Corte di Cassazione – Sez. Un. – Sentenza n. 4110/2007.
Nell’impiego pubblico privatizzato ogni tipo di graduatoria vincola in modo assoluto il datore di lavoro ad individuare gli aventi diritto all’assegnazione dei posti “riservati”, essendosi in presenza di un principio generale che non può essere in alcun modo violato.
Ogni diversa opinione finirebbe per eludere il dettato legislativo e per disattendere la tutela apprestata ai disabili dal dettato costituzionale perché legittimerebbe – ad esempio nei casi in cui le fasce di merito fossero composte di più aspiranti e solo nell’ultima fossero collocati uno o più disabili – una completa disapplicazione delle quote di riserva di cui alla L. n. 68 del 1998, art. 3.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –
Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –
Dott. GRAZIADEI Giulio – Consigliere –
Dott. VIDIRI Guido – Consigliere –
Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –
Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –
Dott. DE MATTEIS Aldo – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA LOMBARDIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che li rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
XXX XXX, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 24, presso lo studio dell’avvocato CARELLO CESARE ROMANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SIMEONE BRUNO, giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 223/04 della Corte d’Appello di BRESCIA, depositata il 18/08/04;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 18/01/07 dal Consigliere Dott. Guido VIDIRI;
uditi gli avvocati Wally FERRANTE dell’Avvocatura Generale dello Stato, Bruno SIMEONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PALMIERI Raffaele, che ha concluso per l’inammissibilità del primo motivo di ricorso con giurisdizione del giudice ordinario.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 21 settembre 2001, il prof. Xxx Xxx conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Bergamo l’Ufficio scolastico Regionale della Lombardia ed il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per ottenere l’iscrizione nella graduatoria dei riservisti, in quanto invalido all’80% per sclerosi multipla, con decorrenza dal 1 settembre 2000, e per sentire conseguentemente dichiarare il suo diritto all’assunzione in ruolo con la stessa decorrenza, ed ottenere il risarcimento di tutti i danni da determinarsi anche in via equitativa. Dopo la costituzione del Ministero e dell’Ufficio scolastico, che eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, e dopo l’esaurimento della fase cautelare, il Tribunale di Brescia, affermata la propria giurisdizione, ribadiva il diritto all’iscrizione tra i riservisti, ma affermava che da questo non scaturiva il diritto all’ammissione in ruolo essendo gli scaglioni, nei quali erano divisi gli aspiranti docenti, gradutatorie distinte e, quindi, da esaurirsi prima di potere passare alle assegnazioni di ruolo dei collocati nella fascia successiva.
A seguito di gravame del prof. Xxx e dopo la costituzione del Ministero, la Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 17 settembre 2004, in riforma della impugnata sentenza, accertato il diritto dell’appellante all’assunzione in ruolo nella quota di riserva, con decorrenza giuridica ed economica dal 1 settembre 2000, condannava l’appellato Ministero al risarcimento dei danni quantificati in Euro 6.600,00 nonché al pagamento delle spese processuali dei due gradi di giudizio. Nel pervenire a tale conclusione il giudice d’appello, dopo avere premesso che la L. n. 124 del 1999 aveva – in modifica del D.Lgs. n. 298 del 1994, art. 401 (T.U. delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione) – trasformato le graduatorie per soli titoli in graduatorie permanenti da utilizzare per le assunzione del personale della scuola, rimarcava come dal disposto della L. n. 68 del 1999, art. 16, comma 2, conseguisse che i disabili, vincitori di concorso come il prof. Xxx, potevano essere assunti, nel rispetto dell’obbligo legale, anche andando oltre i posti riservati da ciascun concorso. In altri termini, i titoli di precedenza conseguiti a seguito dell’iscrizione nell’elenco dei disabili, di cui all’art. 8 della suddetta L. n. 68 del 1999, rilevavano all’interno di ciascun scaglione, la cui specifica utilizzazione era assimilabile ad una distinta procedura di selezione per l’assunzione al lavoro. Ne conseguiva che l’invalido, anche se raggiungeva con quello aggiuntivo un punteggio pari a quello dei colleghi inseriti nella fascia precedente, ciò non gli consentiva il salto di fascia e la sua utile collocazione nella precedente graduatoria ad esaurimento, sicché in caso di riapertura di nomine a tempo indeterminato per merito, lo stesso invalido, collocato nella fascia di appartenenza, non poteva concorrere indipendentemente dal punteggio. Nel caso di nuove assunzioni l’amministrazione era tenuta, invece, all’immissione in ruolo di un invalido ai sensi della L. n. 68 del 1999, non potendo tale obbligo essere eluso dalla semplice constatazione che nella fascia in corso di esaurimento non esistevano invalidi da collocare. Ed invero in tale ipotesi, essendosi in presenza non di una elusione del criterio meritocratico del concorso, ma dell’accesso ad un posto, riservato in ogni caso ad una categoria indisponibile per altri soggetti e che, per espressa previsione, poteva essere anche sovrannumerario, l’adempimento di tale obbligo da parte della pubblica amministrazione non confliggeva con il principio delle graduatorie di merito.
