Sussiste la giurisdizione del Giudice amministrativo nelle controversie sull’esercizio del potere di autotutela – L’attività lavorativa degli L.S.U. non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro – In caso di annullamento d’ufficio di un illegittimo provvedimento di inclusione nelle graduatorie non occorre una specifica motivazione sull’interesse pubblico all’intervento in autotutela.
Nell’ipotesi di vaglio giurisdizionale in ordine all’esercizio di un tipico potere di carattere pubblicistico quale quello dell’autotutela decisoria sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, in diretta applicazione del criterio costituzionale della causa petendi (art. 103, Cost.) il quale ascrive alla giurisdizione del Giudice amministrativo le controversie in cui si faccia questione di posizioni di interesse legittimo.
L’utilizzo dell’attività lavorativa degli L.S.U. “non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro”, mentre ciò che rileva ai fini della presentazione della domanda di inclusione nella graduatoria provinciale non è tanto la circostanza di aver prestato una qualunque attività di servizio nell’ambito dell’organizzazione scolastica, quanto – piuttosto – la circostanza (non surrogabile attraverso indebite assimilazioni) di aver intrattenuto con l’amministrazione scolastica un vero e proprio rapporto di impiego a tempo determinato.
In caso di annullamento d’ufficio di un illegittimo provvedimento di inquadramento (cui è senz’altro assimilabile, ai fini del decidere, il provvedimento di inclusione nelle graduatorie) non occorre una specifica motivazione sull’interesse pubblico all’intervento in autotutela, in quanto tale interesse è in re ipsa, ed è quello a risparmiare e ad evitare spese non giustificate in base alla normativa, il che significa che per procedere all’annullamento d’ufficio di un inquadramento illegittimo è sufficiente l’esigenza di ripristinare la legalità.
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Consiglio di Stato – Sentenza N.1550/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso n. 4284/2008, proposto dal sig. Xxx XXX, rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Combariati e con lui elettivamente domiciliato in Roma alla Via Emilio Faa di Bruno, n. 15, presso lo studio dell’Avv. Salvatore Scarfone;
c o n t r o
il Ministero della Pubblica Istruzione (oggi: dell’Istruzione, Università e Ricerca), in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e con la stessa domiciliato in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12;
e contro
l’Ufficio Scolastico Provinciale per la Calabria – Centro Servizi Amministrativi per l’area di Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e con la stessa domiciliato in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12;
per l’annullamento
alla sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria – Catanzaro, Sez. II n. 216, depositata in data 28 febbraio 2008.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista l’ordinanza n. 3196/2008 (resa all’esito della Camera di consiglio del 10 giugno 2008) con cui la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di sospensione cautelare della pronuncia gravata, ritenendo ad un primo esame la carenza del requisito del fumus boni juris.
Relatore all’udienza del 19 dicembre 2008 il Consigliere Claudio Contessa e uditi l’avv. G. Ruta per delega dell’avv. Combariati e l’avv. dello Stato Fiduccia;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue
F A T T O
Il sig. Xxx riferisce di aver presentato in data 30 maggio 2001 domanda di inserimento ex novo negli elenchi provinciali ad esaurimento per le supplenze – profilo di collaboratore scolastico – ai sensi del D.M. 19 aprile 2001, n. 75 (recante disposizioni in tema di ‘Elenchi, graduatorie provinciali ad esaurimento e conseguente inserimento nelle graduatorie di circolo e di istituto per il conferimento di supplenze al personale A.T.A.’).
In sede di domanda di inserimento l’odierno appellante dichiarava in modo espresso di aver prestato servizio preso la Direzione didattica del terzo circolo didattico di Catanzaro con qualifica di collaboratore scolastico, ma in qualità di L.S.U.
In base alle dichiarazioni rese dall’odierno appellante, l’Amministrazione appellata lo iscriveva negli elenchi provinciali ad esaurimento di cui al richiamato D.M. 75 del 2001, in posizione tale da consentirgli di ottenere dall’Amministrazione scolastica contratti a tempo determinato, in seguito rinnovati di anno in anno.
