Nella proposizione di ricorso per l’anzianità di servizio da precario, bisogna fare due richieste distinte per avere riconoscimento scatti e ricostruzione carriera: così l’ordinanza della Cassazione 21241/2022 spiega, richiamando dei suoi precedenti oramai consolidati, cosa può richiedere in sede di giudizio il precario della scuola, sia docente che ATA, in relazione alla propria anzianità di servizio, evidenziando le differenze tra gli scatti e la ricostruzione di carriera.
Come già chiarito dalla S.C. ( cfr Cass. n. 17314/2020 e da Cass. n. 31149/2019) l’anzianità di servizio maturata sulla base di contratti a tempo determinato può essere fatta valere dal personale docente ed amministrativo della scuola sia per rivendicare, in relazione ai contratti a termine intercorsi fra le parti, le maggiorazioni retributive connesse all’anzianità stessa, sia per richiedere, successivamente all’immissione in ruolo ed alla stipula del contratto a tempo indeterminato, la ricostruzione della carriera ed il riconoscimento, a fini giuridici ed economici, del servizio in precedenza prestato.
Ma ricostruzione di carriera e scatti, non sono pretese sovrapponibili.
Infatti seppure fondate entrambe sulla clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 99/70/CE, non sono sovrapponibili, sia perché fondate su elementi costitutivi diversi (in un caso la sola successione dei contratti a termine, nell’altro la prestazione a tempo determinato seguita dall’immissione in ruolo), sia in quanto non coincidenti sono le disposizioni legali e contrattuali che vengono in rilievo: la prima delle due azioni, si fonda sui CCNL succedutisi nel tempo pertanto nel ribadire un criterio già indicato da dall’art. 526 del d.lgs. n. 297/1994, parametra la retribuzione spettante all’assunto a tempo determinato a quella «iniziale» prevista per il personale di ruolo (cfr. Cass. n. 22558/2016, richiamata da numerose successive pronunce), la seconda pretesa giudiziale sulla ricostruzione della carriera successiva all’immissione in ruolo, trova, invece, la sua disciplina negli artt. 485 e seguenti del d.lgs. n. 297/1994 per il personale docente e negli artt. 569 e seguenti del richiamato T.U. (cfr. Cass. n. 31149/ 2019 e Cass. n. 31150/2019).