di Giuseppe Sabbatella, avvocato specializzato in diritto del lavoro e diritto scolastico.
Indice. 1. L’evoluzione della materia – 2. La nuova disciplina e il suo ambito di applicazione – 2.1 I canali di segnalazione – 2.2 L’oggetto della segnalazione – 2.3 Gli atti ritorsivi – 3.3. Contenzioso, onere della prova e invalidità delle rinunce e delle transazioni. 4. L’applicazione della normativa nelle istituzioni scolastiche
1. L’evoluzione della materia
Il whistleblowing è un istituto giuridico di origine anglosassone che indica la condotta di chi denuncia attività illecite o fraudolente all’interno di un’organizzazione pubblica o privata (to blow the whistle significa, letteralmente, “soffiare il fischietto” come un tempo faceva il poliziotto nel tentativo di far cessare un’azione illecita).
Nell’ordinamento giuridico italiano tale istituto è stato, in un primo momento, introdotto solo per il pubblico impiego dalla legge 190/2012 (che ha inserito l’art. 54 bis nel D.lgs. 165/01) per poi essere esteso anche al settore privato con la legge n. 179 del 2017.
La novella del 2017 ha integralmente riscritto l’art. 54 bis D.lgs. 165/2001, introducendo, per la prima volta nel nostro ordinamento, specifiche misure a tutela dei whistleblowers nel settore privato e prevedendo una specifica clausola di esonero dalla responsabilità (ex artt. 326, 622, 623 c.p.) nel caso in cui il segnalante riveli un segreto d’ufficio, aziendale, professionale, scientifico o industriale o violi il dovere di lealtà e fedeltà di cui all’art. 2105 c.c.
Il 26 novembre 2019 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la direttiva n. 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio concernete la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione.
Scopo della direttiva è quello di fornire a tutti gli Stati membri un quadro unitario e delle regole uniformi in materia di whistleblowing, con l’obbligo da parte di questi di uniformare le proprie normative al diritto dell’Unione entro il 17 dicembre 2021.
Come noto, con notevole ritardo rispetto al termine fissato dal legislatore europeo, il recepimento della Direttiva in Italia è stato raggiunto solo di recente, in data 15 marzo 2023, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.lgs. n. 24 del 10 marzo 2023 (in seguito, per brevità, il “Decreto”) che ha dato “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”.
Procediamo quindi alla disamina delle principali novità introdotte dalla nuova normativa.
2. La nuova disciplina e il suo ambito di applicazione
Negli intendimenti del legislatore, il Decreto è stato concepito non per stravolgere la precedente normativa in materia, ma per realizzare un ampliamento degli ambiti di tutela nonché una “parificazione” tra la disciplina pubblicistica e quella privatistica, raccogliendo in un unico testo normativo l’intera disciplina dei canali di segnalazione e delle tutele riconosciute ai segnalanti sia del settore pubblico che privato.
A tal proposito, va detto che tra le principali novità si segnala l’estensione dell’ambito soggettivo di applicazione della tutela sul whistleblowing al settore privato, che coinvolge oggi tutti gli enti privati che:
- Nell’ultimo anno abbiano impiegato almeno cinquanta lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
- Pur non rientranti nel suddetto requisito dimensionale, si occupano di alcuni specifici settori quali: servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo, sicurezza dei trasporti e tutela dell’ambiente;
- Adottano i modelli di organizzazione e gestione di cui al decreto legislativo 231/2001, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media dei cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato.
In merito al settore pubblico, l’obbligo di predisporre i canali di segnalazione interna grava su tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/01, sulle autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, sugli enti pubblici economici, concessionari di pubblico servizio e società in house.
Altra importante innovazione dettata dalla nuova disciplina è data dall’estensione del novero degli individui potenzialmente suscettibili di tutela. Infatti, in applicazione di quanto stabilito dalla normativa comunitaria, ad essere protetti da eventuali misure ritorsive non saranno (come accadeva nella vigenza del vecchia disciplina regolatrice della materia) i soli pubblici dipendenti o lavoratori subordinati del settore privato, ma anche i lavoratori autonomi, i collaboratori a vario titolo, i liberi professionisti o consulenti che prestino la propria opera presso gli enti a cui si applica la norma.
