Legge n. 124/1999. Per la Corte Costituzionale la normativa sul precariato scolastico e(ra) illegittima.
Brevi note a margine di Corte Costituzionale n. 187/2016
La sentenza in commento, da lungo tempo attesa, ha sancito l’illegittimità della normativa nazionale in materia di contratti a tempo determinato nel comparto scuola.
Tale decisione era largamente prevedibile e in qualche modo scontata, dopo la nota sentenza “Mascolo” della CGE.
Tuttavia, la Corte ha ritenuto di dover integrare la suddetta pronuncia con una serie di considerazioni, rivendicando sul punto una propria specifica competenza. [1]
Pur partendo dal presupposto che le sanzioni in caso di abuso, benché rimesse all’autorità nazionale, devono avere i caratteri essenziali della dissuasività, proporzionalità ed effettività, la Corte ha affermato il carattere alternativo delle misure da adottare, ritenendo sufficiente l’adozione di una sola di tali misure.
A tale proposito, il Giudice delle leggi ha riprodotto quanto ritenuto dalla CGE nel paragrafo 79 della sentenza Mascolo, secondo cui «quando si è verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione», per poi concludere “dunque, è solo una la misura da applicare, purché presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela”.
A ben guardare, però la misura “unica” indicata dalla CGE doveva essere idonea sia a sanzionare debitamente l’abuso, sia a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione.
Per il Giudice delle leggi, invece, in virtù del principio dell’alternatività e dell’unicità, sarebbe sufficiente una misura che sanzioni l’abuso oppure ne cancelli le conseguenze.
Sulla base di tale considerazione, si è ritenuto che la novella 107/2015 abbia sanato, seppure limitatamente al personale docente, le conseguenze dell’abuso, prevedendo un piano straordinario per le assunzioni su tutti i posti vacanti e disponibili in organico di diritto.[2]
Secondo la sentenza in esame, la nuova legge attribuisce “serie e indiscutibili chances di immissione in ruolo a tutto il personale interessato secondo una delle alternative espressamente prese in considerazione dalla Corte di giustizia”.
Invece, non avendo previsto “alcun piano straordinario di assunzione” per il personale ATA, nei confronti di detto personale “deve trovare applicazione la misura ordinaria del risarcimento del danno”.
Le precisazioni della Corte sono destinate a sollevare numerosi dubbi e incertezze, che la giurisprudenza farà fatica a colmare.
In effetti, di fronte all’autorevolezza dell’Organo, ci si sarebbe aspettati un approfondimento più meditato, mentre sul punto – mi si conceda – la soluzione risulta piuttosto frettolosa e sbrigativa.
In primo luogo, non è vero che tutto il personale interessato avrebbe serie e indiscutibili chances di immissione in ruolo.
Com’è noto, non tutti i docenti precari con incarichi superiori ai 36 mesi sono inseriti nelle graduatoria ad esaurimento; esclusivamente per tali graduatorie, è previsto il “totale scorrimento”.
Molti docenti con i medesimi requisiti sono invece inseriti nelle graduatorie di istituto; nei confronti di tali docenti, la legge n. 107 nulla prevede.
Dunque, semplicemente, non corrisponde al vero che “tutto il personale (docente) interessato avrebbe serie e indiscutibili chances di immissione in ruolo”.
D’altra parte, affermare che l’abuso possa ritenersi sanato, semplicemente offrendo delle chances (per quanto serie e indiscutibili) di assunzione, appare alquanto discutibile.
L’abuso sarebbe stato sanato davvero con l’assunzione di tutti coloro che ne sono stati vittima (i docenti con oltre 36 mesi di servizio) e non semplicemente offrendo loro chances di assunzione[3].
E, peraltro, appare alquanto audace sostenere che la legge 107 avrebbe previsto quelle sanzioni dal carattere “energico e dissuasivo” richieste dalla CGE.
Se così fosse, la citata legge avrebbe dovuto in primo luogo indicare la misura delle suddette sanzioni e quantificare il danno da risarcire; in secondo luogo, avrebbe dovuto prevedere la procedura per ottenere il risarcimento del danno in favore del dipendente interessato.
In realtà, la legge 107 si è limitata a stanziare una dotazione di dieci milioni di euro per due anni “per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali”.
Come dire, se vuoi essere risarcito, “devi farmi causa”.
E’ facile prevedere che -lungi dal risolvere il problema del precariato scolastico- la sentenza in esame è destinata ad alimentare ulteriore contenzioso.
[1] Cfr. punto 12.1 della sentenza. “”S’impone una integrazione del dictum del giudice comunitario che non può competere a questa Corte”.
[2] Dunque, non su tutti i posti realmente vacanti, in quanto non vengono considerati i posti di fatto vacanti (cfr., su questo sito, nota dello scrivente:“Organico di diritto, organico di fatto: una squadra di calcio con dieci giocatori”)..
[3] Del resto, anche la l.n. 124/1999, dichiarata costituzionalmente illegittima, a ben guardare offriva ai docenti collocati in graduatoria la chance indiscutibile di essere assunti in forza dello scorrimento della graduatoria.