Nelle procedure telematiche di partecipazione alle selezioni concorsuali, in presenza di istruzioni equivoche, è l’amministrazione a soccombere

(Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 829 del 7 febbraio 2022)

 

Così ha statuito la VI sez. del Consiglio di Stato, mutuando un principio già applicato in materia di appalti.

L’appellante, presentata telematicamente una prima domanda di inserimento nelle GPS, si è accorto di aver omesso alcuni dati e l’ha annullata per presentarne, immediatamente dopo, una nuova “in aggiornamento”, così attenendosi alle istruzioni date dalla stessa p.a. procedente.

Pubblicate le graduatorie l’Amministrazione ha valutato il solo titolo culturale indicato con la seconda domanda senza valutare, invece, tutti i dati indicati dal candidato nella prima domanda collcandolo, quindi, all’ultimo posto della graduatoria.

In primo grado il Tar locale, richiamando il principio di autoresponsabilità, ha addossato al ricorrente le conseguenze della dimenticanza, condannandolo finanche alle spese di lite.

In sede di appello il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione affermando che << … la frase contenuta nelle istruzioni che recita: “In quest’ultimo caso sarà effettuato l’annullamento del precedente inoltro e sarà consentito l’accesso in aggiornamento” usa la parola “aggiornamento” e non la locuzione “proposizione di una nuova domanda” come conseguenza dell’azione di annullamento. Leggendola l’appellante si è convinto che egli non  stava annullando (i.e.: ponendo nel nulla) la precedente domanda ma la stava semplicemente aggiornando/integrando… . Il comportamento dell’appellante è frutto dell’equivocità delle istruzioni che lo hanno indotto a compiere alcune attività che poi gli si sono rivolte contro.

Alla tecnologia si chiede di semplificarci la vita: e non si comprende per quale motivo l’appellante avrebbe dovuto pensare che per ottenere un punteggio maggiore occorresse riscrivere tutto da capo.

In definitiva nel caso di specie trova applicazione specifica il principio generale più volte ribadito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo il quale sussiste in capo all’amministrazione che indice una procedura di selezione l’obbligo di chiarezza (espressione del più generale principio di buona fede, ex art. 1, comma 2-bis, della l. n. 241/1990), la cui violazione comporta – in applicazione del principio di autoresponsabilità – che le conseguenze derivanti dalla presenza di clausole equivoche nella normativa che disciplina la selezione non possono ricadere sul concorrente che, in modo incolpevole, abbia fatto affidamento su di esse>>.

Avv. C. Massimo ORIOLO