Nel corso dell’a.s. 2002-2003 il sig. Xxx, ritenendo di aver raggiunto i requisiti di servizio sufficienti per partecipare ai concorsi provinciali per titoli volti all’inclusione nelle graduatorie provinciali permanenti di cui all’art. 554 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, presentava istanza in tal senso, ottenendo l’inclusione nella graduatoria in questione.
Tuttavia, con provvedimento in data 25 febbraio 2003, l’A.S. lo escludeva dalla graduatoria provinciale permanente di cui al richiamato art. 554 “per difetto del requisito di servizio”.
Con decreto in data 3 agosto 2005, poi, il coordinatore del centro servizi amministrativi per l’area di Catanzaro depennava l’odierno appellante dalla graduatoria permanente provinciale di prima fascia di collaboratore scolastico, revocato la nomina a collaboratore scolastico.
Con sentenza n. 2522 depositata in data 21 dicembre 2005 il T.A.R. della Calabria annullava il decreto in questione per contraddittorietà ed insufficienza della motivazione, facendo tuttavia salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione in relazione all’inclusione del sig. Xxx nelle graduatorie per cui è causa.
Con provvedimento in data 27 gennaio 2006 (fatto oggetto dell’impugnativa in primo grado) l’Ufficio scolastico regionale per la Calabria, rilevato il carattere mendace delle dichiarazioni a suo tempo rese dal sig. Xxx ai fini dell’inclusione negli elenchi provinciali ad esaurimento di cui al D.M. 75 del 2001:
” lo escludeva dagli elenchi provinciali per il conferimento delle supplenze per il personale A.T.A. (D.M. 75 del 2001, cit.);
” lo escludeva, altresì, dal concorso per soli titoli per l’inclusione nelle graduatorie permanenti di cui all’art. 554 del d.lgs. 297 del 1994, finalizzate alla definitiva assunzione in servizio.
Il provvedimento in questione veniva impugnato dal sig. Xxx innanzi al T.A.R. della Calabria il quale, con la sentenza oggetto dell’odierno gravame, accoglieva solo in parte il ricorso.
In particolare (ed in via di estrema sintesi), il Tribunale adito:
” per un verso, accoglieva il ricorso in questione (ed annullava il provvedimento impugnato di esclusione dagli elenchi provinciali e dalla graduatoria ex art. 554, cit.) per la parte in cui esso risultava fondato sul carattere asseritamente mendace delle dichiarazioni rese all’atto dell’istanza di inclusione nelle graduatorie provinciali ad esaurimento ex D.M. 75 del 2001;
” per altro verso, tuttavia, teneva fermi gli effetti delle richiamate pronunce di esclusione, per la parte in cui esse risultavano comunque fondate sul corretto esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione in relazione al mancato possesso, da parte del sig. Xxx, del requisito di servizio necessario sia per l’inclusione negli elenchi provinciali di cui al D.M. 75 del 2001, sia per l’inclusione nelle graduatorie permanenti di cui all’art. 554, d.lgs. 297, cit. Ciò, in quanto l’odierno appellante risultava ab initio carente del requisito di servizio necessario per accedere agli elenchi provinciali ad esaurimento di cui al D.M. 75 del 2001, non avendo prestato servizio con rapporti di impiego a tempo determinato con lo Stato o gli Enti locali, ma semplicemente in qualità di lavoratore socialmente utile (figura che, per giurisprudenza costante, non è assimilabile a quella del lavoratore subordinato, sia pure a tempo determinato);
” ancora, il tribunale adito escludeva che a conclusioni diverse potesse giungersi facendo leva sui limiti all’esercizio del potere di autotutela, ovvero sul radicarsi di un affidamento incolpevole in favore del sig. Xxx.
