Tribunale di Reggio Calabria – Sentenza del 03.03.22
Il G.L.“- dichiara il diritto del ricorrente al riconoscimento dell’intero servizio prestato con contratti a termine prima dell’assunzione a tempo indeterminato, ai fini della progressione stipendiale secondo le fasce di anzianità previste dai CCNL pro-tempore, nei medesimi modi e termini previsti per il servizio prestato dal personale docente con contratto a tempo indeterminato, con riconoscimento del passaggio alla fascia stipendiale 3-8 anni a far data dall’1.01.2003 ed alla fascia 9-14 anni a far data dall’1.03.2009;
– condanna il Ministero dell’Istruzione, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore del ricorrente delle differenze stipendiali maturate, per effetto del riconoscimento di cui al capo che precede, a decorrere dal mese di marzo 2014 compreso fino al 31.8.2015”.
È noto a tutti che per i docenti di ruolo la normativa nazionale prevedeva il conseguimento della fascia stipendiale successiva alla prima dopo il compimento di 3 anni di servizio; ciò fino al 2010, in virtù dell’accordo del 4 agosto 2011 che ha abolito la fascia 3 a 8 anni.
Invece, per i docenti non di ruolo la stessa normativa ha sempre previsto come trattamento economico quello iniziale previsto per il corrispondente personale docente di ruolo ai sensi dell’art. 526 del ccnl scuola 2006-2009.
Di grande importanza è la sentenza in oggetto che, dopo aver preliminarmente precisato “…che il rapporto di pubblico impiego intercorre tra il docente ed il Ministero dell’Istruzione che, pertanto, è il solo legittimato passivo…”, traccia importanti passaggi dell’elaborazione effettuata negli ultimi anni dalla giurisprudenza di legittimità, della quale si ritiene interessante richiamarne alcuni principi.
Rispetto alla differente retribuzione che la normativa nazionale determina tra il servizio di ruolo e quello pre-ruolo, secondo la Corte di legittimità “Nel settore scolastico… vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato.” (Cass. sez. L. n. 22558/2016, n. 20918/2019, n. 31149/2019, n. 15231/2020, n.17314/2020).
Per il calcolo del servizio svolto ai fini dell’accertamento della violazione del principio di non discriminazione, “…un problema di trattamento discriminatorio può fondatamente porsi nelle sole ipotesi in cui l’anzianità effettiva di servizio, non quella virtuale ex art. 489 d.lgs. n. 297/1994, prestata con rapporti a tempo determinato, risulti superiore a quella riconoscibile ex art. 485 d.lgs. n. 297/1994…Nel calcolo dell’anzianità occorre, quindi, tener conto del solo servizio effettivo prestato… con la conseguenza che non possono essere considerati né gli intervalli fra la cessazione di un incarico di supplenza ed il conferimento di quello successivo, né, per le supplenze diverse da quelle annuali, i mesi estivi…”.
In ordine all’eccezione di prescrizione dell’anzianità di servizio e delle differenze retributive, ““L’anzianità di servizio in ruolo degli insegnanti configura un mero fatto giuridico, come tale insuscettibile di una prescrizione distinta da quella dei diritti patrimoniali che su di essa si fondano, con la conseguenza che, nel caso in cui il docente, prescrittosi un primo scatto di retribuzione, agisca tempestivamente per ottenere l’attribuzione di scatti successivi, questi debbono essere liquidati nella misura ad essi corrispondente, e cioè come se quello precedente, maturato ma non più dovuto per effetto della prescrizione, fosse stato corrisposto, in quanto il datore di lavoro può opporre al lavoratore la prescrizione quinquennale dei crediti relativi ai singoli aumenti ma non la prescrizione dell’anzianità di servizio quale fattispecie costitutiva di crediti ancora non prescritti” (Cassazione, sez. lav., ordinanza n 2232/2020).
Reggio Calabria, 8.03.2022