Corte di Cassazione – Sentenza n. 6460-2009

Cass. Sentenza n. 6460/2009

Nel procedimento per condotta antisindacale soggetto destinatario della norma non può essere, con riferimento al rapporto di pubblico impiego privatizzato, che la Pubblica Amministrazione intesa impersonalmente e non il singolo dirigente o funzionario autore della condotta contestata.

Difatti la finalizzazione della norma di cui all’art. 28 della legge n. 300/70 consiste nella “repressione della condotta antisindacale” con la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione dei relativi effetti attraverso l’ordine del giudice dato con decreto motivato, e non già nella affermazione della responsabilità per condotta antisindacale dell’autore della medesima, e la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti nel confronti non del singolo funzionario ma della Pubblica Amministrazione, in ipotesi tenuta – attraverso i propri organi periferici – alla cessazione della condotta contestata ed alla rimozione degli effetti; e pertanto in capo alla Pubblica Amministrazione va riconosciuta la legittimazione passiva in ordine all’azione prevista dall’art. 28 della legge 300/70.

Ai dirigenti scolastici non è attribuito, coerentemente con il più limitato ambito delle funzioni e dei poteri loro assegnati dalla legge rispetto ai dirigenti di uffii dirigenziali generali, il potere di promuovere e resistere alle liti.

 

Cass. N. 6460-2009


FATTO

 

Con ricorso ai sensi dell’art. 28 della legge 300/70, L. G., in qualità di Segretario provinciale di Grosseto dello SNALS (Sindacato Nazionale dei Lavoratori della Scuola), denunciava il comportamento antisindacale del Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo Santa Fiora, dott.ssa B. R., rilevando che la stessa, in occasione della contrattazione decentrata prevista dal CCNL dei lavoratori del comparto scuola, aveva operato in modo da impedire allo SNALS provinciale di partecipare alla trattativa.

Con decreto in data 6.5.2003 il giudice del lavoro di Grosseto respingeva il ricorso.
Avverso tale decreto il L., nella predetta qualità, proponeva Opposizione nei confronti della R., chiedendo l’accertamento della natura antisindacale delle condotte poste in essere dalla stessa.

Con sentenza in data 13.7.2004 il Tribunale adito dichiarava la inammissibilità della opposizione ex art. 28 legge 300/70 in quanto proposta nei confronti della R. in proprio e non quale Dirigente dell’Istituto Comprensivo di Santa Fiora.

Avverso tale sentenza proponeva appello il L. contestando le motivazioni con le quali era stata ritenuta la inammissibilità della opposizione, e rilevando che sia il primo ricorso ex art. 28 legge predetta che quello in opposizione erano stati notificati alla R. non in proprio ma in qualità di Dirigente scolastico e titolare dei rapporti sindacali nell’ambito del proprio Istituto.
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 3.5.2005, rigettava il gravame.

In particolare la Corte territoriale ribadiva che la domanda proposta dal Sindacato, come correttamente interpretata dal primo giudice, era inammissibile in quanto rivolta nei confronti della R. personalmente, mentre l’azione ex art. 28 della legge n. 300/70 poteva essere introdotta e rivolta esclusivamente nei confronti del datore di lavoro.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione il L. con tre motivi di impugnazione.

Resistono con controricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica, il Centro Servizi Amministrativi di Grosseto e l’Istituto Comprensivo di Santa Fiora.
La R. non si è costituita in giudizio.

 

DIRITTO

Col primo motivo di gravame il sindacato ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 16, 20 e 25 bis del D.Lgs. 3.2.1993 n. 29.

In particolare rileva il ricorrente che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che il ricorso fosse stato proposto nei confronti della R. personalmente e non nella qualità di Dirigente dell’Istituto Comprensivo di Santa Fiora, ed erroneamente aveva ritenuto che il sindacato ricorrente avesse denunciato come estranea al processo la presenza dell’Amministrazione scolastica.

Il ricorrente rileva per contro che con il ricorso introduttivo del giudizio e con gli ulteriori scritti difensivi aveva inteso affermare la legittimazione passiva della su nominata Dirigente alla quale, in quanto autrice della condotta antisindacale contestata, continuava a far carico la relativa responsabilità, e nei confronti della quale avrebbe dovuto produrre i suoi effetti la emittenda sentenza ex art. 28 legge 300/70; ed aveva altresì inteso evidenziare che, a seguito della attribuzione con la legge 15.3.1997 n. 59 della personalità giuridica alle istituzioni scolastiche, al Dirigente, in quanto legale rappresentante della Istituzione predetta, competeva sia la rappresentanza sostanziale che la rappresentanza processuale della singola istituzione cui era preposto.

