Organico di diritto, organico di fatto: una squadra di calcio con 10 giocatori?

 

Il precariato scolastico dopo la sentenza C.G.E. Spunti di riflessione alla luce dei primi approcci giurisprudenziali.

1. Introduzione. 2. La legge n.124 del 1999. Una discutibile scelta lessicale. 3. Organico di diritto e organico di fatto. Una squadra di calcio con dieci giocatori. 4. Il caso (emblematico) degli insegnanti di sostegno. 5. Per completare la formazione: le cattedre al 30 giugno. 6. La sentenza del Tribunale di Napoli. I giocatori in panchina.

 

1. La sentenza “Mascolo” del 26 novembre 2014, com’era lecito aspettarsi, sta suscitando un vivace dibattito tra opinione pubblica e forze politiche e sociali, aprendo numerosi interrogativi per l’interprete.

La C.G.E. ha affermato in termini inequivocabili che la normativa nazionale in materia di contratti a termine nel comparto scuola non è compatibile con la clausola 5 dell’accordo quadro CES UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.

Per rimarcare tale inequivocabilità, con terminologia inusuale per una Corte, la C.G.E. è giunta ad affermare (cfr. punto 77, sentenza cit.) che le autorità nazionali devono adottare misure di carattere “non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo”.

Con tale affermazione, la CGE ha inteso ammonire lo Stato, ricordando che le previsioni sanzionatorie per l’abuso dei contratti a termine devono essere effettivamente tali ed in ogni caso idonee a reprimere un fenomeno che -nel caso del precariato scolastico- dura da oltre un decennio e riguarda decine di migliaia di dipendenti.

Non di meno, la sentenza citata- se sancisce l’inapplicabilità della normativa nazionale in subiecta materia – apre un vuoto normativo che al momento spetta alla giurisprudenza colmare.

 

2. I primi approcci giurisprudenziali (cui questo sito ha dato ampiamente conto) hanno visto la disapplicazione della normativa nazionale, con diverse conseguenze sul piano sanzionatorio, per giungere- con la sentenza n. 528/2015 del Tribunale di Napoli -ad affermare la costituzione (non la conversione) di un rapporto a tempo indeterminato.

Se dunque c’è convergenza sul piano dell’illegittimità della normativa nazionale (ma non si vede come non potrebbe essere altrimenti), le conclusioni cui la giurisprudenza è pervenuta sono al momento alquanto distanti.

Senza entrare nell’ulteriore problema della quantificazione del danno (qualora si dovesse optare per l’interpretazione finora prevalente), con queste note si cercherà innanzi tutto di comprendere per quale tipologia di contratti trova applicazione la sentenza della C.G.E.

Com’è noto, la materia è regolata dalla legge n. 124/1999, che all’art.4 dispone:
1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero, e semprechè ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo.
2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario.
3. Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee.

L’equivoco cui potrebbe incorrere un frettoloso interprete discende da una scelta lessicale poco felice operata dal legislatore.

Si era in piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro nel p.i; in quest’ottica, si è ritenuto di dover sostituire la locuzione di “incarico annuale” (adoperata fino a quel momento) con quella di “supplenza annuale”.

Nell’accezione comune, col termine “supplente” s’intende qualcuno che sostituisce un titolare e, nel caso specifico della scuola, il supplente è quel docente che presta servizio temporaneo in luogo di un docente titolare assente.

Orbene, nel caso previsto dall’art. 4, comma 1, il “supplente” non sostituisce nessuno, essendo impiegato su una cattedra priva di titolare (testualmente per la “copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili”).

Per gli allievi, il docente nominato dall’inizio alla fine dell’anno scolastico, non è un supplente, ma l’Insegnante a tutti gli effetti.

Infatti, in questi casi il docente assunto non sta sostituendo nessuno e viene definito “supplente” solo per via della (discutibile) scelta lessicale di cui si è parlato.

Nell’ottica di un progressivo superamento del precariato scolastico, la legge n. 124 (art. 2, comma 4) prevedeva la contestuale indizione di un concorso (che fu effettivamente bandito), nonché successivi concorsi da bandire con cadenza triennale (cfr. art. 1, comma 2, l. cit.).

In quest’ottica- pur con le incertezze lessicali evidenziate- appariva ragionevole ricoprire con personale precario le cattedre vacanti, al fine di lasciarle disponibili per i concorsi da espletare.

Senonché, per oltre dieci anni, i concorsi non sono stati banditi.

Dunque, con ogni evidenza, l’Amministrazione ha fatto un uso abusivo del contratto a termine, lasciando nel precariato migliaia di dipendenti (docenti e personale Ata) ai quali non ha applicato gli istituti contrattuali previsti per il personale con contratto a tempo indeterminato (vedasi la normativa in materia di assenze per malattia, permessi, scatti di anzianità, stabilità del posto di lavoro, ecc.).

Da qui l’inevitabile condanna da parte della C.G.E.

 

3. Un discorso particolare va fatto per il cosiddetto “organico di fatto”.

Le varie leggi di contenimento della spesa, nel corso degli anni, si sono concentrate con particolare accanimento nei tagli del personale scolastico, dapprima stabilendo dei tetti alle assunzioni (indipendentemente dalla vacanza dei posti), poi obbligando il MIUR a ridurre progressivamente i propri organici.