La sentenza in questione veniva gravata in sede di appello dal sig. Xxx, il quale articolava al riguardo quattro distinti motivi di doglianza (1) Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo; 2) Sussistenza dei requisiti richiesti dal D.M. 75/2001; 3) ultrapetizione; 4) Illegittimo esercizio del potere di autotutela e violazione del legittimo affidamento).
Si costituiva in giudizio il Ministero appellato, il quale concludeva per la reiezione del gravame.
Con ordinanza n. 3196/2008 (resa all’esito della Camera di consiglio del 10 giugno 2008) della Sesta Sezione del Consiglio di Stato si respingeva l’istanza di sospensione cautelare della pronuncia gravata, ritenendosi ad un primo esame la carenza del requisito del fumus boni juris.
Alla pubblica udienza del 19 dicembre 2008 i Procuratori delle Parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da un collaboratore scolastico del personale A.T.A. avverso la sentenza del T.A.R. della Calabria con cui è stato accolto solo in parte il ricorso avverso l’atto con cui il competente Ufficio scolastico provinciale (ravvisata la non corrispondenza al vero del contenuto di un’autocertificazione a suo tempo prodotta ai fini del conferimento di supplenze quale collaboratore scolastico) aveva deciso: a) di dichiararlo decaduto dai benefici di servizio conseguiti; b) di escluderlo dagli elenchi provinciali per il conseguimento delle supplenze ai sensi del D.M. 19 aprile 2001, n. 75, nonché c) di escluderlo dal concorso per soli titoli per l’inclusione nelle graduatorie permanenti di cui all’art. 554 del d.lgs. 297 del 1994.
2. Con il primo motivo di appello, il sig. Xxx contesta in radice la sussistenza della giurisdizione dell’adito giudice amministrativo in relazione alla vicenda di causa.
Nella tesi dell’appellante, il primo giudice avrebbe omesso di tenere in adeguata considerazione che la vicenda in questione attiene alla tutela di un diritto soggettivo, quale quello al lavoro del soggetto aspirante all’iscrizione nelle graduatorie di cui al D.M. 75 del 2001 e di cui all’art. 554, d.lgs. 297 del 1994.
Ancora, la controversia in questione non atterrebbe alle procedure concorsuali per l’assunzione (in relazione alle quali il comma 4 dell’art. 68, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 prevede la giurisdizione del giudice amministrativo), ma afferirebbe al procedimento volto all’inclusione dell’interessato nell’ambito delle richiamate graduatorie.
Ora (secondo l’appellante), siccome tale inclusione non consegue all’adozione di determinazioni discrezionali da parte dell’Amministrazione, presupponendo piuttosto un’attività vincolata di mera verifica in ordine al possesso dei requisiti di legge, la conseguenza sarebbe – anche sotto tale aspetto – nel senso di escludere la sussistenza della giurisdizione dell’adito Giudice amministrativo.
2.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
Al riguardo, il Collegio osserva in primo luogo che, ai fini dell’individuazione del giudice munito di giurisdizione (nell’ottica del generale principio della causa petendi) non appare persuasivo affermare tout-court che la giurisdizione del giudice ordinario si radichi in relazione all’asserita consistenza di diritto soggettivo della posizioni giuridiche nella specie vantate dall’appellante.
Al contrario, ciò che rileva (anche in punto di giurisdizione) è che la controversia devoluta in prime cure al T.A.R. della Calabria avesse ad oggetto il vaglio giurisdizionale in ordine all’esercizio di un tipico potere di carattere pubblicistico quale quello dell’autotutela decisoria.
A fronte dell’esercizio di un siffatto potere da parte dell’Amministrazione scolastica, le posizioni giuridiche soggettive dei soggetti interessati assumono la connotazione di interessi legittimi, a nulla rilevando (anche in punto di giurisdizione) la circostanza per cui l’esercizio del jus poenitendi sugli atti della serie pubblicistica siano intervenuti in un momento successivo a quello dell’inclusione (per altro, illegittima, secondo quanto in prosieguo si chiarirà) del soggetto nell’ambito delle richiamate graduatorie.
