Stalking Occupazionale. Risarcimento del danno

del prof. Bartolo Danzi

Per Stalking Occupazionale si intende la persecuzione del lavoratore da parte del datore di lavoro o di un superiore gerarchico, in cui lo stalker giunge finanche ad alterare le abitudini di vita quotidiane della vittima per motivazioni derivanti dal rapporto di lavoro ove viene realizzato, subito con una situazione conflittuale, l’atto persecutorio o il mobbing.

Anche una situazione conflittuale non realizzata, ma rimasta a livello di intenzione, non manifestatasi può essere foriera di evolvere in Stalking Occupazionale.

Si tratta di una strategia aggiuntiva al mobbing per costringere con maggior forza la vittima alle dimissioni o a dissuaderla dalla applicazione di un suo diritto.

Lo Stalking vero e proprio si realizza dopo che si sia esaurita la strategia di mobbing e si sia rilevata improduttiva o non si siano raggiunti i risultati sperati in danno della stessa vittima e dunque, il mobber (1) decide di incrementare la sua strategia persecutoria che finisce per interessare anche la vita privata della persona.

Solo a titolo esemplificativo e non esaustivo lo Stalking lavorativo consiste in un reiterato attacco di violenza psicologica (2) con utilizzo di lettere di ammonimento, disciplinari, inviate anche nelle ore in cui il lavoratore non è in servizio attraverso posta elettronica, pec, whatsapp, di domenica, festivi, ore serali o notturne, tali da infastidire, creare timore, ansia, molestia alla tranquillità familiare della vittima, alla sua sfera di vita privata.

Oltre al mezzo informatico le molestie perpetrate (nel caso definite Cyberstalking (3)) posso avvenire anche attraverso l’invio di lettere minatorie in cui si paventano denunce e procedimenti disciplinari in danno della vittima, sempre finalizzate a creare ansia, paura, turbamento e ad alterare la serenità familiare e privata del soggetto, fine a costringerlo ad allontanarsi o assentarsi dal posto di lavoro, quanto meno per sfuggire dalla situazione stressante e ritorsiva patita.

Non di meno la denigration (4) della vittima di Stalking lavorativo che è protesa ad annientare la reputazione del soggetto agli occhi dell’utenza in generale, dei colleghi e dei genitori nel caso di un docente di scuola, con la diffusione di notizie false ed artatamente costruite, calunnie tendenti a dipingere il soggetto come un “incapace, pasticcione, violento, ribelle, con problemi relazionali con colleghi, alunni e genitori, con metodi di insegnamento discutibili nel caso di docente di scuola.

I controlli continui ed esasperanti, anche quando la vittima interloquisce con i colleghi, in classe (nel caso dei docenti). Mancata risposta ad istanze, diniego dei permessi o ferie o non in ultimo, riduzione ad inattività del soggetto con manifesto demansionamento al fine di suscitare ilarità e derisione da parte dei colleghi sino a creare una sorta di inidoneità artificiale al lavoro della vittima. (5)

I comportamenti persecutori sono definiti come “un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi, continuati ma anche episodici ed occasionali, che inducono nella persona che la subisce un disagio psichico e fisico ed un ragionevole senso di timore.”

Subire e non reagire rimanere inermi per paura non fa altro che peggiorare le cose perché tale dinamica comporta il rinforzo di tali comportamenti dello stolker che sempre più finisce di autoconvincersi di essere nel giusto e della legittimità dei propri atti, sino a perdere completamente l’autocontrollo nel rapporto con la vittima.

Poi, in questa spirale di violenza psicologica, l’autoconvincimento della giustezza di tali atti illeciti, porta il soggetto responsabile del reato a ritenere la liceità delle proprie azioni persecutorie ed ad incrementare sempre più i sui atti. (6)

La reazione della vittima è la sola che riporta il reo alla realtà e che determina un fenomeno di autoprotezione che si identifica nel c.d. Staging (7) ossia nell’alterazione volontaria degli eventi criminosi al fine di confondere con una messa in scena anche dal punto di vista fenomenologico gli elementi di prova.

