriminazione
- Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
- Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis.
- Le disposizioni per l’applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi nazionali.
- I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.
La giurisprudenza della C.G.U.E. ha da tempo chiarito che tale clausola vieta la disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, ancorchè la medesima sia prevista da disposizioni legislative, regolamentari di uno stato membro o da contratti collettivi (sentenza n. 11 del 13 settembre 2007 causa n. 307/2005 “Del Cerro”).
Trattasi peraltro di clausola self executing, in quanto stabilisce il divieto di trattamento meno favorevole [per i lavoratori con contratto a tempo determinato], senza necessità di un ulteriore intervento del legislatore nazionale.
Tale principio è stato peraltro ribadito dalla nota pronuncia della Corte Europea (sentenza “Gavieiro Gavieiro” del 22 dicembre 2010 -proc. n. C-444/09 e C-456-09) che ha ricordato che la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato è incondizionata e sufficientemente precisa da poter essere invocata nei confronti dello Stato da dipendenti pubblici temporanei dinanzi ad un giudice nazionale perché sia loro riconosciuto il beneficio delle indennità per anzianità di servizi.[2]
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Fatte queste premesse, occorre chiedersi se l’attuale disciplina pattizia sia compatibile con i su esposti principi, nella parte in cui non prevede che per i docenti assunti con contratto a tempo determinato prima della novella del 2011 continui a trovare applicazione la precedente disciplina più favorevole.
Nella nota vertenza relativa al riconoscimento della progressione stipendiale, la giurisprudenza ha ritenuto applicabile ai dipendenti precari la medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti con contratto a tempo indeterminato, precisando peraltro che occorreva far riferimento alle tabelle allegate al CCNL scuola 2006/2009.
Nel caso in specie, succede che mentre per il personale di ruolo il MIUR applica la disciplina più favorevole relativa alle fasce stipendiali al personale assunto entro l’anno scolastico 2010/11 (e le nuove disposizioni al personale assunto nei successivi anni scolastici), nei confronti del personale allora precario, la nuova disciplina viene applicata con effetto retroattivo[3].
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Riassumendo, l’accordo del 4 agosto 2011 ha introdotto una doppia CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA in favore dei dipendenti già in servizio alla data dell’1.9.2010 statuendo che:
- Il personale già in servizio a tempo indeterminato alla data del 1/9/2010, inserito o che abbia maturato il diritto all’inserimento nella pre-esistente fascia stipendiale “3-8 anni”, conserva “ad personam” il maggior valore stipendiale in godimento, fino al conseguimento della fascia retributiva “9-14 anni”.
- Il personale già in servizio a tempo indeterminato alla data del 1/9/2010, inserito nella pre-esistente fascia stipendiale “0-2 anni”, conserva il diritto a percepire “ad personam”, al compimento del periodo di permanenza nella predetta fascia, il valore retributivo della pre-esistente fascia stipendiale “3-8 anni”, fino al conseguimento della fascia retributiva “9-14 anni”.
In forza del principio di non discriminazione, tale clausola di favore deve applicarsi anche ai dipendenti che hanno iniziato a lavorare alle dipendenze del MIUR prima del 1° settembre 2011 in forza di contratti a tempo determinato e che, alla data di stipula dell’accordo sindacale del 4 agosto 2011, avessero già svolto un servizio annuale, così come previsto e interpretato dalla legge n.124/1999[4].
E’ pertanto da ritenersi che la regola prevista dall’accordo del 4 agosto 2011 per il personale scolastico assunto con contratto a tempo indeterminato debba trovare applicazione anche nei confronti del personale precario, prevedendo dunque – anche nei confronti di detto personale – la non applicabilità della nuova disciplina sulla progressione stipendiale per coloro che avessero prestato servizio negli anni scolastici precedenti[5].
Tale tesi è stata confermata dalla decisione in commento, con la quale la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:
«viola la richiamata clausola[6] anche l’art. 2 del c.c.n.l. 4.8.2011 nella parte in cui limita il mantenimento del maggior valore stipendiale in godimento ‘ad personam’, fino al conseguimento della nuova successiva fascia retributiva ai soli assunti a tempo indeterminato».
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Nel caso affrontato nella sentenza annotata (che si colloca nella scia delle recenti decisioni in tema di ricostruzione carriera – cfr., su questo sito, contributo dello scrivente https://www.dirittoscolastico.it/riconoscimento-del-servizio-preruolo-ai-fini-della-ricostruzione-di-carriera-la-cassazione-fa-il-punto-dopo-la-sentenza-motter/), si è posta l’ulteriore questione dei dipendenti che hanno già ottenuto con sentenza definitiva il riconoscimento della progressione stipendiale.
Con dette pronunce l’Amministrazione resistente è stata condannata a retribuire il dipendente alla stessa stregua di un dipendente di ruolo, sulla base della sua anzianità di servizio.
L’applicazione concreta del precetto giudiziale comporta necessariamente l’inquadramento del dipendente in una determinata fascia stipendiale, con conseguente diritto alla progressione di carriera.
Nei casi de quibus, l’Amministrazione resistente- dopo l’inserimento in ruolo- non colloca più il dipendente nella fascia stipendiale già riconosciuta con sentenza definitiva, ma lo “retrocede” ad anzianità 0.
Si perviene pertanto, paradossalmente, ad una riduzione della retribuzione del dipendente in seguito e a causa della sua assunzione con contratto a tempo indeterminato(!).
