Corte Costituzionale – Sentenza n. 106 del 22 maggio 2013

Illegittimità costituzionale della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991 nella parte in cui, ai fini della ammissione al beneficio della riserva di posti, irragionevolmente discrimina tra i soggetti che hanno partecipato alla realizzazione di progetti di utilità collettiva.

 

Con sentenza n. 106-2013 la Corte Costituzionale accoglie la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana 15 maggio 1991, n. 27, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Modica con Ordinanza n. 290 del 6 marzo 2012.

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La disposizione censurata non supera il vaglio della ragionevolezza, con conseguente violazione dell’art. 3 Cost.

L’intervento normativo, compiuto nell’aprile 1996, ha riammesso al beneficio della riserva, retroattivamente, soltanto coloro che, già impegnati in progetti di utilità collettiva per almeno centottanta giorni, avessero cessato di essere in servizio in un periodo compreso tra il 31 ottobre 1995 – dies a quo indicato dalla legge – e il 1° gennaio 1996 – quando sono terminati i progetti di utilità collettiva.

La norma censurata, quindi, discrimina tra coloro i quali sono stati impegnati anche più di centottanta giorni in progetti di utilità collettiva, ma non erano in servizio alla data del 31 ottobre 1995, e coloro i quali, pur avendo maturato un’esperienza minore, pari al minimo richiesto dalla legge, possono beneficiare della riserva per la semplice occasionale circostanza, introdotta ex post dal legislatore regionale, di essere in servizio alla data del 31 ottobre 1995.

In particolare, il termine scelto dal legislatore esclude dal beneficio della riserva, in modo irragionevole, tutti i soggetti che abbiano partecipato per almeno centottanta giorni a progetti di utilità collettiva nel periodo compreso tra il settembre 1993 – quando è stata apportata la prima modifica all’art. 7, comma, 1, della legge regionale n. 27 del 1991 – e il 30 ottobre 1995.

L’indicazione di un termine puntuale, riferito a una specifica data, dà luogo a una irragionevole disparità di trattamento tra soggetti che dovrebbero trovarsi nella eguale possibilità di usufruire di una disciplina diretta a favorire l’occupazione e a «non disperdere il patrimonio di professionalità» formato sia con fondi statali, sia con fondi regionali (ordinanza n. 430 del 2002).

Il legislatore può e deve fissare un termine certo per delimitare l’ambito soggettivo di applicazione di una disciplina, specialmente con riferimento alla riserva di posti nei pubblici concorsi, ammissibile in ipotesi circoscritte e solo al ricorrere di precise condizioni più volte indicate da questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 3 del 2013). Ma il modo in cui detto termine è stabilito non può essere irragionevolmente discriminatorio.

Nel caso in esame, il termine puntuale del 31 ottobre 1995, introdotto dal legislatore quando i progetti di utilità collettiva erano già conclusi, favorisce in modo arbitrario e irragionevole l’occupazione di alcuni soggetti a danno di eventuali altri che, ancora iscritti nelle liste di collocamento, avrebbero potuto anch’essi beneficiare della riserva per tutto il periodo in cui la disciplina censurata è rimasta in vigore.

Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991, nella parte in cui prevede – ai fini del riconoscimento della riserva a favore dei soggetti in possesso del prescritto titolo di studio che per un periodo non inferiore a centottanta giorni abbiano partecipato alla realizzazione dei progetti di utilità collettiva disciplinati dall’art. 23 della legge n. 67 del 1988 – la condizione di cui all’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 85 del 1995, ossia che detti soggetti fossero in servizio alla data del 31 ottobre 1995.