Spesso il procedimento disciplinare (8) risulta l’elemento chiave utilizzato per mascherare le condotte vessatorie facendo apparire inadempienze o comportamenti antigiuridici inesistenti della vittima.

Quindi non sono le singole condotte ma piuttosto la modalità ripetuta nel tempo (9), a dispetto della volontà della vittima, che riassume tutto il significato delle condotte persecutorie.

La durata può essere variabile da qualche settimana a mesi ed addirittura ad anni.

Il d. L. 23 febbraio 2009 convertito nella l. n. 38 del 23 aprile 2009 che ha introdotto la fattispecie di reato prevista dall’art. 612 bis. del c. p. che prevede “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molestia taluno in modo da cagionare un perdurante timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Sul piano del diritto civile il Giudice utilizza gli stessi mezzi di protezione per le vittime di molestie sessuali o mobbing.

In giurisprudenza e Dottrina lo Stalking Occupazionale è stato ricondotto alla stregua di violazione degli obblighi di cui all’art. 2087 del c.c. (10) che tutela l’integrità fisica e morale del prestatore d’opera, obbligo incombente sul datore di lavoro.

Proprio in forza di tale norma se il datore di lavoro era a conoscenza di tali condotte persecutorie denunciate dalla vittima ad opera di superiori gerarchici (nel caso Miur e dirigente scolastico) e non si sia attivato ed adoperato per far cessare le stesse, deve essere considerato responsabile in solido(11) con il persecutore o stalker di tutti i danni ingiustamente cagionati alla vittima che potranno essere biologico, morale, esistenziale e patrimoniale.

Ai sensi dell’art. 26 comma 3 del d. Lgs 198/2006 sono da considerarsi nulli gli atti, i patti, i provvedimenti intervenuti durante la sottoposizione del lavoratore allo Stalking Occupazionale.

Inoltre sotto il profilo della sicurezza nei luoghi di lavoro, ossia sullo stress da lavoro correlato, obbligatoriamente inserito nel DVR, si profilera’ una violazione del diritto alla salubrità del posto di lavoro con conseguente obbligo al risarcimento dei danni da parte datoriale.

La recente Giurisprudenza (12) in materia di Stalking lavorativo ritiene che il danno morale, quale turbamento psicofisico del lavoratore deve essere ritenuto sussistente in via presuntiva sulla base del grave fatto illecito sopportato.

Il danno esistenziale consisterà nel “non dover più fare, nel dover agire altrimenti” e non nel patema d’animo e nella sofferenza psico=fisica patita.

L’alterazione delle abitudini di vita del soggetto leso va ricercata nella modifica degli assetti relazionali propri alla vittima, come causa di danno esistenziale è stata affermata insussistente dalla Cassazione (13) che ha ribadito la risarcibilita del danno morale per una sofferenza temporanea e limitata ad un solo periodo di tempo, restando aperto nel fronte del giudizio civile la dimostrazione di aver subito un danno permanente. Se poi le condotte lesive e persecutorie erano conosciute dal datore di lavoro che non si è attivato sul persecutore suo dipendente in difesa della vittima altro suo dipendente, permane l’obbligo di risarcire tutti i danni cagionati insieme all’autore dei fatti lesivi.

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Note

1 Fautore di mobbing

2 Causa di stress, ansia, turbamento psichico=fisico, danno biologico

3 Stalking perpetrato con uso dei mezzi informatici

4 Attacco alla reputazione della vittima

5  Coscienza di compiere un reato, tipico dello stalker

6 Fase dell’esasperazione degli atti persecutori

7 Alterazione, mascheramento volontario delle prove e della scena criminis

8 Rientra nel c. d. staging

9 Reiterazione del reato in un medesimo disegno criminoso (c.p. 81)

10 Tutela dell’integrità psico fisica e morale del prestatore d’opera.

11 Responsabilità solidale

12 Trib. di Roma, 25.11.13 n. 23351

13 Cass. Civ. 3.10.13 n. 22585.