Tribunale di Verona, ordinanza 13-10-2015
Nessuna incompatibilità per i professori avvocati.
Procedimento cautelare ante causam.
Giudizio di mero accertamento. Ammissibilità. Necessità di indicazione dell`azione di merito. Esclusione.
Docente avvocato. Applicazione disciplina ex art.1, comma 56bis l.n. 662/1996. Esclusione. Possibilità per il docente avvocato di patrocinare cause anche contro la P.A. di appartenenza.
Con una recente ordinanza, il Tribunale di Verona è tornato sulla questione dei professori avvocati.
Il fatto.
Un docente avvocato, minacciato di azione disciplinare per il fatto di esercitare la professione forense anche in cause contro il Miur, si è rivolto in via d’urgenza al Tribunale di Verona, rappresentando il grave danno alla propria attività professionale derivante dalle minacce dell`Amministrazione e chiedendo un provvedimento di accertamento del suo pieno diritto di svolgere nella massima autonomia ed indipendenza la libera professione forense.
In via preliminare, il Tribunale ha chiarito la piena ammissibilità dello strumento cautelare per la tutela giurisdizionale preventiva, nonchè la non necessità dell’indicazione del diritto cautelando in sede di merito, in forza del disposto dell’art.669 octies c.p.c. nella sua nuova formulazione.
Per quanto riguarda il merito, dopo un’attenta disamina della legislazione in subiecta materia, il Tribunale di Verona – in linea con quanto ritenuto da numerosi altri Tribunali – ha concluso per l`affermazione del pieno esercizio della libera professione per i professori avvocati.
La controversia era sorta in seguito ad un parere dell’Avvocatura distrettuale che aveva ritenuto configurabile una sorta di responsabilità disciplinare ed un conflitto di interessi in capo ai docenti che esercitassero attività forense anche contro l’Amministrazione di appartenenza.
Si ricorda sul punto che l’Avvocatura Generale, di fronte alla Corte Costituzionale, intervenendo nel giudizio sulla legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 56 e 56-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (ord. n. 183/1999 C.Cost.), aveva invece sostenuto che “il contemporaneo svolgimento della professione forense e del rapporto di pubblico impiego non comporta alcun conflitto fra i doveri del difensore e quelli del dipendente pubblico”.
Anche la Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione, chiarendo- con la sentenza n. 390/2006 -non solo che per i docenti si applica la disciplina speciale, ma che l’eccezione che riguarda i docenti deve essere considerata alla luce del principio costituzionale della libertà dell’insegnamento (art. 33 Cost.), dal quale discende che il rapporto di impiego (ed il vincolo di subordinazione da esso derivante), come non può incidere sull’insegnamento (che costituisce la prestazione lavorativa), così, ed a fortiori, non può incidere sulla libertà richiesta dall’esercizio della professione forense”.
A seguito dell’accoglimento del ricorso, il Ministero è stato condannato al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in €. 3.400.
Sul punto, cfr. sul sito, nota dello scrivente “Professori avvocati, tra “libera professione” forense e rapporto di pubblico impiego: un binomio “incompatibile”?, nonchè Tribunale di Modica – Sentenza n. 212 del 06 dicembre 2011; Tribunale di Modica – Ordinanza del 11-01-11; Tribunale di Chieti, 31 marzo 2010; Tribunale di Lanciano 6 aprile del 2010; Tribunale di Foggia, 24 maggio 2010; Tribunale di Chieti 30 giugno 2010 n. 508, sempre su questo sito.