Si ricorda a tale proposito l’innalzamento del numero degli alunni per classe, la riconduzione di tutte le cattedre a 18 ore, la progressiva eliminazione delle compresenze, per giungere- con la “Riforma Gelmini”- a ridurre il tempo scuola, sia alle elementari che alle superiori.
Tale riduzione è stata senza dubbio di portata storica, ove si consideri che nella scuola superiore si è passati da un orario curriculare di 36 ore ad uno di 30, che sarebbe come togliere un giorno di scuola ogni settimana, per 33 settimane, per 5 anni.
Con la conseguenza di eliminare lo studio di materie sicuramente necessarie (quali ad esempio il diritto e l’economia) e di creare degli ibridi disciplinari quali la “geostoria”.

Per tamponare in qualche modo questi tagli “matti e disperati”, il Ministero ha fatto ricorso al cosiddetto “organico di fatto”.

Poiché l’organico assegnato ex lege al Ministero – nonostante tutti i tagli operati- non era sufficiente a ricoprire tutti i posti necessari, all’inizio di ogni anno si procedeva – con tipico linguaggio giuridico-burocratese- ad adeguare l’organico “di diritto” alla situazione di fatto.

In pratica, il Ministero con l’organico “di diritto” predisponeva una formazione di soli 10 calciatori, assumendo i giocatori mancanti all’inizio della partita, al fine di completare la squadra, con il c.d. “organico di fatto”.

Tali “giocatori-docenti” non andavano a sostituire il titolare, ma erano appunto quei docenti indispensabili perché gli alunni potessero avere tutti i loro insegnanti (la squadra al completo).

Per questo personale -nel quadro della politica di tagli di cui sopra- non si è utilizzata la tipologia di supplenza annuale (fino al 31 agosto, art. 4, comma 1, l. cit.), ma quella di supplenza temporanea (art. 4, comma 2) “fino al termine delle attività didattiche” (30 giugno, cfr. art. 4, comma 2, D. Lgs. n.297/1994).

Con ogni evidenza, anche in questo caso, il personale assunto va comunque a ricoprire dei veri e propri vuoti di organico, non sostituendo nessun titolare.

Per gli allievi, il “supplente” annuale e il “supplente” fino al termine delle attività didattiche sono a tutti gli effetti i loro insegnanti e non i supplenti.

Che la prassi adottata dal MIUR non sia legittima, è inequivocabilmente dimostrato dal fatto che, secondo la citata legge n. 124/1999, per le cattedre disponibili entro il 31 dicembre si deve far comunque ricorso a “supplenza annuale fino al 31 agosto”.

Se il semplice fatto che la cattedra non sia originariamente prevista in sede di predisposizione dell’organico “di diritto” (operazione che viene effettuata tra marzo e maggio e comunque prima che vengano disposti i trasferimenti all’inizio dell’estate), l’indicazione del termine 31 dicembre non avrebbe alcun senso.

In realtà, disponendo espressamente che la vacanza della cattedra può essere accertata entro il 31 dicembre, il legislatore ha previsto che anche qualora la cattedra sia disponibile dopo l’inizio dell’anno scolastico (dunque anche a settembre, ottobre o novembre) si deve provvedere con supplenza annuale fino al 31 agosto.

A sgombrare definitivamente ogni possibile equivoco soccorre la lettera della norma.

Come si è visto, la “supplenza annuale” riguarda quelle cattedre che “risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre”.

L’avverbio usato dal legislatore (“effettivamente”) sta inequivocabilmente ad indicare che l’accertamento della vacanza della cattedra va effettuato sull’organico effettivo e non su quello meramente previsionale.

Il legislatore infatti avrebbe potuto limitarsi a stabilire che le supplenze annuali fino al 31 agosto dovevano essere disposte per le cattedre vacanti e disponibili.

L’introduzione esplicita dell’avverbio effettivamente non può aver altro significato che indicare che qualora- indipendentemente dalle previsioni- risultino nei fatti (“effettivamente”) delle cattedre vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, va disposta la “supplenza” fino al 31 agosto.

Appare pertanto evidente come l’interpretazione della norma propugnata dal MIUR (supplenze al 31 agosto solo per cattedre previste in organico “di diritto”) non solo non è suffragata da alcuna disposizione normativa, ma si pone in contrasto con quanto espressamente previsto dalla legge n. 124/1999.

In realtà, l’ipotesi disciplinata dall’art. 4, comma 2 (supplenza temporanea fino al termine delle attività didattiche per cattedre non vacanti) riguarda quelle cattedre in cui vi sia effettivamente un titolare che non può assumere servizio (ad esempio, perché in aspettativa per studio o famiglia, o in servizio all’estero, oppure con incarichi politici o sindacali).

