Consiglio di Stato – formazione iniziale degli insegnanti – parere sospeso.
Parere sullo schema di regolamento concernente “Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”.
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Numero 00372/2010 e data 02/02/2010
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione del 18 gennaio 2010
NUMERO AFFARE 00008/2010
OGGETTO:
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca.
Schema di regolamento concernente “Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”
LA SEZIONE
Vista la relazione AOO Uff Leg 5376 del 17/12/2009 con la quale il Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di rewgolamento in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Consigliere Francesco Bellomo;
PREMESSO
Con nota del 17 dicembre 2009, pervenuta al Consiglio di Stato il 5 gennaio 2010, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha trasmesso per il prescritto parere lo schema di decreto recante regolamento concernente “Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”
Stabilisce detta disposizione che: “Nelle more del complessivo processo di riforma della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti, anche al fine di assicurare regolarità alle assunzioni di personale docente sulla base del numero dei posti vacanti e disponibili effettivamente rilevati e di eliminare le cause che determinano la formazione di precariato, con regolamento adottato dal Ministro della pubblica istruzione e dal Ministro dell’università e della ricerca ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario da rendere entro il termine di quarantacinque giorni, decorso il quale il provvedimento può essere comunque adottato, è definita la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale e dell’attività procedurale per il reclutamento del personale docente, attraverso concorsi ordinari, con cadenza biennale, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente per il reclutamento del personale docente, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica e fermo restando il vigente regime autorizzatorio delle assunzioni […]”.
Con il regolamento in oggetto sono disciplinati i requisiti e le modalità della formazione iniziale del personale docente, essendo rinviato a un successivo regolamento ministeriale la disciplina della “attività procedurale” per il reclutamento.
Nella relazione di accompagnamento è illustrato come i due aspetti, anche se logicamente collegati (in quanto la formazione del docente è funzionale al suo reclutamento), hanno un’urgenza differente. La sospensione legislativa delle procedure di accesso alle Scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS), infatti, avvenuta secondo il disposto dell’articolo 64, comma 4-ter del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008, implica la necessità di offrire in tempi brevi un adeguato percorso per la formazione degli insegnanti, la cui immediata riqualificazione contribuisce al miglioramento del livello qualitativo della scuola italiana. La revisione delle procedure di reclutamento esige, al contrario, una tempistica diversa, atteso che i docenti che seguiranno i nuovi percorsi concluderanno il loro ciclo formativo in cinque o sei anni (a seconda del tipo di scuola nella quale andranno ad insegnare). Peraltro nell’immediato non vi è alcuna possibilità di avviare nuove procedure di reclutamento, posto che ad oggi il Ministero è obbligato ad attingere previamente dalle c.d. graduatorie ad esaurimento.
Ciò posto può passarsi ad elencare il contenuto del regolamento, che si compone di 16 articoli.
L’articolo 1 definisce le finalità del regolamento che stabilisce i requisiti e le modalità della formazione degli insegnanti della scuola dell’infanzia, primaria, nonché secondaria di primo e secondo grado.
L’articolo 2 illustra gli obiettivi che la formazione degli insegnanti intende perseguire per valorizzare e qualificare la funzione docente attraverso l’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali necessarie a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento vigente.
L’articolo 3 definisce i percorsi formativi che garantiscono l’acquisizione delle predette competenze in relazione alle singole classi di abilitazione. I percorsi formativi sono articolati in un corso di laurea magistrale a ciclo unico per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria comprensivo di un tirocinio, ed in un corso di laurea magistrale biennale ed un successivo tirocinio per la scuola secondaria di primo e secondo grado. I percorsi formativi preordinati all’insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo grado e di secondo grado sono attivati dalle università e dagli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, nell’ambito dei quali si articolano nel corso di diploma accademico di II livello e nel successivo anno di tirocinio, costituiscono parte integrante di tutti i percorsi formativi. Si prevedono, inoltre, per i percorsi formativi per l’insegnamento nella scuola secondaria periodi di tirocinio nelle istituzioni scolastiche facenti parte del “sistema nazionale di istruzione” e ricomprese nell’istituendo albo regionale.