Sotto tale aspetto, si osserva che ciò che qualifica l’esercizio dell’attività posta in essere dall’Amministrazione non è già il momento storico in cui l’attività stessa viene posta in essere, quanto piuttosto la corretta individuazione della configurazione della veste del soggetto agente (e degli atti posti in essere), la quale prescinde dal tempus in cui l’attività stessa viene realizzata.
Deve, pertanto, ribadirsi la sussistenza nel caso di specie della giurisdizione del giudice amministrativo non già in applicazione del comma 4 dell’art. 68, d.lgs. 165 del 2001 (non condivisibilmente richiamato dall’appellante, non trattandosi nel caso in esame di controversia relativa all’assunzione di un pubblico dipendente), quanto piuttosto in diretta applicazione del criterio costituzionale della causa petendi (art. 103, Cost.) il quale ascrive alla giurisdizione del Giudice amministrativo le controversie in cui si faccia questione di posizioni di interesse legittimo, quali quelle che si configurano a fronte dell’esercizio da parte dell’Amministrazione di un tipico potere pubblicistico, come quello di autotutela.
Né può trovare accoglimento l’argomento secondo cui la giurisdizione del giudice amministrativo sarebbe nel caso in questione da escludere in quanto trattasi di controversia insorta all’esito di un procedimento (quello volto all’inclusione nelle richiamate graduatorie) nel corso del quale l’Amministrazione agisce nell’esercizio di un’attività vincolata, dovendo limitarsi alla verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per procedere alla richiamata inclusione.
Al riguardo si osserva in primo luogo (ricollegandosi a quanto testé esposto) che ciò che rileva in punto di giurisdizione non è la tipologia di procedura nel cui ambito sono stati adottati gli atti di autotutela impugnati in prime cure, quanto piuttosto la consistenza delle posizioni giuridiche che vengono in rilievo a fronte dell’esercizio dell’autotutela medesima.
Ciò, a tacere del carattere non persuasivo dell’accostamento sistematico fra il carattere vincolato dell’attività svolta dall’Amministrazione e la ritenuta consistenza di diritto soggettivo delle posizioni giuridiche coinvolte, laddove (come nel caso di specie) il vincolo nell’esercizio dell’attività amministrativa sia comunque posto a presidio di interessi pubblicistici (quale quelli alla correttezza e trasparenza delle procedure pubblicistiche di inclusione nelle più volte richiamate graduatorie – arg. ex Cons. Stato, Ad. Plen., 5 luglio 1999, n. 18-).
Giova al riguardo richiamare la posizione autorevolmente espressa dalla Consulta, secondo cui costituisce “un postulato privo di qualsiasi fondamento (…) che, di regola, al carattere vincolato del provvedimento corrispondono situazioni giuridiche qualificabili quali diritti soggettivi e, per converso, all’area della discrezionalità amministrativa quelle definibili come interessi legittimi” (Corte Cost., sent. 16 aprile 1998, n. 127).
3. Con il secondo motivo di appello, il sig. Xxx lamenta l’erroneità della sentenza gravata per la parte in cui ha ritenuto che egli fosse ab origine carente del requisito previsto dal D.M. 75 del 2001 ai fini dell’inserimento nella graduatoria provinciale ad esaurimento di collaboratore scolastico (requisito rappresentato dall’aver prestato servizio in scuole statali per almeno trenta giorni “con rapporto di impiego a tempo determinato”) atteso che il servizio prestato come L.S.U. non sarebbe in alcun modo assimilabile ad un rapporto di lavoro, sia pure a tempo determinato.
Nella tesi dell’appellante, al contrario, il T.A.R. avrebbe dovuto adeguatamente valutare il fatto che egli fosse in possesso dei requisiti richiesti dal D.M. 75 del 2001, cit. per essere comunque stato legato all’Amministrazione scolastica da un rapporto qualificabile come ‘di servizio’, a nulla rilevando la circostanza per cui il rapporto in questione fosse stato instaurato a titolo di L.S.U.
