La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 4914 del 1/12/2015, definisce i criteri per il risarcimento dei danni a favore del lavoratore a causa dell’abuso dei contratti a termine da parte della P.A.
Con sentenza n. 4914 del 1/12/2015, pubblicata in data 14/3/2016, le Sezioni Unite hanno indicato i criteri da adottare per il risarcimento dei danni conseguenti all’abuso dei contratti a termine da parte della P.A. su cui si era creato un contrasto giurisprudenziale.
Le Sezioni Unite, hanno affermato il seguente principio di diritto:
”Nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato posto dall’art.36, comma 5, d.lgs 30 marzo 2001 n.165, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione con esonero dall’onere probatorio nella misura e nei limiti di cui all’art.32, comma 5, legge 4 novembre 2010, n.183, e quindi nella misura pari ad un’indennità omnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art.8 legge 15 luglio 1966,n.604.”
Le Sezioni Unite quindi, chiariscono i dubbi interpretativi che ruotano intorno all’art. 36 del Testo unico pubblico impiego (d.lgs. n. 165/2001) secondo il quale in materia di pubblico impiego, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte della PA non determina mai la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ma fonda il diritto del lavoratore al risarcimento del danno.
Le Sezioni Unite definiscono l’applicabilità anche nel settore pubblico dell’art. 32 della Legge n. 183 del 2010, proprio in virtù dei principi comunitari secondo i quali il rimedio deve essere effettivo ed equivalente a quello della conversione.
La Corte di Giustizia Europea, difatti, pur affermando che il citato art. 36 – il quale esclude per i dipendenti pubblici la trasformazione del contratto a tempo indeterminato – non contrasta con la direttiva comunitaria 1999/70, chiarisce tuttavia che la diversa tutela apprestata al dipendente pubblico precario rispetto al lavoro privato – settore in cui è invece consentita la conversione a tempo indeterminato – deve essere colmato con misure adeguate e garanzie equivalenti. In particolare, il danno risarcito al lavoratore pubblico deve avere: un’efficacia dissuasiva, non produrre conseguenze di minor favore di quelle previste per i privati e non rendere troppo difficile la tutela contro il ricorso eccessivo ai rinnovi. di Giustizia Europea la quale chiarisce che la diversa tutela
Pertanto, in virtù della sentenza della Cassazione a Sezione, risolti i dubbi interpretativi in materia, nelle ipotesi di abuso di contratti a termine da parte della P.A, il lavoratore avrà diritto ad un risarcimento del danno da quantificare nella misura e nei limiti di cui all’art.32, comma 5, legge 4 novembre 2010, n.183, e quindi nella misura pari ad un’indennità omnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art.8 legge 15 luglio 1966,n.604, senza dover fornire alcuna prova in merito al danno subito.