Corte di Giustizia UE: bocciata la legge nazionale che non tiene conto a fini retributivi dell’anzianità maturata nei contratti a termine.
Con la sentenza in oggetto la sesta sezione della Corte di Giustizia ha negato l’efficacia della norma italiana (contenuta nella finanziaria per il 2007, L. 296/2006), che prevede la possibilità, quando si assume personale nel pubblico impiego, di ignorare le precedenti assunzioni effettuate con contratti a tempo determinato.
L’attuale assetto normativo, con l’evidente fine di contenere i costi della amministrazione pubblica, consente di prescindere dai periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti a tempo determinato ai fini del calcolo della retribuzione, una volta intervenuta la stabilizzazione nel pubblico impiego.
La previsione normativa, ad avviso dei giudici europei, risulta sproporzionata rispetto agli obiettivi di contenimento dei costi, ed, anzi, si pone contro i principi europei di non discriminazione del lavoratore a tempo determinato.
Secondo la Corte, inoltre, sebbene gli stati UE godano di un margine di discrezionalità nell’organizzazione delle loro amministrazioni e nella disciplina delle condizioni di accesso al pubblico impiego, l’applicazione dei criteri deve essere effettuata in modo trasparente e deve poter essere controllata: compito dei giudici deve essere quello di impedire qualsiasi trattamento sfavorevole del lavoratori a tempo determinato, sulla sola base della durata dei contratti di lavoro che giustificano la loro anzianità e la loro esperienza professionale.
Avv. Antonio Rosario De Crescenzo