Insegnante di sostegno privo di titolo idoneo – insussistenza di vantaggio giuridicamente apprezzabile per l’Amministrazione – insorgenza di danno erariale e della conseguenziale responsabilità amministrativa a carico dell’autore dell’illecito.
L’art. 8 del D.P.R. 31.10.1975, n.970, e l’art. 325 del D.L.vo 16.4.1994, n.297, e successive modificazioni, hanno espressamente stabilito che gli insegnanti di sostegno, incaricati di svolgere attività didattiche nelle classi in cui sono inseriti alunni “portatori di handicap”, debbono essere in possesso di uno specifico diploma di specializzazione, che può essere conseguito soltanto al termine della frequenza di un corso di formazione teorico-pratico di durata biennale, tenuto da Istituti di rango universitario, riconosciuti dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Per effetto di tale normativa, quindi, l’espletamento dell’attività come insegnante di sostegno presuppone il possesso di una preparazione professionale di tipo specialistico, la quale deve aggiungersi a quella richiesta al docente “comune”.
Proprio per questo motivo gli insegnanti di sostegno vengono inseriti in appositi elenchi, tenuti dagli Uffici Scolastici Provinciali, distinti a seconda della specializzazione da essi rispettivamente conseguita e delle tipologie degli alunni da seguire.
Le specializzazioni possono essere, infatti, di vario tipo: monovalente per minorati psicofisici in genere; monovalente per alunni affetti da menomazioni visive; monovalente per alunni affetti da menomazioni uditive; polivalente; inerente l’applicazione del “metodo Montessori” ecc..
Pertanto, quando l’Amministrazione scolastica affida un incarico d’insegnamento di sostegno, essa non richiede l’espletamento di un’attività didattica qualsiasi ma esige che sia resa una prestazione professionale particolarmente qualificata, per l’effettuazione della quale la legge impone, come regola generale, il possesso di un particolare titolo di specializzazione.
Ne consegue che:
l’attività svolta dal soggetto privo delle cognizioni tecnico-culturali tassativamente prescritte dalla legge (conseguibili soltanto mediante la frequenza dell’apposito corso di formazione ed il superamento dei relativi esami) non può affatto qualificarsi come “insegnamento di sostegno” in senso tecnico;
la prestazione lavorativa che venga, comunque, resa dal soggetto sfornito del titolo di specializzazione non può ontologicamente produrre (a causa dell’oggettiva carenza del necessario <standard> di capacità professionale) l’utilità che l’Amministrazione aveva preventivato di conseguire in sede di stipula del contratto di lavoro.
Pertanto, nell’ipotesi in cui un soggetto abbia fraudolentemente ottenuto il conferimento di un incarico come insegnante di sostegno mediante false dichiarazioni sul possesso del prescritto titolo di studio, deve ritenersi che:
il rapporto sinallagmatico, che deve sussistere tra la prestazione lavorativa specializzata prevista nel contratto e la retribuzione erogata dall’Amministrazione scolastica (in conformità al C.C.N.L. di categoria), sia irrimediabilmente inficiato dal fatto che il docente in questione sia privo della professionalità richiesta dalla legge;
le retribuzioni da questi percepite siano giuridicamente prive di “giusta causa”, ragion per cui, come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti (v. ex plurimis: Sez. Lazio n.16/1998; Sez. Puglia n.14/2000; Sez. III^ Centrale d’Appello n.279/2001; Sez. d’Appello per la Sicilia n.154/2006, n.127 e n.234 del 2010 e n.127/2011), determinano l’insorgenza di danno erariale e della conseguenziale responsabilità amministrativa a carico dell’autore dell’illecito.