IL CLAMORE MEDIATICO SUSCITATO DALL’ULTIMO ESITO IN CONSIGLIO DI STATO E GLI ORIENTAMENTI ESPRESSI DALLA CORTE DI CASSAZIONE
A CURA DEI LEGALI ALDO ESPOSITO E CIRO SANTONICOLA
Con un’inaspettata sentenza, il Consiglio di Stato – quello stesso Organo Giudiziario che, pochi mesi fa, si era espresso in senso opposto – ha, di recente, respinto il ricorso per la valutazione del servizio militare di leva “non prestato in costanza di rapporto di impiego”, nelle graduatorie di circolo e di istituto del Personale Tecnico Amministrativo (ATA) III fascia, in termini di punti 6.
E infatti, con specifico riferimento alla circostanza per cui il punteggio – per l’anno di servizio militare – deve essere valutato “interamente”, anche in assenza di un rapporto lavorativo già in essere per l’aspirante A.T.A., proprio il Consiglio di Stato scriveva (sentenza del 23/08/2022 N. 07383/2022):
“Se si pone l’esigenza di ristorare chi ha svolto il servizio militare di leva del sacrificio subito, sotto forma di pregiudizio alle aspettative di progressione di carriera e della propria posizione lavorativa, non è evidentemente negabile che un pregiudizio analogo è predicabile nei confronti di chi un lavoro debba ancora ottenerlo, e nondimeno vi debba rinunciare durante il servizio prestato nelle forze armate”.
A tale ultima decisione sono seguiti “identici accoglimenti” provenienti dalla Magistratura del Lavoro. In particolare:
– Il Giudice dott.ssa Cristina Monterosso (Tribunale del Lavoro di Roma), con doppia sentenza, ha dichiarato il diritto dei ricorrenti alla valutazione, nella graduatoria di III fascia ATA in cui sono inseriti, del servizio di leva “non in costanza di nomina” – prestato dopo il conseguimento del titolo di studio necessario per i profili professionali interessati – con il medesimo punteggio previsto per il servizio di leva prestato “in costanza di rapporto” (punti 6), avendo disposta la disapplicazione del D.M. 50/2021 (di ultimo aggiornamento della terza fascia A.T.A.), che differenzia la valutazione del servizio militare svolto in costanza di rapporto rispetto a quello svolto non in costanza di rapporto;
– I Tribunali del Lavoro di Torino, Bergamo e Frosinone hanno parimenti richiamata l’autorevolezza della sentenza emessa dal Consiglio di Stato, Roma (Sezione Settima n. 01720/2022, pubblicata in data 10/03/2022), da cui si ricava che “il servizio di leva deve essere valutato, a prescindere dalla costanza di nomina, come titolo utile per le citate graduatorie…con lettura costituzionalmente orientata dell’art. 485 comma 7 del d.lgs. 297 del 1994 (Testo Unico Scolastico)”.
A questo punto ci si domanda:
- Sulla base di quale logica, la nuova sentenza del C.d.S. (di fine dicembre) ha ora negata la piena valutazione (punti 6) del servizio militare non svolto in costanza di nomina?
- I Magistrati del Lavoro, presso cui pendono ricorsi d’identico tenore (in numerosi casi favorevoli alle vostre tesi), sono “vincolati” dall’ultimo orientamento del Giudice amministrativo?
- Ed ancora, coloro che hanno ottenuto – dallo stesso Consiglio di Stato e con sentenza – il riconoscimento di “punti 6”, rischiano di perdere il punteggio maggiorato e i servizi derivanti dai contratti nel frattempo sottoscritti?
Tali preziosi quesiti sono meritevoli di articolate risposte.
In primo luogo, la pronuncia emessa dal Consiglio di Stato, figlia di un ricorso collettivo, sentenza N. 11602 del 29/12/2022 – a differenza di quanto sancito dallo stesso C.d.S. pochi mesi prima – si è incentrata su di una lettura/interpretazione dell’art. 2050 D.Lgs. n. 66 del 2010 (codice dell’ordinamento militare) in senso restrittivo e negativo per le posizioni dei ricorrenti.
ANALIZZIAMO IL DATO NORMATIVO:
ART. 2050 Codice dell’ordinamento militare (entrato in vigore nel 2010), in merito alla “Valutazione del servizio militare come titolo nei concorsi pubblici”.
Lo stesso prevede, al comma 1, quanto segue: “I periodi di effettivo servizio militare, prestati presso le Forze armate, sono valutati nei pubblici concorsi con lo stesso punteggio che le commissioni esaminatrici attribuiscono per i servizi prestati negli impieghi civili presso enti pubblici”.
Segue il comma 2 che aggiunge: “Ai fini dell’ammissibilità e della valutazione dei titoli nei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni è da considerarsi, a tutti gli effetti, il periodo di tempo trascorso come militare di leva o richiamato, in pendenza di rapporto di lavoro”.