L’articolo 4 disciplina i corsi di laurea magistrale dedicati alla formazione degli insegnanti, prevedendo il richiamo della normativa di cui al decreto ministeriale n. 270 del 2004, con alcune deroghe riguardanti i requisiti minimi in termini di strutture didattiche e scientifiche e il numero dei crediti previsti per l’attivazione dei corsi universitari. E’ poi disciplinata la facoltà di istituire corsi di laurea magistrale con il concorso di una o più facoltà dello stesso ateneo ovvero, sulla base di specifica convenzione, con il concorso delle facoltà di più atenei. E’ peraltro in ogni caso vietata la creazione di organi di gestione del corso indipendenti e separati dalle facoltà di riferimento e dalle università interessate.
L’articolo 5, dedicato alla programmazione degli accessi, attribuisce al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca il compito di definire annualmente con proprio decreto la programmazione degli accessi ai percorsi formativi, tenendo conto delle previsioni del fabbisogno di personale docente del sistema nazionale di istruzione per i diversi gradi e ordini di scuole e per classi di abilitazione, effettuate dagli uffici scolastici regionali, nonché delle disponibilità degli atenei e degli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica ad attivare e a svolgere i percorsi medesimi. Con decreto il Ministro definisce, altresì, le modalità di svolgimento e le caratteristiche delle prove di accesso ai percorsi, che comunque sono svolte contestualmente a livello nazionale.
L’articolo 6 disciplina il corso di laurea magistrale per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, a numero programmato con prova di accesso, prevedendo l’attivazione presso le facoltà di scienze della formazione e presso altre facoltà appositamente autorizzate dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Il corso, strutturato secondo la tabella 1 allegata al regolamento, include attività di tirocinio (per complessive 600 ore pari a 24 CFU) che hanno inizio nel secondo anno di corso e si svolgono secondo modalità tali da assicurare un aumento progressivo del numero dei relativi CFU fino all’ultimo anno. Il corso si conclude con la discussione della tesi e della relazione finale di tirocinio che costituiscono, unitariamente, esame avente anche valore abilitante all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.
L’articolo 7 è dedicato alla formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo grado e ne disciplina i percorsi formativi prevedendo il conseguimento della laurea magistrale a numero programmato con prova di accesso, lo svolgimento del tirocinio formativo attivo ed il relativo esame finale con valore abilitante. Le tabelle allegate al regolamento (nn. 2, 3, 4, 5, 6 e 7) individuano per ciascuna classe di abilitazione i requisiti per accedere alla prova di accesso al corso a numero programmato e la laurea magistrale necessaria per accedere al tirocinio formativo attivo. Le università sono peraltro abilitate ad ammettere al predetto tirocinio, in soprannumero, previo superamento di apposita prova orale, una serie di categorie di soggetti, in possesso di titoli attinenti all’attività di ricerca scientifica (dottori di ricerca, ricercatori a contratto, etc.).
L’articolo 8 disciplina la formazione degli insegnanti della scuola secondaria di secondo grado con la medesima tecnica dell’articolo 7, prevedendo il conseguimento della laurea magistrale a numero programmato con prova di accesso lo svolgimento del tirocinio formativo attivo ed il relativo esame finale con valore abilitante In tal caso, però, la definizione dei requisiti per essere ammessi alla prova di accesso e delle lauree necessarie per accedere al tirocinio annuale sono rimesse ad un successivo decreto ministeriale, che terrà conto della revisione delle classi di abilitazione discendente dall’attuazione dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e del decreto legislativo 17 ottobre 2005 n. 226. Anche in tal caso è peraltro disciplinata l’ammissione di alcune categorie di soggetti che abbiano maturato determinate esperienze nel campo della ricerca scientifica al tirocinio formativo annuale.
L’articolo 9 disciplina la formazione degli insegnanti di materie artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo e di secondo grado, prevedendo il conseguimento del diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico a numero programmato e con prova di accesso al relativo corso, lo svolgimento del tirocinio ed il relativo esame con valore abilitante. Le tabelle allegate (nn. 8, 9 e 10) individuano, per ciascuna classe di abilitazione per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo grado i corsi accademici biennali necessari per accedere al tirocinio annuale, mentre con decreto del Ministro si provvederà ad adottare le tabelle che individuano, per le classi di abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado, i corsi accademici di II livello necessari per accedere al tirocinio annuale.
L’articolo 10 disciplina l’istituzione e lo svolgimento del tirocinio per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo e di secondo grado, configurandolo quale corso di preparazione all’insegnamento, le cui attività corrispondono a 60 crediti formativi universitari, suddivisi secondo la tabella allegata n. 11. Il tirocinio ha durata annuale e attribuisce, previo superamento di un esame finale, il titolo di abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado in una delle classi di abilitazione vigenti.
