Scuola: se non sono garantite le ore di sostegno, niente risarcimento al minore disabile senza la prova del danno.
Il Consiglio di Stato con sentenza della VI Sezione n. 3400 dell’ 8 luglio 2015 torna ad occuparsi della vicenda delle ore di sostegno che le scuole pubbliche “devono” garantire agli allievi disabili.
Nel giudizio di primo grado il Tar Abruzzo aveva condannato una scuola media di Avezzano al risarcimento dei danni asseritamente subiti da un suo allievo in quanto il minore aveva fruito “per quattro mesi soltanto di nove ore (a fronte delle diciotto ore di sostegno a lui spettanti) e che solo tardivamente la scuola media di Avezzano frequentata dal minore gli avrebbe dapprima assegnato un secondo insegnante di sostegno e soltanto a decorrere dal nuovo anno 2013-2014 avrebbe garantito al minore il corretto rapporto di ore di sostegno utili al proficuo apprendimento degli insegnamenti scolastici”.
Il Tar, pur in difetto di specifica allegazione da parte dei genitori ricorrenti, aveva ritenuto il danno in re ipsa e condannato l’Amministrazione al pagamento di € 5000,00 a favore della famiglia del ragazzo.
Il Consiglio di Stato ha annullato tale statuizione facendo uso di consolidati principi della Cassazione Civile in ordine al riparto dell’onere probatorio (art. 2697 c.c.), sostenendo che il danno va comunque provato da colui che ne chiede il risarcimento. Più interessante la motivazione della sentenza laddove arriva a sostenere che “ il diritto particolare all’assistenza scolastica non è un diritto incondizionato (dovendo coniugarsi e essere posto in giusta e ragionevole proporzione con le esigenze generali rivenienti dalla limitatezza delle risorse finanziarie degli istituti scolastici)”.
In altri termini l’elevazione a rango costituzionale del principio di parità del bilancio porta a possibili conflitti con altri principi contenuti nella Carta delle Leggi, come quello allo studio e quello alla salute.
Tornano in mente le riflessioni di un premio Nobel dell’economia (Von Hayek, “Legge. Legislazione e Libertà”) sull’utopia di ritenere che le società moderne (“aperte”) possano o debbano garantire a tutti uguali accessi ai diritti anche fondamentali: un dibattito ancora aperto e tristemente attuale, soprattutto in periodi di crisi economica.
Domenico Tomassetti
(9 luglio 2015)
(Fonte: ilquotidianodellapa.it)