Conseguiva che, per essere entrato nei ruoli sin da settembre 2000, al prof. Xxx andava riconosciuto il diritto all’assunzione a tempo indeterminato con la stessa decorrenza ai fini giuridici ed economici, oltre al risarcimento del danno economico, consistente nelle retribuzioni per i mesi estivi, a cui avrebbe avuto diritto a seguito della sottoscrizione del contratto, da quantificarsi in Euro 6.600,00 oltre rivalutazione ed interessi, mentre il danno biologico era risultato del tutto sfornito di prova, come del resto l’esistenza di un danno morale.
Avverso tale sentenza il Ministero dell’Istruzione e l’Ufficio scolastico Regionale per la Lombardia propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso Xxx Xxx.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso viene denunziato difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria per essere devoluta la giurisdizione al giudice amministrativo (art. 360 c.p.c., n. 1) nonché inammissibilità del ricorso per violazione del contraddittorio con i soggetti controinteressati (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4). Si assume al riguardo che, avendo il prof. Xxx richiesto il conseguimento dell’immissione in ruolo, mediante nomina “per saltum” degli altri aspiranti docenti inclusi nella fascia precedente, si verteva in una fase caratterizzata dalla tipica discrezionalità amministrativa, nell’ambito delle iniziative propedeutiche alla costituzione di un rapporto di pubblico impiego non afferendo agli atti di gestione del rapporto lavorativo. Inoltre, a fronte della domanda del prof. Xxx, si configurava un qualificato interesse di altri soggetti aspiranti all’assunzione a resistere, sicché la situazione poziore vantata ex adverso incideva sfavorevolmente su quelle di altri riservatari iscritti nella fascia precedente, sicché nei giudizi di merito si era svolto un contraddittorio senza la partecipazione di tutti i controinteressati.
Con il secondo motivo viene denunziata violazione e falsa applicazione della L. n. 68 del 1999, art. 3, del D.Lgs. n. 298 del 1994, art. 401, della L. n. 124 del 1999, artt. 1 e 6, del D.M. 18 maggio 2000, n. 146, art. 3, del D.L. 3 luglio 2001, n. 255, art. 1, convertito in L. 20 agosto 2001, n. 333, nonché vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Viene dedotto al riguardo anche sulla base di una circolare del 2 febbraio 2000 di recepimento del parere del Consiglio di Stato del 13 dicembre 2000 – che le nomine degli appartenenti alle categorie protette “rilevano all’interno di ciascun scaglione” di appartenenza, sicché le priorità ad essi garantite per legge non possono valere a discapito di aspiranti non riservatari appartenenti allo stesso scaglione. Ne consegue che nel caso di specie, se si fosse riconosciuta al prof. Xxx l’assunzione in ruolo, pur essendo lo stesso inserito nella terza fascia, si sarebbe finito per attribuire allo stesso il possesso dei requisiti richiesti agli aspiranti docenti di seconda fascia con un loro pregiudizio in relazione alla ammissione in ruolo.
Con il terzo motivo viene infine evidenziata violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 4 e 5, all. E, nonché violazione della L. n. 294 del 1994, L. n. 124 del 1999 e del D.M. n. 146 del 2000 (art. 360 c.p.c., n. 3), per essere stati con atti amministrativi (circolare del 2 febbraio 2001 e D.M. n. 146 del 2000) assegnati determinati ordini di preferenza rispetto alle graduatorie articolate in tre fasce, che vincolavano l’amministrazione in senso sfavorevole alla domanda del prof. Xxx sicché quest’ultimo avrebbe dovuto impugnare detti atti davanti al giudice amministrativo. In presenza di una inerzia dell’interessato i giudici di merito erroneamente avevano, dunque, statuito, prescindendo dalla cogenza di tali determinazioni amministrative.
Il ricorso che, come visto, si articola in tre motivi, da esaminarsi congiuntamente per comportare l’esame di questioni tra loro strettamente connesse, va rigettato.