L’articolo 11 è dedicato ai docenti tutor e prevede che le università interessate stipulino apposite convenzioni con le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione elencate nell’istituendo albo regionale. I dirigenti scolastici di tali istituzioni designano, fra i docenti di ruolo che ne hanno fatto domanda, i tutor dei tirocinanti che hanno il compito di orientare gli studenti rispetto all’organizzazione istituzionale e didattica e rispetto alle diverse attività e pratiche in classe, di accompagnare e monitorare l’inserimento in classe e la gestione diretta dei processi di insegnamento degli studenti tirocinanti.
L’articolo 12 è dedicato all’elenco regionale delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, accreditate ad accogliere i tirocinanti nei percorsi formativi degli insegnanti. Il periodo di tirocinio può essere altresì svolto nei centri d’istruzione per gli adulti. L’albo, che deve essere tenuto in forma telematica, è predisposto e aggiornato dagli Uffici scolastici regionali. Ciascun Ufficio scolastico regionale, inoltre, vigilerà sulla corretta applicazione della normativa inerente allo svolgimento del tirocinio formativo attivo, potendo escludere dall’albo le istituzioni scolastiche nelle quali siano avvenute irregolarità. Al Ministero spetta invece il compito di stabilire con proprio decreto i criteri per l’accreditamento delle istituzioni scolastiche.
L’articolo 13 si occupa dei corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, prevedendo che, in attesa della istituzione di specifiche classi di abilitazione, la specializzazione per l’attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità si consegue esclusivamente presso le università. A conclusione del corso il candidato che supera con esito favorevole l’esame finale consegue il diploma di specializzazione per l’attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, che consente l’iscrizione negli elenchi per il sostegno ai fini delle assunzioni a tempo indeterminato ed a tempo determinato sui relativi posti disponibili.
Anche l’articolo 14 è dedicato ad un particolare percorso formativo, attribuito in via esclusiva alle università, quello di perfezionamento per l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera. In particolare, le università, nei propri regolamenti didattici di ateneo, possono disciplinare i predetti corsi, articolandoli per la scuola secondaria di secondo grado e prevedendo l’acquisizione di almeno 60 crediti formativi comprensivi di un tirocinio di almeno 300 ore pari a 12 CFU. A conclusione del corso, al candidato che supera con esito favorevole l’esame finale è rilasciato il certificato attestante le acquisite competenze per l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera.
L’articolo 15 reca le norme transitorie.
L’articolo 16 reca la norma finanziaria che garantisce l’invarianza della spesa prevedendo che i corsi previsti dal regolamento sono finanziati con i proventi derivanti dalle tasse e dai contributi degli studenti, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
CONSIDERATO
Il regolamento in questione appartiene alla tipologia di cui all’art. 17, comma 3 legge 23 agosto 1988, n. 400, che prevede la possibilità di adottare con decreto ministeriale regolamenti nelle materie di competenza del ministro quando la legge espressamente conferisca tale potere.
Sul piano formale il regolamento trova, dunque, piena legittimazione nell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Esso, altresì, ricade in una materia sottoposta alla potestà legislativa dello Stato, come tale riservata ai regolamenti statali. Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è definito dal nuovo articolo 117 della Costituzione come segue:
– spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le “norme generali sull’istruzione” (comma 2, lett. n);
– spetta alla potestà concorrente della Regione la materia “istruzione”, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale (comma 3).
Con la sentenza n. 200 del 2009 della Corte costituzionale, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, ha ribadito che “il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di “uniformità” di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall’altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l’esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell’ambito del territorio di ciascuna Regione”.
La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”), sicché ben possono essere adottati regolamenti che non si limitino a dettare una disciplina di tipo esecutivo, ma diano attuazione alla normativa di rango superiore, dettando modifiche e integrazioni delle norme vigenti in materia. Il presente regolamento rispetta tali vincoli.
Nella prospettiva della legittimità formale e sostanziale del testo occorre verificare la fedeltà alla fonte primaria, la compatibilità con il quadro legislativo del settore e la coerenza con il sistema.
