Concorso DS: definitivamente salva la prova preselettiva nazionale
Con la sentenza n. 4670/2014, depositata il 12/09/2014, il Consiglio di Stato sez. VI ha statuito la legittimità della tanto avversata prova preselettiva nazionale ed espletata, come noto, nell’ambito dell’ultima procedura concorsuale per DS.
Tanto ha deciso terminativamente il Supremo Consesso Amministrativo attraverso le seguenti motivazioni:
“La sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio accerta, con chiarezza e incisività, la legittimità dell’operato dell’Amministrazione e di tutta la procedura concorsuale posta in essere da quest’ultima, relativamente alla predisposizione e alla modalità di svolgimento della prova preselettiva del concorso in questione.
Il giudice di primo grado ha, infatti, stabilito, senza esitazione, che:
il meccanismo della predisposizione dei quesiti e la possibilità di affidamento all’esterno dell’espletamento e dell’organizzazione della prova selettiva sono tassativamente previsti dall’ordinamento primario;
che le censure al merito dell’azione amministrativa, relativamente al tempo di durata della prova e al rapporto di valutazione delle aree tematiche, sono infondate, non sussistendo nella specie né manifesta illogicità, né irrazionalità;
che le doglianze riguardanti le modalità di espletamento delle prove preselettive sono in parte infondate e in parte inammissibili per genericità e perché attingono il merito della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, non sindacabile in sede di giudizio amministrativo senza fornire un principio di prova di eventuali irregolarità che non attingono neanche la pubblicazione dei quesiti, con evidente inconsistenza delle censure di violazione dell’articolo 8 del bando di concorso.
Questo Collegio non valuta, poi, errati i profili della sentenza contestati dalla parte appellante per violazione tra chiesto e pronunciato, dal momento che il giudice di prime cure ha fornito un’articolata serie di argomentazioni in coerente scrutinio della legittimità dell’azione amministrativa e dell’infondatezza delle censure formulate riguardo alla presunta violazione dell’articolo 8 del bando di concorso, contestando l’erroneità del conteggio delle risposte sulla base dell’assunto di parte appellante che le cinque risposte sbagliate non erano da considerarsi tali solo perché a proprio avviso erano invece corrette.
Il giudice di primo grado ha, infatti, evidenziato la correttezza, la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa a garanzia della par condicio di tutti i concorrenti, anche con riguardo a possibili errori o ambiguità della domanda oggetto della prova preselettiva, poiché le risposte esatte ritenute tali dall’Amministrazione sono state pubblicate in anticipo e la loro conoscenza era acquisibile da tutti i candidati con evidente inconsistenza di una presunta eccessiva o irragionevole difficoltà delle prove.
Il giudice di primo grado non ha quindi argomentato oltre il richiesto, ma ha semplicemente voluto, in maniera esaustiva, sgomberare il campo da qualsiasi censura di illegittimità, pure quella che la parte appellante ha dichiarato di non aver formulato o di aver formulato – aggiunge questo Collegio- in maniera non così puntuale da esigere comunque un’esaustiva risposta su ogni profilo, pure quello non risultante in modo esplicito dalle censure addotte.
Nel momento in cui la parte appellante insiste nel circoscrivere la portata sulle doglianze all’errore che l’Amministrazione ha compiuto nel ritenere esatte alcune risposte, essendo queste ultime state pubblicate con congruo anticipo, questo Collegio non può che rilevare, nel solco di una giurisprudenza da cui non intende discostarsi (ex multis, Sezione VI, 5 aprile 2013, n. 1883) che, in tal modo, si sconfina nel merito amministrativo, ambito precluso al giudice amministrativo, il quale non può sostituirsi ad una valutazione rientrante nelle competenze valutative specifiche degli organi dell’Amministrazione a ciò preposti, e titolari della discrezionalità di decidere quale sia la risposta esatta ad un quiz formulato; ciò secondo la propria visione culturale, scientifica e professionale che ben può essere espressa in determinazioni legittime nei limiti, complessivi, della attendibilità obiettiva, nonché, – quanto al parametro-limite logico “inferiore” di tale sfera di discrezionalità-, della sua non manifesta incongruenza/travisamento rispetto ai presupposti fattuali assunti o della sua non evidente illogicità.
Questo Collegio neppure ravvisa, quindi, nelle scelte operate dalla Amministrazione con riguardo alle risposte ritenute esatte, che sia possibile ravvisare manifesta irragionevolezza, illogicità e incongruità che potrebbero giustificare un sindacato da parte di questo giudice. Sono, infatti, convincenti le argomentazioni esposte dall’Amministrazione nella nota del 5 marzo 2014 ed è processualmente rilevante che ad esse la parte appellante abbia inteso non replicare.
Neppure, sulla base di quanto esposto, può ritenersi fondato il convincimento della parte appellante sulle finalità non raggiunte dal concorso in questione, nel momento in cui vengono selezionati candidati il cui unico merito è quello di rispondere in maniera conforme a quanto indicato dal Ministero.
Ove si aderisse a tale tesi, infatti, verrebbe meno per ogni candidato, qualsiasi riferimento certo e soprattutto si accentuerebbero i margini di opinabilità, certamente in modo non coerente con il principio di trasparenza dell’azione amministrativa”.
Alla luce di tanto, il Consiglio di Stato ha finalmente “calato il sipario” su una delle procedure concorsuali più avversate dell’ultimo trentennio.