Sotto tale aspetto, il Tribunale sarebbe dovuto giungere a conclusioni diverse rispetto a quelle dinanzi richiamate in quanto il sig. Xxx si era comunque trovato, in relazione ai periodi di lavoro svolti, assoggettato all’organizzazione dell’Ente ed obbligato ad assicurare la rispondenza dell’attività stessa alle esigenze istituzionali, anche in considerazione del fatto che l’attività pregressa quale L.S.U. risultava comunque conforme al profilo professionale indicato dal D.M. 75 del 2001.
3.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
Al riguardo si osserva che le previsioni del più volte richiamato D.M. 75 del 2001 non lasciano adito a dubbi interpretativi laddove stabiliscono (punto 1.4) che la tipologia di servizio che dà titolo a produrre domanda di inserimento nelle richiamate graduatorie deve consistere in un vero e proprio “rapporto di impiego” (sia pure a tempo determinato).
Ne consegue che non possa accedersi ad alcuna opzione interpretativa volta ad ammettere che anche la prestazione di servizio quale L.S.U. possa dare titolo a presentare la domanda in parola, se solo si consideri che il comma 1 dell’art. 4 del d.lgs. 28 febbraio 2000, n. 81 (‘Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell’articolo 45, comma 2, della L. 17 maggio 1999, n. 144′) espressamente stabilisce che l’utilizzo dell’attività lavorativa degli L.S.U. “non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro”.
Si tratta di previsione tanto più rilevante ai fini del decidere se solo si osservi che nel preambolo del D.M. 75, cit., il riferimento al richiamato d.lgs. 81 del 2000 viene appunto operato “con particolare riferimento all’art. 4, comma 1” (sotto tale aspetto, non può essere condivisa la tesi di parte appellante circa la sostanziale irrilevanza del riferimento in questione ai fini del decidere).
Quanto appena osservato rende a propria volta irrilevante ai fini del decidere la circostanza (pure, posta in grande rilievo dalla difesa del sig. Xxx) secondo cui la prestazione lavorativa quale L.S.U. avrebbe determinato nel caso di specie una vera e propria prestazione di servizio nell’ambito dell’organizzazione scolastica.
Ed infatti, ciò che rileva ai fini della presentazione della domanda di inclusione in graduatoria (punto 4.1. della circolare del 2001) non è tanto la circostanza di aver prestato una qualunque attività di servizio nell’ambito dell’organizzazione scolastica, quanto – piuttosto – la circostanza (non surrogabile attraverso indebite assimilazioni) di aver intrattenuto con l’amministrazione scolastica un vero e proprio rapporto di impiego a tempo determinato.
4. Con il terzo motivo di appello il sig. Xxx lamenta l’erroneità della sentenza in epigrafe, per la parte in cui ha ritenuto che l’eliminazione dagli elenchi provinciali per il conferimento di supplenze, nonché la cancellazione dal concorso per soli titoli ex art. 554, d.lgs. 297 del 1994 fossero correttamente disposte (non già a causa del carattere mendace delle dichiarazioni a suo tempo rese dall’appellante, bensì) a titolo di esercizio del potere di autotutela decisoria.
Al proposito, l’appellante osserva che “il CSA non ha fatto alcun uso di discrezionalità decisoria, bensì ha sic et simpliciter adottato un atto dovuto in ossequio alla lettera della legge.
Dal che può trarsi i corollario che il thema decidendum, sul quale il TAR è stato chiamato a pronunciarsi a seguito del ricorso, era fissato dal provvedimento così come adottato e motivato (e non quale atto di autotutela, in realtà mai esercitata)” (ricorso in appello, pag. 9).