Sotto il primo profilo risultano rispettati sia l’oggetto previsto dalla norma di autorizzazione (la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale del personale docente), sia il vincolo della neutralità della riforma per la finanza pubblica (l’art. 16 stabilisce un sistema di auto-finanziamento dei corsi di formazione previsti dal regolamento e la relazione tecnica esamina puntualmente le norme aventi riflessi finanziari, evidenziando che le stesse non comportano alcun onere aggiuntivo).
Per quanto riguarda l’oggetto non appare censurabile la scelta di regolare la formazione dei docenti, e non anche il loro reclutamento.
La scissione temporale dei due interventi non è impedita dalla formulazione dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, lì dove si stabilisce che “con regolamento adottato dal Ministro della pubblica istruzione e dal Ministro dell’università e della ricerca, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 40 […], è definita la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale e dell’attività procedurale per il reclutamento del personale docente”. La norma, infatti, indica la fonte e la possibilità di adozione di un unico regolamento, non anche l’obbligo, né la necessità che l’adozione dei provvedimenti sia contestuale.
Sul nuovo sistema di formazione universitaria dei docenti, andrà poi a innestarsi la nuova disciplina sul reclutamento, che deve tener conto del processo di attuazione dell’articolo 64 del decreto legge n. 112 del 2008, con particolare riferimento al riordino dei licei e degli istituti di istruzione tecnica e professionale e la razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso nella prospettiva di una maggiore flessibilità dell’impiego dei docenti.
La fedeltà alla fonte primaria è riscontrata anche sul piano procedimentale, essendo stati acquisiti i pareri obbligatori del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, oltre che i pareri facoltativi del Consiglio universitario nazionale, del Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica e musicale, del Consiglio nazionale degli studenti universitari, del Consiglio nazionale della pubblica istruzione.
Quanto alla compatibilità con il quadro legislativo del settore ed alla coerenza con il sistema, il regolamento delinea un nuovo modello di formazione iniziale dei docenti, sostitutivo di quello vigente, nonché di quello previsto dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 227 (già abrogato dal medesimo articolo 2, comma 416 della legge n. 244 del 2007). Il regolamento mantiene peraltro in capo alle università e alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, l’attività di formazione del personale docente della scuola.
L’esigenza di ridisegnare il percorso degli insegnanti di ogni ordine e grado è indubbiamente legata alla constatazione di una difficoltà della scuola italiana, testimoniata da numerose ricerche di organismi internazionali e nazionali, nonché dall’esperienza diretta, che la colloca in posizioni molto basse soprattutto per quanto riguarda il livello degli apprendimenti linguistici, nell’ambito delle scienze matematiche, fisiche e naturali e, in generale, delle conoscenze disciplinari. Tale difficoltà non può che essere ricondotta ai contenuti e alle modalità degli insegnamenti e al livello di conoscenze e competenze degli insegnanti.
Il tema della formazione degli insegnanti è stato affrontato nel regolamento tenendo presente un obiettivo e due premesse fondamentali.
L’obiettivo è di contemperare l’esigenza di cambiamento, connessa all’inevitabile constatazione che i risultati delle numerose riforme messe in atto nel passato decennio non sono stati soddisfacenti, con quella di non sottoporre il sistema universitario ad ulteriori tensioni. Occorre quindi risolvere il problema della formazione degli insegnanti senza stravolgimenti normativi e senza nuove modifiche del decreto ministeriale n. 270 del 2004 proprio nella fase in cui esso viene applicato in tutte le università. Si tratta di far sì che le università inseriscano nell’offerta formativa quei percorsi di “accreditamento” interni alla lauree magistrali che sono indispensabili per la formazione degli insegnanti. Una soluzione siffatta può essere introdotta immediatamente con interventi normativi molto limitati.
La prima premessa è legata alla considerazione iniziale, e cioè che un miglioramento del livello della scuola italiana attraverso la riqualificazione del percorso di formazione degli insegnanti deve comportare un deciso rafforzamento delle conoscenze disciplinari nei confronti delle quali si è manifestata negli ultimi anni un’insufficiente attenzione. Come in ogni altra professione qualificata, un insegnante deve entrare in aula con un elevato livello di conoscenze disciplinari adeguate e aggiornate in riferimento alle materie delle singole classi di abilitazione per l’insegnamento. Un siffatto livello può essere efficacemente conseguito nel contesto di una laurea magistrale che comporti la preparazione di una tesi di laurea e anche attività di laboratorio.
