Illegittima la reiterazione dei contratti oltre i 36 mesi anche per i docenti di religione

Una docente di religione di scuola secondaria di II grado di Sulmona, si era rivolta ai legali Salvatore Braghini e Renzo Lancia lamentando la reiterata inadempienza del Ministero dell’Istruzione nell’indire i concorsi per docenti di Religione (come previsto dalla legge legge introduttiva del ruolo per i docenti di religione nel 2003), pur in presenza di posti vacanti da reintegrare nell’organico di ruolo cui spettano il 70% ed in mancanza di ragioni oggettive tali da giustificare una prolungata successione di contratti (ben 15).

I legali proponevano ricorso ed in questi giorni è stata pubblicata la prima sentenza risarcitoria del Tribunale sulmontino in favore di una insegnante di religione, firmata dal Giudice del lavoro, dr.ssa Alessandra De Marco, con cui si condanna il Ministero a corrisponderle i danni nella misura di 8 mensilità a causa dell’abusiva reiterazione dei contratti a termine oltre i 36 mesi, censurata dall’accordo quadro sui contratti a termine allegato alla direttiva 1999/70 CE.

Il Giudice, con un’articolata motivazione, osserva che “dal dedotto numero di contratti a termine succedutisi nel corso degli anni senza soluzione di continuità emerge pacificamente come dopo un primo concorso svolto dopo l’entrata in vigore della L. n. 186 del 2003, nel 2004, non sino stati più indetti i concorsi a cadenza triennale previsti dalla normativa da ultimo richiamata”.

Evidenziava, altresì, che la recente legge sulla c.d. “Buona scuola”, con il piano straordinario di assunzioni, non ha previsto la stabilizzazione dei docenti precari di religione non innovando così sul punto rispetto alla disciplina previgente, talché, la mancata indizione dei concorsi per un periodo che, rispetto alla scadenza del triennio successivo al primo concorso, si è protratto sino ad oggi “ha certamente comportato il verificarsi di vacanze, anche rispetto al ruolo organico, fissato per legge nel 70 % dei posti”.

Né – precisa il Giudice – può ravvisarsi che “la mancata deduzione, a cura di parte ricorrente, del superamento del limite legale pari al 30% della dotazione organica sia tale da escludere, nel caso di specie, l’abusività del ricorso ai contratti a tempo determinato”.

In definitiva – si legge nella sentenza – poiché i contratti a tempo determinato stipulati dalla lavoratrice hanno nel loro complesso ampiamente superato il menzionato triennio di svolgimento dei concorsi, anche dopo la legge istitutiva del ruolo per i docenti di religione, la medesima ha ricevuto in via continuativa incarichi annuali di insegnamento negli anni scolastici successivi e sino ad oggi deve “deve ritenersi integrata la fattispecie di abuso, applicando i principi dettati dalle Sezioni Unite della Suprema Corte”.

Avezzano, 23 febbraio 2021                                     Avv. Salvatore Braghini