Dimissioni del personale della scuola: valide in corso d’anno scolastico?
Si segnala l’interessante delibera n. 1/2018 della Corte dei Conti, Sezione Centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato in materia di dimissioni del docente a seguito della chiusura della finestra temporale prevista dall’Amministrazione scolastica.
La normativa in materia.
Le disposizioni che regolano la materia delle dimissioni del personale scolastico sono:
-l’articolo 1, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 351/1998 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti in materia di cessazione dal servizio e di trattamento di quiescenza del personale della scuola, a norma dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59) che stabilisce che: “1. I collocamenti a riposo a domanda per compimento del quarantesimo anno di servizio utile al pensionamento e le dimissioni dall’impiego del personale del comparto “Scuola” con rapporto di lavoro a tempo indeterminato decorrono dall’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda e’ stata presentata. 2. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione è stabilito il termine entro il quale, annualmente, il personale di cui al comma 1 può presentare o ritirare la domanda di collocamento a riposo o di dimissioni”.
-l’articolo 10, commi 4 e 5, del D.L. 357/89, convertito in legge n. 417/89, che stabilisce che: “Il personale ispettivo, direttivo, docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato, che abbia presentato le proprie dimissioni dall’impiego, non può revocarle dopo il 31 marzo successivo. Le dimissioni presentate dopo tale data, ma prima dell’inizio dell’anno scolastico successivo, avranno effetto dal 1° settembre dell’anno che segue il suddetto anno scolastico”
-i decreti ministeriali che ogni anno stabiliscono i termini di efficacia delle dimissioni del personale del comparto scolastico.
Interpretazione della normativa.
Sull’interpretazione circa l’efficacia e la validità delle dimissioni rassegnate in corso d’anno scolastico dal docente ed in seguito alla chiusura della finestra temporale prevista dai decreti ministeriali sono emerse due tesi.
Secondo una prima tesi, che la considera come inderogabile da entrambe le parti la normativa, non sarebbe in nessun caso possibile all’Amministrazione Scolastica l’accettazione delle dimissioni “in corso d’anno”.
Tale orientamento sostiene che le dimissioni in corso d’anno non possono essere validamente accettate dall’Amministrazione poiché prevalgono le esigenze di natura organizzativa collegate al buon andamento dell’attività scolastica, che impongono che i termini per la presentazione delle domande siano individuati dalla normativa.
Pertanto, le dimissioni rese dal dipendete della scuola in corso d’anno, ma oltre il termine fissato dai decreti ministeriali, risultano inefficaci per il collocamento a riposo dal primo settembre dell’anno scolastico successivo.
Tale impostazione è stata seguita anche dalla Corte di Cassazione che con la sentenza n. 2795/2015 ha dichiarato l’inefficacia delle dimissioni presentate dal dipendente statuendo che “In caso di dimissioni di dipendenti di scuola pubblica, il principio secondo il quale l’atto di recesso unilaterale è idoneo a determinare la risoluzione del rapporto, a prescindere dall’accettazione del datore di lavoro, va contemperato con le esigenze di natura organizzativa collegate al buon andamento dell’attività scolastica, che impongono che i termini per la presentazione delle domande siano individuati dalla normativa di riferimento, e che, ai sensi dell’art. 10 del d.l. 6 novembre 1989, n. 357, convertito con modificazioni nella legge 27 dicembre 1989, n. 417, ne individuano la decorrenza dal 1 settembre di ogni anno”.
Secondo altra impostazione, invece, occorre interpretare la ratio della disciplina legislativa ovvero la tutela dell’esclusivo interesse dell’Amministrazione la quale, pertanto, avrebbe piena facoltà di rinunciarvi in ipotesi eccezionali.
In tal senso si segnala la sentenza n.3267/2009 della Corte di Cassazione che ha statuito che: “In materia di pubblico impiego privatizzato, il termine del 10 gennaio 2003, stabilito dal d.m. del 2 dicembre 2002 n. 127, per presentare, da parte del personale scolastico docente e non, la domanda di dimissioni o di collocamento a riposo è posto nell’interesse della P.A. che deve poter organizzare il normale svolgimento dell’anno scolastico successivo, da cui avranno effetto le dimissioni. Ne consegue che è inammissibile la deduzione del dipendente scolastico intesa a far valere la tardiva presentazione della propria domanda di pensionamento quale ragione di nullità delle dimissioni”.
Secondo tale impostazione, seguita anche dalla delibera in commento, essendo l’interesse tutelato dalla normativa quello della salvaguardia dell’esigenza organizzativa della pubblica amministrazione, all’amministrazione Scolastica residuerebbe il potere di valutazione circa la soluzione più coerente con le proprie esigenze di servizio.
Pertanto, in ipotesi eccezionali l’Amministrazione Scolastica ben potrebbe ritenere valide ed efficaci le dimissioni rassegnate in corso d’anno, ma dopo il termine fissato dai decreti ministeriali, con decorrenza dal primo settembre dell’anno scolastico successivo.
La delibera n. 1/2018 della Corte dei Conti, Sezione Centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato.
Con la pronuncia in commento la Corte dei Conti ha richiamato l’art. 5 del D.Lgs. 165/2001 (“L’art. 5, comma 2, richiamato, attinente al potere di organizzazione nella P.A., prevede che “nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’articolo 2, comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, nel rispetto del principio di pari opportunità, e in particolare la direzione e l’organizzazione del lavoro nell’ambito degli uffici sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro” – pronuncia in commento) e i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione di cui all’articolo 97 della Costituzione per affermare che la normativa di cui al D.P.R. 28 aprile 1998, n. 351 e ai decreti ministeriali annuali che fissano il termine per rendere le dimissioni deve essere interpretata nel senso di ritenere ragionevole rimettere all’Amministrazione Scolastica la valutazione della soluzione più coerente con le proprie esigenze di servizio e tenendo conto della disponibilità di altri soggetti al fine di assicurare la continuità del servizio.
Pertanto, la Corte dei Conti ha definito la questione di massima proposta nei seguenti termini:
“I termini previsti dai decreti ministeriali che ogni anno stabiliscono l’efficacia delle dimissioni del personale del comparto scolastico sono posti a tutela esclusiva degli interessi della Pubblica Amministrazione, che li può disattendere in caso di eccezionali, specifiche e comprovate esigenze di garanzia del buon andamento del servizio in termini di efficienza ed economicità dello stesso”.