La seconda premessa è che la formazione degli insegnanti deve promuovere la riflessione pedagogica e sviluppare capacità didattiche, organizzative, relazionali e comunicative. Deve considerarsi acquisito che un siffatto aspetto è caratteristico del profilo formativo e professionale dell’insegnante. Il futuro insegnante, oltre a possedere sicure e imprescindibili conoscenze delle discipline da insegnare, deve avere l’opportunità di riflettere sulle modalità di trasmissione delle conoscenze e di acquisizione delle competenze e sulle complesse e articolate problematiche della mediazione didattica. La sua formazione socio-psico-pedagogica deve renderlo capace di orientarsi nelle diverse fasce di età e permettergli di operare al meglio sia nell’ambito dei problemi legati alle relazioni interpersonali a scuola (lavoro di gruppo, rapporti tra studenti, rapporti con le famiglie, ecc.) sia all’individuazione delle modalità educative (motivazioni allo studio, partecipazione, ecc.) adeguate a promuovere il successo didattico.
Da quanto precede risulta che è stato tenuto ben presente, da un lato, l’esigenza di continuità con l’ordinamento universitario, di recente modificato, dall’altra l’esigenza di introdurre correzioni di rotta ad una normativa non pienamente idonea a formare un corpo docente all’altezza delle sfide della modernità.
Non può che rilevarsi la piena rispondenza al disegno legislativo – da tempo ordito – che intende sempre più valorizzare i principi di efficacia, efficienza ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema amministrativo, alla luce di una rilettura dell’art. 97 Cost. e del principio di buon andamento, il quale muove dall’idea che l’attività della pubblica amministrazione, sia essa destinata all’erogazione di atti come di servizi, assuma la configurazione di un “servizio” reso alla comunità nazionale (art. 98 Cost.).
Proprio nel settore dell’istruzione l’art. 64, comma 3 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 ha demandato al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Unificata la predisposizione di un piano programmatico di interventi “volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, conferendo con il successivo comma 4 un’ampia delega allo stesso Ministro per la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, in attuazione di detto piano.
La Sezione rinvia in proposito alle considerazioni già svolte in precedenti pareri relativi ai regolamenti già preparati, ricordando in particolare il nesso necessario fra:
1) obiettivi di finanza pubblica, revisione organizzativa, revisione ordinamentale e didattica della scuola;
2) sviluppo e competitività del sistema nazionale da un lato e miglioramento del livello culturale della popolazione nazionale dall’altro;
3) buon andamento dell’organizzazione amministrativa e standards quantitativi e qualitativi del servizio istruzione.
In tale contesto la “formazione dei formatori” è uno snodo essenziale, da cui dipende in buona parte la validità del “progetto scuola” nel sistema Italia. Concetto scolpito nell’art. 2, comma 1 del regolamento, secondo cui “La formazione iniziale degli insegnanti di cui all’articolo 1 è finalizzata a qualificare e valorizzare la funzione docente attraverso l’acquisizione di competenze […] ecessarie a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento vigente”.
Sul piano dei contenuti, premesso che una valutazione strettamente di merito non è nella competenza consultiva del Consiglio di Stato, l’analisi dello schema di regolamento consente di formulare le seguenti osservazioni.
In ordine al collegamento con la manovra di riforma dell’istruzione scolastica stabilisce espressamente l’art. 1 che il regolamento è adottato “nelle more del complessivo processo di riforma della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti, collegato all’emanazione del regolamento di cui all’articolo 64, comma 4, lettera a) del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, con legge 6 agosto 2008, n. 133” ed “in coerenza con le previsioni di cui al piano programmatico adottato dal Ministro dell’istruzione dell’ università e della ricerca, ai sensi del predetto articolo 64”. L’art. 64, comma lett. a), infatti, fissa tra i criteri della delega la “razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso, per una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti”. Inoltre, con riferimento ai percorsi di formazione degli insegnanti della scuola secondaria di seconda grado – la cui riforma non era ancora stata varata al momento di predisposizione del testo – l’art. 8, comma 2 si preoccupa di assicurare il necessario coordinamento. Analoga formula è posta dall’art. 9, comma 3 relativamente ai percorsi di formazione degli insegnanti di materie artistiche, musicali e coreutiche, della scuola secondaria di primo e secondo grado.
