Reiterazione supplenze al 30 giugno: scatta l’abuso

MIUR condannato a risarcire 12 mensilità un ATA

In questi giorni è stata pubblicata dalla sezione Lavoro del Tribunale di Avezzano (AQ) la sentenza n. 213/2019, con cui il Giudice, dr. Antonio Stanislao Fiduccia, ha accolto una richiesta risarcitoria di un dipendente ATA per l’abusiva reiterazione di contratti a termine oltre i 36 mesi, presentata due anni orsono dagli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia del foro di Avezzano, condannando il MIUR a 12 mensilità di risarcimento.

L’importanza della pronuncia sta nella circostanza che le supplenze del lavoratore terminavano il 30 giugno e non il 31 agosto, talché l’amministrazione aveva escluso l’abusività della reiterazione eccependo che non si configurava l’ipotesi delle nomine di cui ai commi 1 o 2, art. 4,della legge n. 124/1999 su uno stesso posto per più di tre anni scolastici, e che la carriera professionale del personale ATA non si misura in anni scolastici, bensì nel periodo di servizio effettivamente prestato, né si applica a tale personale l’art. 11, comma 14, legge n. 124/1999, per il quale il servizio di insegnamento non di ruolo si considera prestato per l’intero a.s. se ha avuto durata di almeno 180 giorni ovvero se è stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio alle operazioni di scrutinio finale.

La legittimità della sequenza degli incarichi di supplenza, dunque, è stata rivendicata facendo leva sulla natura giuridica delle supplenze, non ascrivibili, per il Miur, all’ipotesi di incarico annuale per la copertura delle cattedre e posti d’insegnamento vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano presumibilmente tali per tutto l’anno scolastico (art. 4 comma 1) e nemmeno riconducibile alla categoria delle supplenze temporanee sino al termine delle attività didattiche per la copertura di cattedre e posti d’insegnamento non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico e per le ore di insegnamento che non concorrano a costituire cattedre o posti orario (Art. 4 comma 2).

Il Miur ha, altresì, dedotto l’infondatezza delle domande azionate sul presupposto che la giurisprudenza comunitaria sull’abuso della reiterazione ultratriennale dei contratti a termine nella scuola non si applicherebbe al personale ATA, il quale viene immesso in ruolo esclusivamente a seguito di concorsi per titoli, che, a decorrere dall’a.s. 2001/2002, sono stati indetti annualmente.

Con una corposa motivazione, il Giudice del lavoro del Tribunale di Avezzano ha smontato le deduzioni del MIUR ripercorrendo la normativa comunitaria, nazionale e la rispettiva giurisprudenza, soffermandosi, dopo aver rammentato che “la disciplina del reclutamento del personale scolastico, docente ed ATA, contenuta nel D.Lgs. n. 297/1994, costituisce un corpus normativo completo e speciale e non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368/2001,  sulla nota sentenza della Corte di Giustizia del 26.11.2014 (sentenza Mascolo) e sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 187/2016, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 11, della legge n. 124/1999 “nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi di durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”.

Il Giudice, sulla scorta delle recenti sentenze della Cassazione, ha stabilito che “il dato della scadenza temporale dell’incarico (al 30 agosto, ai sensi dell’art. 1, comma 1, legge n. 124/1999; al 30 giugno o al termine delle attività didattiche, ai sensi dell’art. 1, comma 2, legge n. 124/1999) non è decisivo ai fini della qualificazione dell’incarico come supplenza su organico di diritto o di supplenza su organico di fatto” e che, nondimeno, “il lavoratore può vincere la presunzione sulle ragioni obiettive sottese alle supplenze di cui ai commi 2 e 3, art. 4, legge n. 124/1999, ove alleghi e provi che, ‘nella concreta attribuzione delle supplenze della tipologia in esame, vi sia stato un uso improprio o distorto del potere di organizzazione del servizio scolastico delegato dal legislatore al Ministero e, quindi, prospettandosi, non già la sola reiterazione ma le condizioni concrete della medesima (quali il susseguirsi delle assegnazioni presso lo stesso Istituto e con riguardo alla stessa cattedra)’ (Cass. n. 22552/2016 cit.)”.

Viceversa, osserva il Tribunale, “nel caso di specie, il ricorrente ha, sin dal ricorso introduttivo, allegato la natura degli incarichi ricevuti negli anni dall’Amministrazione scolastica (anche di quelle con scadenza 30 giugno, negli a.s. 2010-2011, 2011-2012 e 2013-2014) come supplenze su posti ‘vacanti e disponibili’, e tale circostanza non è stata però tempestivamente contestata dall’Amministrazione scolastica”.

 L’avvocato Salvatore Braghini esprime piena soddisfazione per una sentenza che non esita a qualificare innovativa, “in quanto smonta l’argomento solitamente frapposto dal Miur in ordine ai contratti di supplenza al 30 giugno, la cui ripetizione negli anni sarebbe legittima perché apoditticamente destnati alla copertura di posti disponibili ma non vacanti. Così non è, invece, soprattutto se ciò non viene provato nel corso della causa”.

Avezzano, 13 settembre 2019                                               Avv. Salvatore Braghini