4.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
Al riguardo (ed a prescindere dal se l’esercizio di autotutela sia stato nel caso di specie correttamente esercitato – questione che sarà esaminata infra, sub 6 -), il Collegio osserva che appare indubitabile che il provvedimento impugnato in prime cure abbia costituito anche e soprattutto esercizio di autotutela decisoria, sotto la specie di annullamento in autotutela degli atti con cui l’odierno appellante aveva ottenuto l’iscrizione negli elenchi per cui è causa nella radicale assenza dei relativi presupposti ex lege.
Ed infatti, sebbene il provvedimento in data 27 gennaio 2006 non menzioni in modo espresso la categoria dell’annullamento in autotutela, nondimeno il suo esame sotto il profilo sostanziale palesa in modo certo che attraverso la sua adozione l’Amministrazione abbia, appunto, inteso adottare un provvedimento di ritiro per motivi di legittimità, previa valutazione degli interessi pubblici nella specie coinvolti e previa declaratoria della prevalenza dell’interesse pubblico rispetto a quello del privato a suo tempo favorito atti amministrativi adottati in assenza dei relativi presupposti.
Depongono univocamente in tal senso:
– il brano del provvedimento impugnato in prime cure, ove l’Ufficio scolastico regionale afferma che “il mantenimento di situazioni di illegittime inclusioni in graduatoria pregiudica fortemente la correttezza dell’azione amministrativa poiché la graduatoria compilata ai sensi dell’art. 554 del D.lvo 297/94 sarebbe inficiata da dette situazioni con grave incertezza nella stipula dei contratti, suscettibili di caducazione in sede di ricorso (…)”;
– il successivo brano, ove il medesimo Ufficio afferma che “nel caso di cui trattasi l’interesse pubblico all’eliminazione degli atti, in fase di aggiornamento o nuovo inserimento nelle graduatorie permanenti, proprio in considerazione delle aspettative che possono nascere in tutti gli aventi diritto e delle azioni giudiziarie che possono essere intraprese, deve ritenersi prevalente rispetto all’interesse del singolo aspirante ad una nomina a tempo determinato in virtù di atti illegittimi”;
– ancora, la circostanza secondo cui il provvedimento impugnato non afferma che la dichiarazione di decadenza sia stata adottata avendo esclusivo riguardo alla presenza di dichiarazioni mendaci ex art. 75, d.P.R. 445 del 2000 (come, invece, affermato in sede di ricorso in appello), bensì afferma in modo espresso che tale circostanza sia soltanto uno dei fattori i quali hanno indotto (insieme con la richiamata intenzione di procedere ad un annullamento in autotutela) a decretare la decadenza dai benefici in precedenza conseguiti dall’odierno appellante.
5. Con il quarto motivo di ricorso il sig. Xxx afferma che, anche ad ammettere che nel caso di specie possa effettivamente ravvisarsi un’ipotesi di annullamento di ufficio, nondimeno il suo esercizio in concreto risulterebbe illegittimo in quanto realizzato in violazione dei generali principi regolatori della materia (come trasfusi, in particolare, nell’art. 21-nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241).
Ciò in quanto il primo giudice:
” non avrebbe rilevato l’insufficienza, al fine di supportare la legittimità del provvedimento negativo in data 27 gennaio 2006, del mero intento di ripristinare la legalità violata;
” non avrebbe adeguatamente valutato il decorso del tempo (circa cinque anni) fra la prima iscrizione in graduatoria ed il provvedimento di esclusione dalla stessa;
” non avrebbe adeguatamente operato la necessaria ponderazione fra i diversi interessi in gioco, con particolare riguardo: i) all’affidamento incolpevole ingenerato in capo all’odierno appellante dall’illegittimo operato dell’Amministrazione (che solo tardivamente si era avveduta dell’originaria carenza in capo a lui dei requisiti per ottenere la più volte richiamata iscrizione); ii) alla circostanza per cui l’odierno appellante, facendo affidamento sul perpetuarsi della situazione a sé favorevole nel tempo consolidata, aveva rinunciato ad ulteriori occasioni lavorative iii) alle gravi ricadute che l’atto impugnato in prime cure avrebbe determinato in capo al sig. Xxx (il quale, per altro, aveva medio tempore maturato una significativa esperienza lavorativa).