Il punto centrale del regolamento è la disciplina dei percorsi di formazione dell’insegnante, che si svolge all’interno del sistema universitario (art. 4) ed è articolata in due fasi: una laurea magistrale ed un tirocinio, differenziati a seconda del grado scolastico cui si riferiscono.
L’attuale normativa universitaria prevede due livelli di laurea, oppure una laurea magistrale a ciclo unico per particolari professioni.
Per gli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria il regolamento, tenendo conto delle riflessioni e studi condotti sull’attuale laurea quadriennale nelle facoltà di Scienze della formazione e delle specificità educative dei maestri, rifiuta il percorso del tipo 3 + 2, il quale non palesa utilità per tale ambito ed, inoltre, ostacolerebbe un tempestivo inizio delle esperienze di tirocinio, essenziali per la natura dell’insegnamento primario e dell’infanzia. Da qui la soluzione (art. 6) più coerente di un unico ciclo abilitante di cinque anni, comprensivo di un tirocinio che verrà avviato nelle facoltà di Scienze della formazione a partire dal secondo anno di corso, con accesso a numero programmato secondo le indicazioni del Ministero. Il percorso di studi articolato su cinque anni consiste di un curriculum equilibrato tra insegnamenti disciplinari e didattico-pedagogici. Per entrambi gli ordini di scuola sono potenziati gli insegnamenti linguistico-letterari, matematici, di scienze fisiche e naturali, storici e geografici.
Per le scuole secondarie è preliminare che i docenti acquisiscano quelle conoscenze e competenze specialistiche necessarie per l’insegnamento di primo e secondo grado. Il percorso previsto (articoli 7 ed 8 ) consiste, dunque, nel conseguimento della laurea triennale, e poi nell’accesso a un biennio magistrale didattico a numero programmato con prova di accesso sulla base delle indicazioni del Ministero, seguito da un anno finale di tirocinio. Il tirocinio formativo attivo (art. 10) è configurato quale vero e proprio corso di preparazione all’insegnamento. Esso ha durata annuale e attribuisce, tramite un esame finale il titolo di abilitazione all’insegnamento in una delle classi di abilitazione previste dal decreto ministeriale n. 39 del 1998 e dal decreto ministeriale n. 22 del 2005, sino a quando tali decreti non saranno sostituiti. Il corso di tirocinio formativo attivo è istituito presso una facoltà di riferimento e può essere interfacoltà o interateneo. In tale segmento della formazione, che si svolge presso istituzioni scolastiche accreditate dalla Regione (art. 12), è valorizzata la figura del tutor (art. 11), scelto tra il personale docente e dirigente in servizio nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione.
Ciò posto, con riferimento a singole disposizioni, la Sezione ritiene di formulare i seguenti rilievi e suggerimenti.
All’art. 3, comma 2, lett. b) appare preferibile esplicitare – anche per ragioni di simmetria con la precedente lettera a) – che per l’insegnamento nella scuola secondaria è richiesto, oltre al corso di laurea biennale ed al successivo tirocinio, il conseguimento della laurea triennale di base.
Nell’art. 11 esiste un contrasto tra il comma 3, secondo cui i docenti chiamati a svolgere l’incarico di tutor dei tirocinanti sono designati dai dirigenti scolastici preposti alle scuole iscritte nell’elenco di cui all’articolo 12, tra i docenti di ruolo in servizio nelle medesime istituzioni e che ne abbiano fatto domanda, il comma 5, che stabilisce una disciplina unitaria di selezione per tutte le figure di tutor, il comma 7, che riferisce la procedura di conferma annuale ai soli tutor coordinatori ed organizzatori. Sembrerebbe che tale contraddizione sia da imputarsi ad un erroneo riferimento da parte dell’art. 5, primo periodo ai tutor dei tirocinanti, che invece avrebbero dovuto essere esclusi dalla relativa disciplina, calibrata sulle altre due figure. In tal senso milita anche la relazione illustrativa.
Pertanto si consiglia la riformulazione della disposizione eliminando il richiamo ai compiti tutoriali di cui al comma 3. Per chiarezza si riporta il testo modificato: “5. Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze sono stabiliti, nei limiti dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 4, della legge 3 agosto 1998, n. 315, i contingenti del personale della scuola necessario per lo svolgimento dei compiti tutoriali di cui ai commi 2 e 4 e la loro ripartizione tra le facoltà o le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica di riferimento, nonché i criteri di selezione degli aspiranti ai predetti compiti”.