 

4. Per quanto riguarda l’organico degli insegnanti di sostegno, è intervenuta la Corte Costituzionale con sentenza n. 80 del 26 febbraio 2010, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificata dall’art. 2, commi 413 e 414, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Tale norma fissava rigidamente un limite al numero degli insegnanti di sostegno, sopprimendo la possibilità di assumere con contratti a tempo determinato altri insegnanti, in deroga al rapporto docenti-alunni, pur in presenza di disabilità gravi (per una disamina esaustiva della problematica, si rimanda all’interessante intervento dell’avvocato Rodolfo Romito, in questo sito http://www.dirittoscolastico.it/handicap-discriminazione-e-tutele-a-margine-di-una-importante-sentenza-del-tribunale-di-padova/).

Per rispettare il principio stabilito dalla Corte Costituzionale (dovendo nel contempo rispettare il tetto massimo di docenti stabilito per legge), il MIUR annualmente autorizza posti di sostegno “in deroga”, con supplenze “fino al termine delle attività didattiche”.

Con ogni evidenza, l’organico cosiddetto “di diritto” (nel quale non vengono inseriti tutti gli insegnanti di sostegno che saranno effettivamente assunti) si traduce in una vera e propria fictio iuris, in quanto le competenti commissioni mediche, di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, redigono le relative certificazioni già nell’anno scolastico precedente, per cui l’amministrazione è certamente a conoscenza della necessità indefettibile di assumere personale per tale fine nel successivo anno scolastico.

 

5. Quanto sopra illustrato, rende evidente che – al di là della tipologia contrattuale utilizzata dal Miur – anche i “supplenti” assunti “fino al termine delle attività didattiche (le cosiddette cattedre al 30 giugno) sono indispensabili affinchè la “squadra” sia al completo.

Pertanto, nella stragrande maggioranza dei casi, la sentenza della C.G.E. che afferma l’illegittimità della normativa nazionale per i contratti a termine nel comparto scuola per la copertura di posti vacanti e disponibili ricomprende anche le cattedre al 30 giugno, a meno che il Miur non dimostri che nel caso in specie vi sia un effettivo titolare.

Non è revocabile in dubbio, infatti, che il cosiddetto organico di diritto, al quale il Miur vorrebbe limitare gli effetti della sentenza “Mascolo”, si riferisce ad un organico fittizio e in ogni caso insufficiente a garantire il regolare svolgimento dell’anno scolastico.

E del resto, la sentenza della C.G.E. – nell’indicare l’abuso del contratto a termine con riferimento alle cattedre “vacanti e disponibili”- non ha specificato doversi trattare di disponibilità “in organico di diritto”, ma si è riferita al semplice fatto che tali cattedre risultino effettivamente vacanti.

Né sembra invocabile l’argomentazione secondo cui- al di là di tutto- occorre pur sempre che la cattedra sia stata prevista in organico, perché si possa considerare “vacante”.

Come si è visto, le cattedre di sostegno -in virtù dei vincoli di bilancio- vengono inserite in minima parte in organico “di diritto” e, pertanto, tali cattedre non risulterebbero “vacanti”.

La sentenza “Mascolo”, al punto 110, spiega che le considerazioni di bilancio non sono idonee ad escludere l’abuso del ricorso al contratto a termine.

Ciò che conta non è il rispetto di disposizioni che potrebbero anche risultare “obiettive” e giustificabili, quanto osservare qual è il risultato pratico cui si perviene (cfr. punto 97, sent. cit.).

Il rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze che, di fatto, hanno un carattere non già provvisorio, ma, al contrario, permanente e durevole, non è giustificato ai sensi della clausola 5, punto 1, lettere a) dell’accordo quadro” (così, testualmente, punto 100, sent. cit.).

6. La sentenza del Tribunale di Napoli n. 528/2015 sembra andare oltre.

Con uno sforzo interpretativo encomiabile, il Giudice del lavoro osserva che vi sono delle “esigenze contingenti fisiologicamente certe nell’an” e statisticamente (almeno in parte) certe nel quantum.

Si riferisce al fatto che nel corso dell’anno scolastico è fisiologico che alcuni docenti si possano assentare (per maternità, malattia o quant’altro) ed è pertanto prevedibile che la scuola dovrà assumere dei supplenti.

Per tornare alla metafora calcistica finora adoperata, è necessario che vi siano anche delle “riserve” in panchina, perché può accadere che durante la partita un giocatore subisca un infortunio.

Secondo la citata sentenza, il docente che -pur non essendo titolare- ha poi effettivamente “giocato”, prestando servizio per oltre 36 mesi, ha diritto all’assunzione.

Il Giudice del lavoro perviene a tali conclusioni, ritenendo applicabile alla fattispecie quanto previsto dall’art. 5, comma 4-bis del D. Lgs. n. 368/2001 (“Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2”).

Trattasi al momento di un’interpretazione non consolidata (e finora non condivisa dalle Corti di legittimità).

In ogni caso, anche secondo la citata sentenza, tale soluzione sarebbe possibile solo per i contratti conclusi entro la data del 13 maggio 2011, in quanto in tale data è stata pubblicato in G.U. il d.l. n. 70 che ha espressamente escluso (art. 9, comma 18) l’applicabilità di quanto previsto dal D. Lgs. n. 368/2001 per “i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed Ata”.

Avvocato Francesco Orecchioni