2.1 I canali di segnalazione.
Tutti i soggetti rientranti nell’ambito di applicazione della norma – sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015 – devono attivare un proprio canale di segnalazione interno, che garantisca, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia:
- la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione;
- nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione (art. 4, comma 1, del Decreto).
Inoltre – ai sensi dell’art. 4, comma 2, del Decreto – la gestione del canale di segnalazione deve essere affidata a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione oppure a un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificamente formato.
Le segnalazioni circa le irregolarità potranno inoltre avvenire nelle forme più disparate: per iscritto, anche con e-mail, oralmente o, qualora venga richiesto, attraverso incontri diretti.
Per consentire la tracciabilità della comunicazione, il legislatore ha previsto che entro sette giorni dalla ricezione sia fornito un avviso di ricevimento e, entro tre mesi, un primo riscontro relativo alle indagini in essere a seguito della segnalazione (art. 5 del Decreto).
Nella disciplina delineata dal Decreto, l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) assume una duplice funzione in quanto, non solo è investita del potere di sanzionare gli enti che si renderanno inadempienti agli obblighi del decreto, ma è anche depositaria di un canale di segnalazione c.d. esterno, che i whistleblower potranno sempre utilizzare, anche (e soprattutto) laddove la segnalazione attraverso i canali “interni” all’impresa non dovesse ottenere riscontro ovvero in presenza degli altri requisiti d cui all’art. 6 del Decreto.
Un’ulteriore, importante, novità consiste nella possibilità di rendere la segnalazione “pubblica”, attraverso i mass media o i social. L’extrema ratio è riconosciuta al segnalante qualora abbia, senza seguito, azionato i debiti canali interni ed esterni o, ancora, se abbia fondato motivo di ritenere che l’illecito denunciato possa costituire una minaccia concreta per l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato.
In sintesi, alla luce delle recenti modifiche, è possibile individuare i seguenti canali di segnalazione:
- Interno (nell’ambito del contesto lavorativo);
- Esterno (ANAC);
- Divulgazione pubblica (tramite la stampa, mezzi elettronici o mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone);
- Denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.
2.2 L’oggetto della segnalazione
Come già stabilito dalla precedente normativa, oggetto della segnalazione non deve esser necessariamente una condotta costituente reato, ma può essere qualsiasi violazione delle disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che leda l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.
È quindi fondamentale, ai fini dell’applicazione dello specifico regime di tutela, che la segnalazione sia effettuata esclusivamente nell’interesse pubblico o nell’interesse alla integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato.
Da quanto detto discende ovviamente che le disposizioni del Decreto non si applicano alle contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile che attengono esclusivamente ai propri rapporti individuali di lavoro o di impiego pubblico, ovvero inerenti ai propri rapporti di lavoro o di impiego pubblico con le figure gerarchicamente sovraordinate (art. 1, comma 2, lett. a) del Decreto).
2.3 Gli atti ritorsivi
Il Decreto vieta, all’art. 17, qualsiasi atto ritorsivo nei confronti di chi segnala le presunte irregolarità: il comma 4 elenca una casistica, seppur non esaustiva, di fatti che potrebbero considerarsi ritorsivi:
a) Il licenziamento;
b) La sospensione, anche di natura disciplinare o misure analoghe;
c) Le mancate promozioni o le retrocessioni di grado;
d) Il mutamento delle mansioni;
e) Il trasferimento;
f) La modifica dell’orario di lavoro;
g) L’ostracismo e le molestie;
h) La discriminazione ed il trattamento sfavorevole;
i) Il mancato rinnovo o a risoluzione anticipata di un contratto a tempo determinato.
3. Contenzioso, onere della prova e invalidità delle rinunce e delle transazioni.
In caso di contenzioso giudiziale, il compito di provare che le suddette condotte discendono da fattori estranei alla segnalazione è a carico di chi le ha poste in essere. Dunque, una volta che il segnalante provi di aver effettuato una segnalazione in conformità alla normativa e di aver subito un comportamento ritenuto ritorsivo, spetta al datore di lavoro l’onere di provare che tale comportamento non è in alcun modo collegato alla segnalazione.