All’art. 15, comma 22 si suggerisce di eliminare la parola “non” nell’inciso “avente natura non regolamentare”, che definisce il decreto chiamato a fissare i percorsi finalizzati alla formazione iniziale e all’abilitazione degli insegnanti tecnico-pratici, il quale – anche per ragioni di congruenza – deve avere natura normativa. In generale, indipendentemente dalla natura non normativa dei decreti, appare preferibile eliminare il predicato “non regolamentare” dal testo, trattandosi di precisazione inappropriata, specie in una fonte di rango secondario.
Le superiori osservazioni saranno da considerare nella redazione finale del decreto legislativo.
Prima di rendere il parere definitivo la Sezione ritiene di sollecitare un chiarimento da parte del Ministero in ordine a due punti.
Con riferimento all’art. 15 risulta meritevole di approfondimento la questione – sollevata nel parere del Consiglio Nazionale della pubblica istruzione – relativa al riconoscimento del servizio prestato in via precaria presso le istituzioni scolastiche, ai fini dell’accesso al tirocinio formativo attivo, nonché come parte dei crediti formativi previsti nel tirocinio, con particolare riferimento ai laboratori didattici di cui alla tabella dodici. Al riguardo, anche al di là di possibili profili formali di irragionevolezza della disciplina transitoria, appare opportuno prevedere, in una fase di passaggio dal vecchio al nuovo regime, tener conto dell’esperienza professionale maturata, ferma restando la possibilità di fissare presupposti e limiti di tale rilevanza e di graduarne gli effetti.
Con riferimento all’art. 16 desta non poche perplessità la previsione secondo cui i corsi previsti dal regolamento, organizzati dall’Università o dalle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, sono organizzati “con i proventi derivanti dal pagamento delle tasse e dei contributi a carico dei corsisti”.
La Sezione individua al riguardo un possibile conflitto con il principio di legalità di cui all’art. 23 della Costituzione, che attiene a tutte le prestazioni patrimoniali imposte, indipendentemente dalla natura tributaria o meno (ragion per cui il problema investe – oltre le tasse – i contributi, anche qualora se ne voglia disconoscere la natura fiscale). Detto principio è compromesso non solo in mancanza di una base formale del potere impositivo, ma anche in assenza della fissazione in norme di legge dei criteri fondamentali cui lo stesso deve ispirarsi.
Il Ministero, pertanto, è invitato a indicare quale sia la fonte primaria della norma regolamentare appena citata se la stessa detti un criterio idoneo a consentire la previsione secondo cui l’integrale copertura del costo dei corsi avviene attraverso il prelievo coattivo sui corsisti. Non sarebbe sufficiente, infatti, a giustificare detta previsione la semplice esistenza del potere di imporre tasse e contributi a carico dei corsisti, atteso che il principio di legalità sostanziale, particolarmente inteso in materia di ablazioni obbligatorie, postula che sia legge a stabilire il perimetro entro cui tale potere deve muoversi. Si aggiunga che il principio dell’integrale copertura dei costi tramite tassazione e contribuzione degli aventi diritto al servizio appare poco in linea con la natura di tali prestazioni, e più adeguato ad un corrispettivo contrattuale. Infine, l’attribuzione al Ministero dell’istruzione della competenza a fissare la misura delle tasse, può risultare lesiva dell’autonomia universitaria e andrebbe con essa coordinata.
La formulazione dell’art. 16 non aiuta l’interprete neppure a comprendere chiaramente il rapporto esistente tra la copertura dei costi tramite tasse e contributi e il principio di invarianza di spesa nel finanziamento della riforma. Dalla relazione tecnica emerge come solo una parte limitata dell’intervento trovi copertura nel prelievo coatto, mentre dal testo della disposizione sembra il contrario, sia per la mancata limitazione del nesso tra costi e ricavi provenienti dai versamenti dei corsisti (ad esempio tramite la particella “anche”), sia per l’immediata successione della prescrizione secondo cui dai corsi non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Ulteriore elemento di incertezza risiede nel significato attribuito all’espressione “finanza pubblica”, di cui occorre che il Ministero specifichi se si riferisce al solo bilancio dello Stato (come emergerebbe dalla relazione tecnica) o anche a quello dell’Università.
P.Q.M.
Sospende emanazione del parere all’esito degli adempimenti di cui in motivazione.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Giancarlo Coraggio
IL SEGRETARIO