Ebbene, da tale secondo comma, il Consiglio di Stato dedurrebbe oggi che “solo per il servizio prestato in costanza di nomina sarebbe preminente l’esigenza di apprestare una misura di compensazione per il lavoratore”, consistente nel riconoscimento di un punteggio maggiorato (pari, nel caso de quo, a punti 6).
Tale interpretazione è stata riproposta “con adesione ad un precedente orientamento (C.D.S. Sez.VI, sentenza n° 2743 del 29 aprile 2020)” che sembrava definitivamente smentito, alla luce delle sentenze (n° 1720 del 10 marzo 2022 e 3423 del 2 maggio 2022), sempre emesse dal C.d.S., favorevoli al riconoscimento (pieno) del servizio militare di leva “non svolto in costanza di nomina”.
Ad ogni modo, venendo al secondo quesito, si rappresenta come i Magistrati del Lavoro non siano assolutamente “vincolati” dall’ultimo orientamento del Consiglio di Stato.
Tanto non solo in ragione delle caratteristiche strutturali del nostro sistema processuale, ma anche in virtù del seguente dato interpretativo:
A differenza di quanto (da ultimo) sancito dal Consiglio di Stato, sulla questione è intervenuta, con autorevolezza, la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro (ordinanza emessa
dal Presidente, dott. Napoletano Giuseppe, pubblicata in data 02.03.2020, recante n. 5679/20) che ricorda come:
- “Secondo l’art. 485, comma VII, decreto legislativo 297 del 94 (Testo Unico Scolastico), relativo alla valutazione nella scuola dei servizi prestati, anche precedentemente all’assunzione in ruolo, ai fini della carriera, il periodo di servizio militare di leva o per richiamo e il servizio civile sostitutivo di quello di leva è valido a tutti gli effetti…”;
- L’articolo 2050 del Decreto Legislativo 66/2000 (codice dell’ordinamento militare), riguardante la valutazione del servizio militare vada interpretato in modo diverso, nel senso che “in una lettura integrata dei primi due commi dell’articolo 2050 … il comma II non si ponga in contrapposizione al comma I, limitandone la portata, ma ne costituisca specificazione, nel senso che anche i servizi di leva, svolti in pendenza di un rapporto di lavoro, sono valutabili ai fini concorsuali”.
Dunque, percorrendo questa linea interpretativa – secondo cui l’articolo 2050 si coordina e non contrasta con il Testo Unico Scolastico – le Magistrature del lavoro “non vincolate rispetto all’ultimo orientamento del Consiglio di Stato”, possono dedurre, come già è avvenuto, che il servizio di leva obbligatorio e il servizio civile ad esso equiparato sono sempre utilmente valutabili, ai fini della carriera, come dell’accesso ai ruoli (articolo 2050 comma I citato), in ogni settore ed anche se prestati in costanza di rapporto di lavoro (articolo 2050, comma II citato), in misura non inferiore, rispetto ai pubblici concorsi o selezioni, di quanto previsto per i servizi prestati negli impieghi civili presso gli enti pubblici (articolo 2050, comma I citato); dovendosi disapplicare, perché illegittima, la previsione di rango regolamentare… che dispone diversamente, consentendo la valutazione del solo servizio reso in costanza di rapporto di lavoro…
Con la doverosa precisazione per cui, ancor più recentemente, la Cassazione (Sezione Lavoro), sentenza n. 33153 del 10/11/2021 e n. 15467/2021, ha ribadito tale ultimo assunto, con l’ulteriore avallo giudiziario del Magistrato Senese, dott. Delio Cammarosano, sentenza n. 250/2022 (pubblicata il 19/12/2022) che – condividendo l’indirizzo maggioritario della giurisprudenza di legittimità succitata e sottolineando le evidenti affinità tra le posizioni soggettive dei docenti e degli A.T.A. – ha ritenuta inspiegabile la ritrosia ministeriale circa il riconoscimento “per intero” del servizio militare non prestato in costanza di nomina.
In merito al timore di perdita del punteggio maggiorato e dei servizi scaturiti dalle “sentenze inappellabili” – emesse dal Consiglio di Stato – che hanno, invece, riconosciuto il diritto all’attribuzione dei punti 6, si ritiene, tale ipotesi, del tutto improbabile quanto a verificazione.
I fruitori delle sentenze nominative favorevoli dispongono, infatti, di un provvedimento giudiziario definitivo, valido ed efficace, che non può essere paralizzato da altre sentenze di segno opposto, contenenti all’interno nominativi diversi.
A seguire, l’intervento video dell’avvocato Aldo Esposito https://www.youtube.com/watch?v=DwJEsXPOcUA&ab_channel=Scuolalex