Orbene, non appare possibile che l’Amministrazione datrice di lavoro – nell’adottare un provvedimento di carattere non certamente sanzionatorio quale l’assunzione con contratto a tempo indeterminato – possa ridurre la retribuzione di quello stesso dipendente, che continua a svolgere le medesime mansioni presso lo stesso datore di lavoro.
Con ogni evidenza, nel caso in specie si va a realizzare un peggioramento delle condizioni contrattuali del dipendente a seguito della sua immissione in ruolo.
Si è dunque di fronte da un lato ad una sostanziale ed evidente violazione del giudicato, dall’altro ad una riduzione della retribuzione del dipendente a seguito della sua assunzione in ruolo.
A questo proposito, si osserva che la Corte di Giustizia Europea ha da tempo affermato il principio secondo cui la trasformazione di un contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato non può comportare l’applicazione di condizioni contrattuali in senso globalmente sfavorevole all’interessato, quando l’oggetto del suo incarico e la natura delle sue funzioni restano invariati (Sent. C.G.U.E. C-251/11 Huet/Universitè de Bretagne Occidentale).
La ratio di tale decisione- come del resto espressamente affermato dalla C.G.U.E. nella citata sentenza – è quella di evitare che il dipendente sia “dissuaso” dallo stipulare il contratto a tempo indeterminato, in quanto meno favorevole rispetto a quello a tempo determinato, “perdendo in questo modo il beneficio della stabilità dell’impiego inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori” (cfr. sentenza cit,. punto 44).
Può pertanto ritenersi che il principio del divieto della reformatio in pejus della retribuzione a seguito del passaggio in ruolo sia divenuto ormai un principio eurounitario e come tale applicabile in tutti gli Stati dell’Unione Europea.
Tanto più se tale modifica in senso sfavorevole si ponga in contrasto con quanto stabilito con sentenza passata in giudicato.
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Nel caso esaminato nella sentenza annotata, la difesa erariale aveva sostenuto che –a seguito dell’immissione in ruolo- era venuto meno lo status di lavoratore a termine e pertanto il dipendente, non più precario, non aveva più titolo per rivendicare un’anzianità diversa da quella che il legislatore gli riconosceva nei limiti di cui all’art. 569 d.lgs. n. 297/1994 (primi quattro anni per intero e i 2/3 per i periodi successivi).
La Corte territoriale aveva rilevato che il trattamento economico riservato alla ricorrente successivamente all’immissione in ruolo era deteriore rispetto a quello ottenuto con il riconoscimento dell’intero periodo di precariato “atteso che la lavoratrice, una volta stabilizzata, aveva perso il primo scatto biennale”.
La Corte aveva pertanto accertato che la ricorrente aveva subito un pregiudizio economico a seguito dell’applicazione della nuova progressione stipendiale prevista dal c.c.n.l. del 4.8.2011 che aveva fissato a nove anni l’anzianità utile per ottenere il primo scatto.
Nel ritenere corretta l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale, la Cassazione ha osservato che- pur non rientrando la ricorrente (immessa in ruolo in data 1/9/2011) nella sfera di applicabilità del nuovo c.c.n.l.- “nel momento in cui si afferma la piena comparabilità degli assunti a tempo determinato con il personale stabilmente immesso nei ruoli dell’amministrazione, con il conseguente riconoscimento ad ogni effetto al lavoratore a termine, poi immesso nei ruoli dell’amministrazione, dell’intero servizio effettivo prestato, in ossequio al principio di non discriminazione, non può che derivarne la necessità di disapplicare una norma contrattuale che, transitoriamente, salvaguardi il mantenimento del maggior valore stipendiale in godimento ‘ad personam’, fino al conseguimento della nuova successiva fascia retributiva (9-14) solo per il personale assunto a tempo indeterminato”.
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[1] Trattandosi di personale collocato in testa alle G.A.E. (che normalmente veniva assunto con supplenze annuali – al 31 agosto), si convenne di rimodulare le posizioni stipendiali, in modo tale che le disponende assunzioni si realizzassero con una sostanziale invarianza della spesa.
[2] Sulla declinazione del principio di non discriminazione nel comparto scuola , si richiamano ex multis la nota sentenza “Mascolo” della C.G.U.E., nonché Corte di Cassazione, 22558 del 7 novembre 2016, con la quale la Corte di legittimità ha affermato il pieno diritto del personale precario della scuola di vedersi riconosciuta la medesima progressione stipendiale connessa all’anzianità di servizio che viene riconosciuta al personale di ruolo, proprio sulla base del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato.
[3] Il personale assunto con contratto a tempo determinato prima della modifica del CCNL, all’atto dell’immissione in ruolo si vede comunque applicata la nuova progressione stipendiale.
[4] Ai sensi dell’art.11, comma 14, della l. n.124/1999 (norma di interpretazione autentica) “il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall’anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale”.
[5] Cfr., sul punto, Corte d’Appello di L’Aquila, n. 615/2016, Corte d’Appello di Torino, n. 301/2018, Corte d’Appello di Trento, n. 74/2017, Corte d’Appello di Catania, n. 1091/2018 nonché, più recentemente, Corte d’Appello L’Aquila, n. 46/2020 e n. 50/2020.
[6] Si riferisce alla citata clausola 4 dell’accordo quadro europeo sul contratto a tempo determinato.