Depennamento dalle Graduatorie d’Istituto del Personale ATA per non aver dichiarato di avere avuto condanne penali. Risoluzione anticipata del contratto

Corte di Appello di Bologna – Sentenza n. 91-2021 del 02.03.2021

La Corte d’Appello di Bologna, Sez. Lavoro, con la Sentenza n. 91/2021 del 2.3.2021, a conferma della sentenza di primo grado del Tribunale di Bologna, ha accolto la tesi difensiva dell’Avv. Giovanna Dell’Anna (Segretario dell’Associazione denominata “Avvocati di Diritto Scolastico – Associazione Nazionale A.D.S.”), richiamando la Suprema Corte di Cassazione, che ha stabilito che: “In occasione dell’accesso al pubblico impego, la produzione di falsi documentali o di dichiarazioni non veritiere è causa di decadenza, con conseguente nullità del contratto, allorquando tali infedeltà comportino la carenza di requisito che avrebbe in ogni caso impedito l’istaurazione del rapporto di lavoro con la P.A.; nelle altri ipotesi, le produzioni o dichiarazioni false effettuate in occasione o ai fini dell’assunzione possono comportare, una volta instaurato il rapporto, il licenziamento, ai sensi dell’art. 55-quater, lett. d) del d.lgs. n. 165 del 2001, in esito al relativo procedimento disciplinare ed a condizione che, valutate tutte le circostanze del caso concreto, la misura risulti proporzionata rispetto alla gravità dei comportamenti tenuti” così la Cass. sez. Lavoro, sentenza n. 18699 dell’11.07.2019.

In particolare nella citata pronuncia si evidenzia come: “Il tema delle falsità documentali che si verificano al momento dell’accesso all’impiego pubblico coinvolge una pluralità di disposizioni coesistenti, di cui è necessario apprezzare la portata ed il rispettivo ambito. L’art. 127 lett.d) d.p.r. 3/1957, in particolare, prevede che vi sia decadenza dall’impiego <<quando sia accertato che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile>>. L’art. 75 dpr 445/2000, rispetto alle dichiarazioni sostitutive, prevede invece che la << non veridicità del contenuto>> comporti la decadenza del dichiarante <<dai benefici eventualmente conseguiti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera>>. Si tratta in entrambi i casi di fattispecie in cui l’effetto caducatorio è delineato come tale da determinarsi, senza margini di apprezzamento discrezionale per la PA e per il solo fatto oggettivo della falsità. Al contempo, la disciplina del rapporto di impiego pubblico privatizzato prevede che siano causa di licenziamento << le falsità documentali o dichiarative connesse ai fini o in occasione dell’istaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera>> (art. 55 -quater lett. d. d. lgs 165/2001), delineando in questo caso una vera propria sanzione disciplinare, come tale assoggettata non solo al relativo procedimento applicativo (art. 55-bis d. lgs 165/2001), ma anche alla regola della proporzione della misura rispetto al concreto atteggiarsi dell’infrazione nella singola vicenda (Cass. 24 agosto 2016, n. 173049). Situazioni apparentemente identiche (falsità in documenti o dichiarazioni rese in vista dell’assunzione) parrebbero quindi destinatarie di discipline differenziate (decadenza di diritto/licenziamento previo procedimento disciplinare), il che chiaramente impone un più approfondito apprezzamento giuridico. 

In proposito si può intanto osservare che gli artt. 127 lett. d) e l’art. 75 fanno riferimento alla derivazione causale certa dell’accesso all’impiego dai documenti e dalle dichiarazioni false prodotte: la decadenza si ha infatti quando <<l’impiego fu conseguito>> in base ai documenti falsi, afferma l’art. 127 cit., così come l’art. 75 cit. parla di benefici <<conseguenti>> al provvedimento emanato in base a dichiarazione non veritiera. D’altra parte, come precisato da Corte Costituzionale 25 luglio 2007, n. 329 (v. anche Consiglio di Stato, sez. III, 20 aprile 2018, n. 2399) l’art. 127 lett. d) attiene all’ambito dei <<procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro>> richiamati all’art. 2 co. 1 lett. c n. 4 L. 421/1192 ed analogo inquadramento deve ricevere, in specifico riferimento alle dichiarazioni sostitutive, l’art. 75 dpr 445/2000 ove applicato in ambito di assunzioni. Rispetto ai procedimenti di accesso all’impiego di cui al citato art. 2, l’art. 69 d. lgs 165/2001 fa salva, anche in regime di lavoro pubblico privatizzato. La disciplina di fonte legale ed esclude l’intervento della contrattazione collettiva, a riprova dei trattati di aspetti che si riportano ad una disciplina inderogabile. Se ne può desumere che, allorquando la legge (o anche un bando di concorso, purchè non in contrasto con la legge), rispetto ad un certo requisito, tra cui quello relativo alle pregresse condanne penali, stabilisca una regola certa di incompatibilità con l’accesso al pubblico impiego, la decadenza operi di diritto, al di fuori di un provvedimento disciplinare, quale effetto del manifestarsi di un vizio “genetico” del contratto. Il tutto secondo un inquadramento che manifesta linearità rispetto alla ricostruzione delle relazioni tra procedimenti di scelta del dipendente da parte della PA e rapporto di lavoro quale imposta da questa Corte di legittimità, allorquando si è reiteratamente sostenuto che l’atto con il quale l’amministrazione revochi un’assunzione o un incarico a seguito dell’annullamento della procedura concorsuale o dell’inosservanza dell’ordine di graduatoria “equivale alla condotta del contraente che non osservi il contratto stipulato inefficacie perché affetto da nullità trattandosi di un comportamento con cui si fa valere l’assenza di un vincolo contrattuale” (Cass. nn. 8328/2021, 19626/2015, 138000/2017, 7054/2018, 194/2019), ovverosia, secondo un più risalente ma pur sempre valido precedente, la decadenza in questi casi va apprezzata “semplicemente in termini di rifiuto dell’amministrazione scolastica di continuare a dare esecuzione al rapporto di lavoro a causa della nullità del contratto per violazione di norma imperativa” (Cass. 131500/2006).