Col secondo motivo di gravame il sindacato ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 28 della legge 20.5.1970 n. 300.
In particolare osserva parte ricorrente che, in relazione al disposto dell’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, la figura del datore di lavoro si identifica, nel pubblico impiego, con la persona fisica che aveva materialmente posto in essere la condotta antisindacale, dovendosi pertanto escludere che il trasferimento del detto Dirigente ad altro Ufficio” siccome verificatosi nel caso di specie – farebbe venir meno le sue responsabilità, le quali rimarrebbero in tal modo ascrivibili, impersonalmente, ad una persona giuridica che, in realtà, non può da sola tenere alcuna “condotta” .

Col terzo motivo di gravame il ricorrente lamenta omessa e insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia.
Rileva in particolare che la sentenza impugnata era, a dir poco, concisa, essendosi i giudici dell’appello limitati ad affermare che il sindacato avrebbe avuto un intento persecutorio nel confronti della R. ed a rilevare – erroneamente – la carenza di legittimazione passiva della stessa, senza tener conto dei rilievi e delle osservazioni svolte dall’appellante con la proposta impugnazione.

Chiede quindi la cassazione dell’impugnata sentenza, con ogni consequenziale statuizione.

Il ricorso non è fondato.

Osserva il Collegio che una corretta impostazione della problematica oggetto della presente vicenda giudiziaria non può prescindere dal rilievo che l’art. 28 della legge 20.5.1970 n. 300, sotto la rubrica “repressione della condotta sindacale”, prevede una speciale azione nei confronti del datore di lavoro che abbia posto in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e della attività sindacale; logico e coerente corollario di tale disposizione normativa è che la legittimazione passiva in relazione alla azione predetta spetta esclusivamente al datore di lavoro, che è il solo possibile destinatario di quell’ordine volto alla cessazione del comportamento illegittimo ed alla rimozione degli effetti, che costituisce l’oggetto ed il fine del detto procedimento (Cass. sez. lav., 25.7.1984 n. 4381).

Coerentemente a tale impostazione la Corte territoriale, argomentando dalla considerazione che i doveri e gli obblighi connessi al rispetto delle prerogative sindacali fanno capo esclusivamente alla Pubblica Amministrazione, ha rilevato che nel caso di specie la controparte datoriale dello SNALS era soltanto l’Amministrazione scolastica, nelle sue varie articolazioni territoriali, ed esclusivamente nei confronti della suddetta Amministrazione, e non del singolo funzionario o dirigente munito di poteri di rappresentanza in sede periferica, poteva essere introdotta e rivolta la domanda giudiziale. Ed è quindi pervenuta alla conclusione, posto che nella fase di opposizione al decreto con cui il giudice del lavoro aveva respinto il ricorso ex art. 28 legge 300/70 il sindacato aveva chiesto che venisse dichiarato inammissibile l’intervento in causa dell’Istituto Comprensivo di Santa Fiora, del Centro Servizi Amministrativi di Grosseto e del Ministero dell’Istruzione, denunziando quindi come estranea la presenza in causa dell’Amministrazione scolastica, e posto che in tal modo aveva esplicitato il proprio intendimento di coltivare le proprie richieste esclusivamente nei confronti della R., Dirigente Scolastico nelle more trasferite ad altro incarico, quale unico soggetto artefice e responsabile della condotta antisindacale, che la domanda doveva considerarsi inammissibile in quanto la speciale azione ai sensi del predetto art. 28 poteva essere incoata esclusivamente nei confronti del datore di lavoro, costituito nel caso di specie dalla Amministrazione Pubblica.

Alla stregua di siffatta ricostruzione della vicenda processuale, non può condividersi l’assunto del sindacato ricorrente secondo cui lo stesso intendeva non già affermare l’estraneità della Amministrazione Scolastica al procedimento ex art. 28 legge 300/70, bensì solo evidenziare che la responsabilità della condotta antisindacale, nel caso della P .A., doveva essere ascritta non, genericamente, alla Amministrazione stessa, ma specificamente al Dirigente che ne era stato l’autore e nel confronti del quale la emittenda pronuncia ai sensi del predetto art. 28 avrebbe dovuto produrre i suoi effetti.