Ai fini di un ordinato iter motivazionale va rilevato che il primo motivo di ricorso non può trovare ingresso in questa sede per essersi sulla giurisdizione formato il giudicato. Ed invero, sulla pronunzia del primo giudice che aveva riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario negando il diritto all’ammissione in ruolo al prof. Xxx, solo quest’ultimo ha proposto gravame, lamentando il disconoscimento dei suoi diritti di invalido e la sua mancata assunzione a tempo indeterminato.
La pronunzia sulla giurisdizione non è stata, pertanto, oggetto di alcuna impugnativa non avendo proposto appello il Ministero che, nella memoria di costituzione nel giudizio di secondo grado, non ha neanche fatto oggetto di specifica eccezione o censura tale capo della sentenza della Corte territoriale.
Il formarsi del giudicato preclude l’esame della doglianza – facente parte del primo motivo di ricorso con la quale si denunzia che i giudizi di merito si sono svolti a contraddittorio non integro per non essere stati evocati in tali giudizi i soggetti controinteressati perché aspiranti riservisti collocati in posizione poziore rispetto a quella del prof. Xxx.
Il secondo e terzo motivo del ricorso risultano privi di fondamento. Va premesso in punto di fatto che il Ministero non ha mai confutato la tesi del prof. Xxx secondo la quale – calcolando le quote di legge riservate agli invalidi – alla luce delle ultime nomine delle graduatorie di merito, nel caso di specie rimaneva da assegnare un posto di invalido, rimasto privo di copertura per non essere incluse nella seconda fascia persone appartenenti alle classi protette. Ed è altresì pacifico che l’Ufficio Scolastico di Bergamo, avendo immesso in ruolo undici nuovi assunti a tempo indeterminato, saliti successivamente a quattordici, aveva dato luogo – sulla base della percentuale di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 3 – ad un posto di riservista, al quale il prof. Xxx ha sempre dichiarato di avere diritto per non esservi in fascia seconda alcun riservista. Assunto questo non condiviso, come visto, dalla pubblica amministrazione, per la quale, invece, la pretesa del prof. Xxx è priva di fondamento per non essere stati esauriti tutti gli aspiranti all’assunzione in ruolo della seconda fascia. Così delineate le circostanze fattuali della controversia correttamente il giudice d’ appello ha statuito che, nel caso di specie ed in presenza di nuove assunzioni, l’amministrazione era tenuta all’ammissione in ruolo nella quota di riserva del suddetto Xxx.
La sentenza impugnata per essere congruamente motivata e per avere fatto corretta applicazione dei principi informatori della L. n. 68 del 1999, si sottrae a tutte le censure che le sono state mosse in questa sede di legittimità.
Come è stato osservato in dottrina, la L. 12 marzo 1998, n. 68 – la cui emanazione ha seguito le numerose critiche mosse da più parti alla normativa sulle assunzioni obbligatorie dettata dalla L. 2 aprile 1968, n. 482 – determina nella tutela degli invalidi un salto di qualità in ragione del passaggio da un sistema – che, in qualche misura, risentiva della concezione volta a configurare l’inserimento degli invalidi nelle imprese come un peso da sopportare in chiave solidaristica – ad altro sistema volto, di contro, a coniugare la valorizzazione delle capacità professionali del disabile con la funzionalità economica delle imprese stesse.
In tale ottica è stato anche rimarcato che la più recente normativa merita apprezzamento per una più accentuata sensibilità del legislatore verso la persona dell’invalido, pur nel rispetto del principio del bilanciamento degli interessi; il che è attestato, da un lato, dalla completa equiparazione dei datori di lavoro pubblici a quelli privati – con la perdita da parte dei primi di quello che è stato visto come il privilegio (accordato dalla L. n. 482 del 1968, art. 12) di subordinare l’assunzione degli invalidi al verificarsi delle vacanze in organico – e, dall’altro, da un riallineamento dei parametri delle quote di riserva a quelli fissati dagli altri paesi europei.
Una corretta lettura della L. n. 68 del 1999, art. 3 non può, dunque, che comportare il riconoscimento della piena fondatezza delle domande del prof. Xxx, sussistendo nella fattispecie in esame un obbligo della pubblica amministrazione a ricoprire il posto riservato all’invalido; obbligo che non poteva in alcun modo essere eluso, atteso che nel caso di specie non si confliggeva ne’ con il principio delle diverse graduatorie separate di merito (corrispondenti alla diverse fasce), ne’ con il principio meritocratico, posto a base di dette graduatorie, per essersi creata la necessità di assegnare un posto nella quota riservata e per non riscontrarsi nella fascia superiore a quella in cui era collocato il prof. Xxx, persone appartenenti alle categorie protette aventi, come tali, titolo per concorrervi.
