A poche ore dalla fine dell’odierna seduta dell’Adunanza Plenaria, chiamata a dirimere il nodo dell’inserimento nella c.d. GAE dei Diplomati magistrale Ante 2002, sono numerose le grida di vittoria pur senza che il Supremo Consesso Amministrativo si sia effettivamente pronunciato sulla questione.
Giova, a questo punto, una pur breve ricostruzione dei fatti che hanno portato ad un tale, forse prematuro, giubilo.
Come è noto, il Consiglio di Stato con sentenza n. 1973 del 2015, in riforma di un quanto mai punitivo pronunciamento del TAR Lazio, ha disposto l’inserimento in GAE dei Diplomati Magistrale ante 2002 in quanto “non sembra, altresì, esservi dubbio alcuno che i diplomati magistrali con il titolo conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, al momento della trasformazione delle graduatorie da permanenti ad esaurimento, fossero già in possesso del titolo abilitante. Il fatto che tale abilitazione sia stata riconosciuta soltanto nel 2014, a seguito della pronuncia del Consiglio di Stato, non può impedire che tale riconoscimento abbia effetti ai fini dell’inserimento nelle citate graduatorie riservate ai docenti abilitati in quanto tali.”.
Vale a dire che il Consiglio di Stato, sia pure svogliatamente, aveva ritenuto implicitamente superabile e superato il divieto di nuovi inserimenti nelle GAE disposto dalla L. 296/2006 intervenendo sul D.M. 235/2014 che non aveva previsto – né poteva prevedersi effettivamente trattandosi di regolamentazione di mero Aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educative, valevoli per il triennio scolastico 2014/15, 2015/16 e 2016/17 ossia di coloro che già risultavano inseriti in GAE – la possibilità dell’inserimento dei diplomati magistrale ante 2002.
Sulla scia della sentenza 1973/2015 si sono avuti poi 2 filoni di ricorsi sempre diretti all’inserimento in GAE dei Diplomati Magistrale ante 2002: i ricorsi al Giudice del Lavoro in forza del diritto soggettivo all’inserimento; i ricorsi al TAR Lazio impugnando il D.M. 325 del 03.06.2015 che disponeva ancora una volta l’Aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo, valevoli per il triennio scolastico 2011/14.
Questi 2 filoni hanno avuto risultati altalenanti che solo sinteticamente possono così riassumersi: i Giudici del Lavoro nella maggioranza dei casi hanno rigettato le richieste di inserimento in GAE ponendo, tal volta con un copia incolla spinto dal passaparola informatico dei Giudici più battaglieri, come principale motivo ostativo la chiusura delle graduatorie ad esaurimento disposta dalla predetta legge 296/20016.
In particolare questo è il ragionamento dei Giudici del Lavoro:
1) l’articolo 1, comma 605, della legge cit. nel prevedere la trasformazione delle graduatorie permanenti di cui all’art. 1 l. n. 143/2004 in graduatorie “ad esaurimento”, ha fatto salvi gli inserimenti, limitatamente al biennio 2007-2008, di particolari categorie di docenti, tra cui quelli “già in possesso di abilitazione”, che non fossero stati iscritti, precedentemente, nelle graduatorie permanenti;
2) i ricorrenti non hanno dedotto di avere inoltrato, all’epoca, tempestiva domanda di inserimento, ancorché ne fossero legittimati perché “già in possesso di abilitazione” non ostando il fatto che l’amministrazione scolastica disconoscesse il valore abilitante del diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002. Trattasi, invero, di mero impedimento di fatto, superabile con la proposizione della domanda in via amministrativa e, in caso di inerzia o rifiuto della p.a., di ricorso giurisdizionale, come dimostrerebbe la vicenda approdata nella citata sentenza del CdS (e, precedentemente, altra vicenda sulla quale il CdS, nel 2013, si pronunciava con parere n.3813 in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica).
3) Non persuade un’interpretazione riduttiva dell’art.1, comma 605 cit., secondo la quale i nuovi inserimenti vietati dalla legge sarebbero “solo” quelli fondati su titoli sopravvenuti e non già quelli fondati su requisiti preesistenti alla formazione delle graduatorie, interpretazione radicata sull’erronea equivalenza nuovi inserimenti = nuove abilitazioni, di cui non vi è traccia nel dettato normativo che, invece, nel trasformare le graduatorie permanenti in graduatorie “ad esaurimento”, contempla la possibilità di nuovi inserimenti in virtù di titoli preesistenti, limitandoli, però, al biennio 2007/2008, talchè, scaduto il termine e salvo deroghe normative, nella specie insussistenti, le graduatorie “ad esaurimento”, conformemente alla loro natura, sono divenute “graduatorie chiuse”, con implicita ma – sulla base della ratio legis (“dare adeguata soluzione al fenomeno del precariato storico”, evitandone la ricostituzione, “stabilizzare ….gli assetti scolastici..”) – inequivocabile decadenza di ordine pubblico dalla facoltà di ottenere l’iscrizione nelle stesse.
Anche i ricorsi avviati avanti al TAR Lazio impugnando il D.M. 325/2015 in primo grado, sia cautelare che nel merito, non hanno trovato accoglimento ma solo in forza di una ancora una volta affermata carenza di giurisdizione in favore del Giudice Ordinario.
In sede di appello il Consiglio di Stato, tuttavia, ha annullato i provvedimenti del TAR Lazio che declinavano la giurisdizione rimettendo loro la questione di merito e disponendo l’inserimento con riserva in GAE dei ricorrenti.