Osserva il Collegio che l’assunto di parte ricorrente si appalesa non coerente con il chiaro contenuto degli atti di causa siccome correttamente interpretati dai giudici di merito, e si appalesa altresì non corretto in punto di diritto atteso che la pronuncia ex art. 28 è destinata a produrre i suoi effetti non già nei confronti del singolo Dirigente bensì della Pubblica Amministrazione.

Né, sotto altro profilo, appare fondata la tesi del Sindacato ricorrente secondo cui la responsabilità per la condotta antisindacale, in ragione della sua costruzione sul modello della responsabilità penale, è personale e deve essere contestata non impersonalmente all’Amministrazione Pubblica ma al Dirigente che l’ha posta in essere, il quale ha la legale rappresentanza dell’Istituto che dirige ed è pertanto responsabile dell’esercizio dei poteri autonomi di direzione, non essendo tra l’altro ipotizzabile una ripartizione dei poteri di rappresentanza a seconda che si tratti di compiere atti amministrativi e contrattuali ovvero di agire o resistere in giudizio.

Siffatta ricostruzione dogmatica della disposizione in parola non risulta invero suffragata da alcun elemento, ove si osservi che la finalizzazione della norma di cui all’art. 28 della legge n. 300/70 consiste nella “repressione della condotta antisindacale” con la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione dei relativi effetti attraverso l’ordine del giudice dato con decreto motivato, e non già nella affermazione della responsabilità per condotta antisindacale dell’autore della medesima (il quale, siccome verificatosi nel caso di specie, potrebbe essere stato trasferito ad altro incarico); e pertanto il soggetto destinatario della norma non può essere, con riferimento al rapporto di pubblico impiego privatizzato, che la Pubblica Amministrazione intesa impersonalmente e non il singolo dirigente o funzionario autore della condotta contestata, di talché il richiamo ai principi penalistici in tema di personalità della responsabilità penale appare ultroneo e non corretto, non avendo per come detto la norma suddetta intenti punitivi nei confronti dell’autore della condotta in parola.

Alla stregua di quanto sopra deve ritenersi non corretto, in punto di diritto, l’assunto di parte ricorrente secondo cui, essendo la R. l’autrice della condotta antisindacale, alla stessa “continuava a far carico la relativa responsabilità”, e nei confronti della stessa “avrebbe dovuto produrre i suoi effetti la sentenza da emettere ai sensi dell’art. 28, c. 3°”, con la ulteriore conseguenza che “se, per un verso, il nuovo dirigente avrebbe effettivamente il potere di rimuovere parte degli effetti della condotta antisindacale della R., è certo che la “repressione” non può colpire un soggetto diverso da quello che commise la violazione”.

Per contro la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti nel confronti non del singolo funzionario ma della Pubblica Amministrazione, in ipotesi tenuta – attraverso i propri organi periferici – alla cessazione della condotta contestata ed alla rimozione degli effetti; e pertanto in capo alla Pubblica Amministrazione va riconosciuta la legittimazione passiva in ordine all’azione prevista dall’art. 28 della legge 300/70.

Del pari infondato è l’assunto di parte ricorrente secondo cui, avendo il Dirigente Scolastico la legale rappresentanza dell’Istituto cui era preposto ed essendo di conseguenza responsabile dell’esercizio di tali autonomi poteri di direzione, allo stesso andava riconosciuta altresì la rappresenta processuale dell’Istituto e quindi la legittimazione passiva in relazione al predetto ricorso ex art. 28 legge 300/70, versandosi in tema di esercizio dei poteri propri del Dirigente stesso.

L’argomento, se pur suggestivo, non è fondato.

In proposito ritiene il Collegio di dover prendere le mosse dal contenuto della disposizione di cui all’art. 21 della legge 15.3.1997 n. 59 (contenente delega al Governo per la riforma della Pubblica Amministrazione e la semplificazione amministrativa), che disciplina appunto l’autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi. Orbene, la norma suddetta al primo comma prevede, “ai fini della realizzazione della autonomia delle istituzioni scolastiche, ‘” l’estensione ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole ed agli istituti di istruzione secondaria, della personalità giuridica”; ed al comma settimo prevede: i contenuti di siffatta personalità giuridica precisando che “le istituzioni che abbiano conseguito personalità giuridica ed autonomia ai sensi del comma 1 … hanno autonomia organizzativa e didattica”; per poi specificare, al comma ottavo, il significato e la finalizzazione della autonomia organizzativa, ed al comma nono il significato e la finalizzazione della autonomia didattica.

Alla stregua di quanto sopra deve ritenersi che la personalità giuridica riconosciuta dalla suddetta disposizione di legge alle istituzioni scolastiche ha, per come già rilevato da questa Corte (Cass. sez. lav., 28.7.2008 n. 20521), valenza prevalentemente organizzativa e didattica.