La ratio delle norme in esame non è dunque quella di perseguire con misura indiscriminata qualsiasi falsità e del resto questa Corte (Cass. 23 settembre 2016, n. 18719), nel ritenere che “la non veridicità della dichiarazione sostitutiva presentata alla PA comporta la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti, ai sensi dell’art. 75 del dPR n. 445 del 2000” ha avuto cura di precisare che ciò costitutiva “effetto dell’assenza, successivamente accertata, dei requisiti richiesti” per tali evidentemente intendendosi i requisiti sostanziali che le dichiarazioni sono chiamate ad attestare. In senso non dissimile, nella giurisprudenza amministrativa, v. Consiglio di Stato, sez. V, 13 novembre 2015, n. 5192. La tutela dell’affidamento della PA rispetto alle autorizzazioni, su cui fa leva la Corte territoriale al fine di escludere la rilevanza dell’accertamento in concreto dell’incidenza che quanto erroneamente dichiarato o taciuto, non può infatti giungere, pena l’intollerabile rinuncia ad un confacente rapporto di adeguatezza col caso concreto (v. Corte Costituzionale 329/2007, cit), fino al punto di determinare la necessaria caducazione di un rapporto di lavoro rispetto al quale l’erroneità o l’insufficienza dichiarativa non siano con certezza influenti sotto il profilo de diritto sostanziale. Sicchè è solo la falsità sui dati sicuramente decisivi per l’assunzione che comporterà la decadenza, senza possibilità di qualsiasi valutazione di diverso tipo”. Sulla scorta di tali indicazioni di diritto va deciso anche il caso in esame.

Premesso che la “condanna” riportata dalla … è assai risalente e commina una semplice multa, si deve osservare coma gravava sull’amministrazione fornire la prova che il titolo di reato in questione sarebbe stato impeditivo della costituzione del rapporto di lavoro con la PA.

Non solo il MIUR non ha dimostrato ciò, ma nemmeno ha dedotto o allegato detta circostanza, e ciò in quanto è interdittiva di assunzione presso la Pubblica Amministrazione solo una condanna per specifici reati da cui deriva ex lege interdizione dai pubblici uffici, o l’incapacità di contrarre con la P.A., o l’estinzione del rapporto di impiego (artt. 28, 29, 32-ter, 32-quater, 32 quinquies Cod. pen. artt. 3, 4, 5, l. 27 marzo 2001, n. 97).

Invero, la regola generale per la partecipazione ai concorsi pubblici è quella secondo cui non possono accedere agli impegni coloro che siano esclusi dall’elettorato attivo politico e coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impegno presso una pubblica amministrazione (art. 2 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; art. 2 d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487), non essendo di per sé rilevante la mera pendenza di un processo penale, salve regole specifiche di singoli ordinamenti.

Sulla scorta di tutte le osservazioni che precedono, volutamente riportate integralmente a fronte della novità e particolare esaustività della sentenza della SC, possono dirsi definitivamente risolte le questioni di diritto sollevate dal MIUR in questa sede.

Ne consegue che il ricorso della signora … era fondato e l’appello va respinto.

PQM

La Corte, ogni contraria istanza disattesa e respinta, definitivamente decidendo rigetta l’appello e pertanto conferma l’impugnata sentenza.                

Avv. Giovanna Dell’Anna

Segretario dell’Associazione denominata “Avvocati di Diritto Scolastico – Associazione Nazionale A.D.S.”