L’eventuale contenzioso tra segnalante e datore di lavoro può tuttavia trovare una soluzione conciliativa, a tal proposito l’art. 22 del Decreto afferma che, in via generale, le rinunce e le transazioni anche parziali aventi per oggetto i diritti e le tutele previste dal decreto, non sottoscritte in sede protetta, non sono valide.
La norma fa salve, unicamente, le conciliazioni avvenute ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2113 c.c. (commissioni provinciali di conciliazione istituite presso ogni Ispettorato territoriale del Lavoro, le sedi sindacali, le commissioni di certificazioni, le sedi giudiziarie, la negoziazione assistita prevista dalla riforma Cartabia, le commissioni ex art. 412 ter e quater c.p.c., la sede monocratica presso ogni ITL ex art. 11 del D.L.vo n. 124/2004, qualora la denuncia presentata dall’interessato possa configurare un intervento di natura ispettiva).
4. L’applicazione della normativa nelle istituzioni scolastiche
Anche per le istituzioni scolastiche statali, secondo quanto previsto dalla delibera ANAC del 13 aprile 2016, n. 430, devono essere individuati il Responsabile della prevenzione della corruzione e il Responsabile per la trasparenza.
Il Responsabile prevenzione corruzione (RPC) coordina e monitora le attività e assume le correlate responsabilità attribuite dalla normativa per l’ambito territoriale di competenze. Pertanto, ciascun Direttore regionale svolge le funzioni di RPC per tutte le istituzioni scolastiche statali che rientrano nella sfera di competenza.
I referenti del RPC, ovvero i dirigenti di ambito territoriale, verificano e sollecitano l’attuazione degli indirizzi da questi formulati nel Piano, mentre i dirigenti delle singole istituzioni scolastiche sono i soggetti cui compete l’attuazione delle misure individuate nel Piano.
Ciascun RPC cura l’elaborazione della proposta di Piano di prevenzione della corruzione di ambito regionale avvalendosi della collaborazione dei referenti di ambito territoriale e dei dirigenti scolastici del territorio.
Il Responsabile della prevenzione della corruzione, nell’ambito della predisposizione del Piano triennale di prevenzione della corruzione e trasparenza (PTPCT), cura anche il coordinamento delle misure di trasparenza, verificando tra l’altro attraverso i referenti di ambito territoriale, per tutte le istituzioni rientranti nella propria sfera di competenza che:
- sia istituita la sezione “Amministrazione trasparente”, posizionata in modo chiaramente visibile nella home page e mantenuta costantemente aggiornata;
- sia adottato il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (PTTI).
Il Responsabile della trasparenza (RT), ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, si pronuncia in ordine alla richiesta di accesso civico e ne controlla e assicura la regolare attuazione. Nel caso in cui l’RT non ottemperi alla richiesta, il titolare del potere sostitutivo di cui all’art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 33/2013 è individuato nel dirigente dell’ambito territoriale.
Inoltre, ciascun Dirigente scolastico, in qualità di RT, sentito il Consiglio d’Istituto, adotta il PTTI dell’istituzione scolastica.
In base al Piano Nazionale Anticorruzione, anche l’amministrazione scolastica è tenuta ad adottare i necessari accorgimenti tecnici affinché trovi attuazione la tutela del dipendente che effettua segnalazioni di cui all’art. 54 bis del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché in base alla nuova disciplina di cui al citato Decreto.
L’adozione delle iniziative necessarie deve essere prevista nell’ambito del Piano triennale di prevenzione della corruzione e trasparenza (PTPCT) come intervento da realizzare con tempestività.
L’Ufficio scolastico regionale per la Campania, al fine di consentire l’applicazione della misura tutela del dipendente che segnala illeciti – whistleblowing ha predisposto apposita casella di posta elettronica (cfr. pagina 83 del Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza nelle Istituzioni Scolastiche della Campania disponibile all’indirizzo: http://www.campania.istruzione.it/piano_triennale_prevenzione.shtml ).
Pertanto, il dipendente che intende segnalare condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio lavoro, può, oltre a segnalare l’illecito all’ANAC e alle diverse autorità giudiziarie, inoltrare la segnalazione al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza per le Istituzioni scolastiche dell’USR Campania, utilizzando la casella di posta elettronica drca.prevenzionecorruzionescuole@istruzione.it.