In siffatto contesto si inserisce la problematica relativa alla valutazione dei poteri di rappresentanza del Dirigente Scolastico, qualifica istituita dall’art. 1 del D.Lgs. 6.3.1998 n. 59, a norma del comma sedicesimo dell’art. 21 della su menzionata legge 15.3.1997 n. 59.

Ed a questo proposito si impone un esame comparativo della disposizione di cui all’art. 16 del D.Lgs. 30.3.2001 n. 165 (che ha riformulato la disposizione di cui all’art. 16 del O.Lgs. n. 29 del 1993, alla stregua dei successivi interventi normativi) concernente le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali, e quella di cui all’art. 25 del suddetto O.lgs. 165/2001 (che ha riformulato la disposizione di cui all’art. 25 bis del predetto O.Lgs. n. 29 del 1993) concernente le funzioni dei dirigenti delle istituzioni scolastiche.

Orbene, l’art. 16 del O. Lgs. n. 165/2001 dispone espressamente che i dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati, oltre a curare l’attuazione dei piani, programmi e direttive generali, ad adottare gli atti relativi alla organizzazione degli uffici, ad adottare gli atti ed i provvedimenti amministrativi e ad esercitare i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei propri uffici, promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e di transigere.

Una analoga disposizione, in tema di rappresentanza processuale, non si rinviene per contro nel successivo art. 25 del medesimo provvedimento normativo che, con riferimento ai dirigenti delle istituzioni scolastiche, nel prevedere che il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria della istituzione, ne ha la legale rappresentanza ed è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio, dispone che allo stesso spettano autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane, aggiungendo che il predetto organizza l’attività scolastica ed è titolare delle relazioni sindacali.

Alla stregua di quanto sopra appare evidente la diversa estensione delle funzioni attribuite ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali rispetto a quelle, decisamente più ridotte, e limitate all’ambito della autonomia organizzativa, didattica e finanziaria, attribuite ai dirigenti delle istituzioni scolastiche, inquadrati in ruoli di dimensioni regionali, e sottoposti a verifiche, in ordine ai risultati conseguiti, da parte di un nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente.

E soprattutto appare evidente la mancata attribuzione al predetti dirigenti scolastici, coerentemente con il più limitato ambito delle funzioni e dei poteri loro assegnati dalla legge, del potere di promuovere e resistere alle liti, esplicitamente previsto per contro con riferimento ai dirigenti di uffici dirigenziali generali.

Di conseguenza del tutto inconferente appare il richiamo, operato da parte ricorrente, ad altra decisione di questa Corte (Cass. sez. lav., 27.7.1998 n. 7349) con cui era stata ritenuta la legittimazione passiva del Direttore Provinciale delle Poste e Telecomunicazioni in una controversia nella quale era stata denunciata la condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori, avendo sul punto questa Corte di legittimità fatto espresso riferimento al contenuto della norma di cui all’art. 16 del decreto legislativo predetto, rilevando come in base a tale norma (e quindi, può aggiungersi, in base alla esplicita previsione in essa contenuta) dovesse ritenersi che al predetto Dirigente spettasse la legittimazione processuale attiva e passiva in relazione alla controversia in parola.

In assenza di analoga previsione in relazione alla posizione del Dirigente Scolastico, e tenuto conto altresì della diversa posizione dello stesso nell’ambito della Dirigenza e del più ristretto contenuto dei poteri dalla legge attribuitigli, non può ravvisarsi in capo al predetto la dedotta legittimazione processuale.

Il ricorso non può pertanto trovare accoglimento, apparendo la sentenza della Corte territoriale oggetto del presente ricorso per cassazione corretta in diritto oltre che sufficientemente ed adeguatamente motivata, di talché le censure mosse con i tre motivi di impugnazione si appalesano non suscettibili di accoglimento.

Nessuna statuizione va adottata in relazione alle spese relative al presente giudizio di legittimità, ove si osservi che nessuna domanda è stata proposta dal ricorrente nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica, del Centro Servizi Amministrativi di Grosseto e dell’Istituto Comprensivo di Santa Fiora, non essendo stati gli stessi in realtà neanche evocati in giudizio; e nessuna statuizione in relazione a dette spese va adottata nei confronti della R. non avendo quest’ultima spiegato alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese nei confronti di tutti i soggetti intimati.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2009.

Il Consigliere estensore
Il Presidente