5.1. L’argomento, nel suo complesso, non può essere condiviso.
Al riguardo il Collegio ritiene di prestare puntuale adesione (non rinvenendosi ragioni onde discostarsene) al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui in caso di annullamento d’ ufficio di un illegittimo provvedimento di inquadramento (cui è senz’altro assimilabile, ai fini del decidere, il provvedimento di inclusione nelle graduatorie per cui è causa) non occorre una specifica motivazione sull’interesse pubblico all’intervento in autotutela, in quanto tale interesse è in re ipsa, ed è quello a risparmiare e ad evitare spese non giustificate in base alla normativa, il che significa che per procedere all’annullamento d’ufficio di un inquadramento illegittimo è sufficiente l’esigenza di ripristinare la legalità (sul punto, cfr. – ex plurimis -: Cons. Stato, Sez. V, sent. 19 settembre 2008, n. 4538).
Sotto tale aspetto si osserva che (a prescindere dal carattere innovativo o meno delle previsioni di cui al richiamato art. 21-nonies, l. proc.), a fronte di atti di inquadramento i quali abbiano determinato (come nel caso di specie) ingiustificati oneri per l’Erario (attraverso la stipula di contratti di lavoro con un soggetto che era ab origine carente dei relativi titoli), la pur necessaria ponderazione dei vari interessi in gioco non può che concludersi con l’immanente ed inevitabile prevalenza dell’interesse pubblico, atteso l’intollerabile pregiudizio che il medesimo interesse dovrebbe sopportare nel caso di salvezza degli effetti di illegittimi atti onerosi per l’amministrazione.
Si tratta di principi che non solo appaiono pienamente compatibili con il pertinente quadro, come normativo modificato dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15, ma che inoltre non sembrano neppure suscettibili di diversa valutazione in considerazione dell’affidamento dell’interessato alla permanenza nella propria sfera di interessi della status quo illegittimamente determinatosi.
Sotto tale aspetto si osserva che (a prescindere dalla richiamata ponderazione che, nel caso di specie, non può che vedere la prevalenza dell’interesse pubblico, a prescindere dalla gravità degli effetti nella sfera giuridica dell’interessato) non sembra neppure potersi invocare nel caso di specie il principio dell’affidamento incolpevole.
Ciò in quanto, se per un verso è pacifico in atti che l’odierno appellante non avesse posto in essere alcuna attività penalmente illecita in sede di domanda di inclusione in graduatoria (avendo veridicamente indicato la carenza di titoli idonei all’inclusione, secondo una dichiarazione erroneamente interpretata dall’Amministrazione), d’altra parte non può escludersi il carattere lato sensu colposo della relativa condotta, che si era comunque concretata nella richiesta – e successivo ottenimento – di un beneficio che l’istante sapeva non spettargli (o che almeno avrebbe dovuto sapere non spettargli, in base alle disposizioni della pertinente lex specialis).
Per le medesime ragioni non può trovare accoglimento il motivo di appello fondato sulla (asseritamente) carente valutazione del lungo lasso di tempo trascorso fra la prima iscrizione in graduatoria ed il provvedimento di inclusione della stessa.
Ciò, a tacere del fatto che già in data 25 febbraio 2003 l’A.S. aveva manifestato l’intenzione di escludere l’odierno appellante dalle graduatorie per cui è causa (per difetto dei requisiti di servizio), manifestando un intento in seguito confermato nel corso dell’intera vicenda contenziosa.
6. In base a quanto esposto, il ricorso in epigrafe dev’essere respinto.
Il Collegio ritiene che nel caso di specie sussistano giusti motivi onde disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2008 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:
Giuseppe Barbagallo Presidente
Domenico Cafini Consigliere
Aldo Scola Consigliere
Roberto Giovagnoli Consigliere
Claudio Contessa Consigliere, Relatore