Alla stregua delle considerazioni svolte dal più volte citata L. n. 68 del 1999, art. 3 può evincersi con certezza che nell’impiego pubblico privatizzato ogni tipo di graduatoria vincola in modo assoluto il datore di lavoro ad individuare gli aventi diritto all’assegnazione dei posti “riservati”, essendosi in presenza di un principio generale che non può essere in alcun modo violato. E che si tratti di un diritto da osservarsi, stante la sua inderogabilità, dalla pubblica amministrazione – tenuta in materia, come i privati datori di lavoro, al rispetto del principio fissato dall’art. 38 Cost., insuscettibile di essere disatteso – emerge con certezza anche dal contenuto dalla L. n. 68 del 1999, art. 16, avente ad oggetto i “concorsi presso le pubbliche amministrazioni”. Detta disposizione, infatti, da un lato, pone limitazioni, solo per casi tassativi, alla partecipazione ai concorsi dei disabili per l’occupazione di posti comportanti l’esercizio di specifiche e predeterminate mansioni (cfr. art. 16, comma 1, ed il riferimento all’art. 3, comma 4, ed art. 5, comma 1); e, dall’altro, ad ulteriore dimostrazione dell’assoluta vincolatività dell’assegnazione dei posti riservati inderogabilmente ai disabili, riconosce (anche al fine di contribuire a rendere nella realtà fattuale l’art. 38 Cost. una norma precettiva) la possibilità di assumere i disabili (che abbiano conseguito la idoneità dei pubblici concorsi) anche se non versino in stato di disoccupazione e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso. Corollario delle argomentazioni sinora svolte è, infine, l’affermazione che mentre l’Amministrazione scolastica non può attingere gli aspiranti “riservatari o non” da una successiva graduatoria prima dell’esaurimento di quella precedente della “stessa specie”, è invece obbligata ad attingere gli invalidi dall’apposita graduatoria per coprire quei posti che, riservati ai sensi della L. n. 68 del 1999, art. 3, rimarrebbero altrimenti illegittimamente scoperti.
Ogni diversa opinione finirebbe per eludere il dettato legislativo e per disattendere la tutela apprestata ai disabili dal dettato costituzionale perché legittimerebbe – ad esempio nei casi in cui le fasce di merito fossero composte di più aspiranti e solo nell’ultima fossero collocati uno o più disabili – una completa disapplicazione delle quote di riserva di cui alla L. n. 68 del 1998, art. 3. Le conclusioni cui sì è pervenuti trovano ulteriore conforto nel reticolato di numerose disposizioni della L. n. 68 del 1998. Dette disposizioni, invero, mostrano sotto diversi versanti un rafforzamento in chiave garantistica della tutela apprestata (sia nell’area pubblica che in quella privata) per gli appartenenti alle categorie protette, come è significativamente dimostrato, ad esempio, per quanto attiene al recesso L. 23 luglio 1991 n. 223, ex art. 4, comma 9, ovvero al licenziamento per riduzione del personale o per giustificato motivo oggettivo, dal fatto che tali atti risultano annullabili, perché affetti da illegittimità, qualora all’esito della vicenda estintiva il numero dei rimanenti disabili sia inferiore alla quota di riserva.
Diversamente dall’attuale regolamentazione la L. 25 marzo 1983, n. 79 ammetteva, in tali casi, di scendere al di sotto della quota riservata, sicché risulta innegabile che il legislatore del 1999 – come a più riprese è stato in questa sede ribadito – abbia maggiormente privilegiato l’interesse del disabile su quello della impresa abbandonando l’ottica della vecchia normativa, favorevole a riconoscere maggiori spazi alla libertà decisionale del datore di lavoro, in ragione delle esigenze di un pronto recupero della produttività aziendale.
Con riferimento, infine, alla liquidazione dei danni subiti dal prof. Xxx è sufficiente osservare che su tale liquidazione non è stata mossa alcuna specifica censura in questa sede di legittimità, per cui la statuizione della Corte territoriale, pure su tale punto, si sottrae ad ogni censura. Alla luce delle svolte argomentazioni la sentenza impugnata va confermata, non valendo per andare in contrario avviso neanche il contenuto del terzo motivo del ricorso, non potendo il datore di lavoro pubblico attraverso circolari o altri provvedimenti denegare un diritto che, per la sua natura e per l’interesse ad esso sotteso, non è suscettibile di alcuna lesione.
Il ricorrente Ministero, in ragione della sua soccombenza, va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate unitamente agli onorari difensivi come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di Cassazione, liquidate in Euro 100,00 (cento), oltre Euro 3.000,00 (tremila) per onorari difensivi ed oltre spese ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2007.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2007