Se questo era il quadro nessuno avrebbe potuto immaginare la rimessione della questione all’Adunanza Plenaria disposta con ordinanza del 01.12.2015 al fine di risolvere e prevenire futuri contrasti giurisprudenziali ai sensi dell’art. 99 Cod. proc. Amm.. Proprio futuri perché, anche all’odierna adunanza plenaria, il Consiglio di Stato ha disposto con ordinanza cautelare l’ammissione con riserva in GAE dei ricorrenti.
Eppure, l’ordinanza del 01.12.2015 sembrava presagire ben altri scenari come può desumersi dal seguente stralcio:
“La riconosciuta riapertura delle graduatorie ad esaurimento, infatti, appare priva di base normativa, nonostante le enunciate ragioni di equità e pari trattamento, in ipotesi idonee a giustificare un nuovo intervento del legislatore ma non anche l’ampliamento di ipotesi derogatorie, previste in via eccezionale e di stretta interpretazione.
Non si comprende, peraltro, perché il possesso di titolo abilitante – così definito espressamente ex lege e non frutto di interpretazione giurisprudenziale – sia stato fatto valere a tanti anni di distanza dal relativo conseguimento, senza che si faccia alcun richiamo ai pregressi titoli di servizio.
Diversa sarebbe – ma non risulta rappresentata nel caso di specie – la situazione di chi fosse già stato iscritto nelle graduatorie di cui trattasi, con successiva esclusione per non avere presentato domanda di conferma in sede di aggiornamento, in base all’art. 1-bis del citato decreto-legge n. 97 del 2004, essendo la presenza nelle graduatorie condizionata all’espressa volontà di rimanervi.
Si è ritenuto, però, che la mancanza di tale volontà non potesse venire presunta, con conseguenze irreversibili (cfr. in tal senso Cons. Stato, VI, 14 luglio 2014, n. 3616, che ha annullato la norma regolamentare che disponeva nel caso indicato la cancellazione definitiva dalla graduatoria in questione).
Sembra appena il caso di sottolineare come, nel caso di specie, la domanda degli appellanti vada ben oltre, se intesa come indiscriminata rivendicazione della possibilità – per chiunque avesse avuto (a tempo debito) la possibilità di accedere alle graduatorie, per il reclutamento di personale docente (prima a titolo precario, poi anche a tempo indeterminato) – di richiedere ed ottenere in qualsiasi momento l’iscrizione nelle graduatorie, ormai ad esaurimento.
Si deve ribadire che l’inserimento in una graduatoria, destinata a consentire per mero scorrimento lo stabile ingresso nel ruolo docente, non dovrebbe prescindere da una adeguata ricognizione dell’esperienza maturata dagli interessati, di cui nel caso di specie non sono noti né l’attuale iscrizione nelle graduatorie di istituto, né l’eventuale, ulteriore percorso formativo seguito dopo il conseguimento (in anni risalenti nel tempo) del diploma abilitante.
Di certo inoltre, come illustrato, la posizione dei meri possessori di un siffatto diploma, qualora mai in precedenza iscritti nelle graduatorie ad esaurimento e in quelle permanenti, esula dalla disciplina normativa dettata per la formazione e l’aggiornamento delle graduatorie stesse.”.
Dunque, la Sezione rimettente implicitamente dichiarava da un lato l’insussistenza di una norma dalla quale desumere la riapertura delle GAE e dall’altro la rilevanza del requisito del servizio effettivo.
Di tutto questo nell’ordinanza cautelare partorita dalla Plenaria del 27 aprile 2016 non vi è traccia alcuna che così motiva la necessità dell’inserimento cautelare: “Considerato che non appare opportuno discostarsi, ai limitati fini cautelari, dall’orientamento già espresso dalla Sezione sesta nelle sentenze citate nella ordinanza di rimessione (cfr. per tutte sentenza n.1973 del 2015) e in numerose altre pronunce cautelari, secondo cui i soggetti muniti di diploma magistrale conseguito entro l’anno 2001/2002 hanno titolo ad essere inseriti nelle GAE; considerato, pertanto, che va accolta la istanza cautelare degli originari ricorrenti – con esclusione, quindi, degli interventori – volta al provvisorio inserimento nelle GAE, in attesa della definizione del merito della causa dinanzi al giudice di primo grado;”. Eppure, esigenze cautelari da soddisfare, ad anno scolastico quasi finito, non vi erano e/o comunque non erano tali da giustificare un’ordinanza di inserimento con riserva se non nell’ottica di una conferma dell’orientamento concorde del Consiglio di Stato in materia di inserimento in GAE dei diplomati magistrale ante 2002. Molto rumore per nulla?
Forse non è proprio così se il TAR Lazio con ordinanze nn. 1619 e 1831 del 07.04.2016, pronunciandosi in ricorsi in riassunzione su ordinanze del Giudice del Lavoro di Venezia, ha sollevato conflitto di giurisdizione col giudice ordinario e, per l’effetto, disposto la rimessione del fascicolo d’ufficio alla cancelleria delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, affinché indichi il giudice dotato della giurisdizione nella causa in oggetto e pronunci i provvedimenti conseguenti.
La battaglia sembra essere ancora lunga ma rimane il Mistero Buffo di una Plenaria da cui ben più ci si aspettava e ci si aspetta ancora.
Avv. Pietro Siviglia (Avvocato Giuslavorista in Reggio Calabria)